La guerra dell’acqua

0

BRESCIA- Dal Comitato «Brescia per l’acqua bene comune» una diffida a procedere all’assegnazione del servizio idrico integrato (acquedotti, fognature, depurazione) ad un gestore unico che non sia un’Azienda speciale consortile di diritto pubblico.

La domanda d’acqua è in continuo aumento e numerosi soggetti “privati”, Spa e multinazionali straniere hanno ambizioni di controllo e privatizzazione.

Il disegno di legge  “sblocca Italia” obbliga ad assegnare la gestione dell’acqua ad un unico gestore “provinciale”. Cosa accadrà a Brescia?

In molti chiedono il rispetto dell’esito del referendum del 2011, che si concretizza con la creazione di un’Azienda Speciale di diritto pubblico, soggetto senza fini di lucro, quale gestore unico provinciale del Servizio Idrico Integrato.

Sulla questione interviene il Comitato «Brescia per l’acqua bene comune» che ha inviato questa lettera all’Ufficio d’Ambito di Brescia, alla Provincia di Brescia e ai Comuni della provincia.

La pubblichiamo integralmente.

L’acqua è una risorsa, non rinnovabile, fondamentale per la vita umana, sancita quale diritto umano dall’Onu nel 2010 (La risoluzione ONU del 28 luglio 2010 dichiara per la prima volta nella storia il diritto all’acqua “un diritto umano universale e fondamentale”).

La richiesta di tale risorsa per molteplici scopi è in continuo aumento mentre diminuisce fortemente la sua disponibilità. Gli interessi economici in gioco sono dunque enormi, in uno dei pochi mercati che potrà godere nei prossimi anni di una sicura crescita della domanda. I numerosi soggetti economici interessati alla gestione mercantilistica dell’acqua puntano a spartirsi una risorsa che è necessaria per tutte le attività umane.

Proprio in conseguenza di tale contrapposizione di interessi i soggetti politici dovrebbero impegnarsi a tutelare dalla rapacità degli speculatori la risorsa-acqua, anche e soprattutto per l’indiscutibile risultato scaturito dai referendum tenutisi appena quattro anni fa.

Come ben ricorderete, nei giorni 12 e 13 giugno 2011 la maggioranza assoluta dei cittadini italiani ha sancito l’abrogazione dell’obbligo – imposto alle Amministrazioni locali dall’art. 23 bis D.L. 25 giugno 2008 n. 112 e successive modifiche apportatevi dalla cosiddetta “Legge Ronchi” – di cedere od aprire a soggetti privati la gestione dei servizi pubblici erogati alla collettività: quindi non soltanto il servizio idrico integrato ma pure il trasporto pubblico locale, i servizi di igiene ambientale e tutti gli altri servizi allora definiti dall’ordinamento “servizi pubblici locali di rilevanza economica”. Il 12 ed il 13 giugno 2011, vale la pena ribadirlo, oltre 26 milioni di italiani hanno rifiutato l’applicazione delle logiche di mercato alla gestione, fra gli altri, pure del servizio idrico integrato.

Come ben asserito dalla stessa Corte Costituzionale nell’ammettere al voto i quesiti referendari allora proposti dal Comitato promotore “… con l’eliminazione del riferimento al criterio della adeguatezza della remunerazione del capitale investito si persegue, chiaramente, la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua”.

Infatti nessuno può dubitare che il reale significato di quella scelta popolare non si limitasse ad un semplice annullamento dell’obbligo di privatizzazione dei servizi pubblici locali, bensì consistesse nella più ampia aspirazione, condivisa dalla massima parte degli italiani, ad una restituzione piena alla mano pubblica della gestione di tutti i servizi indispensabili, in primo luogo del servizio idrico.

Il Coordinamento provinciale bresciano dei movimenti per l’acqua pubblica, in stretto contatto con il Comitato promotore nazionale e con il Forum italiano per l’acqua, fin dai mesi precedenti l’appuntamento referendario si è impegnato duramente per contribuire al raggiungimento di quell’importante successo e, da allora, ha continuato ad operare nei territori allo scopo di accrescere la sensibilità dei nostri concittadini verso le tematiche della gestione pubblica dei servizi essenziali e, più in generale, verso le questioni attinenti alla tutela dell’ambiente e delle risorse idriche.

Purtroppo, la volontà popolare indiscutibilmente espressa in occasione dei referendum del 2011 è stata in maniera ricorrente minacciata da iniziative legislative sia nazionali sia regionali, tendenti a ripristinare in forma più o meno surrettizia la cessione forzata a soggetti privati delle attività di gestione dei servizi pubblici locali.

La tendenza esasperata alla privatizzazione di tutte le risorse esistenti sui territori non è stata mai abbandonata né dal Governo centrale, indipendentemente dalle maggioranze parlamentari dalle quali esso è sostenuto, né, tanto meno, dal Governo della Regione Lombardia né, da ultimo, dalle rappresentanze politiche che in teoria dovrebbero essere le più vicine ai cittadini: Comuni e Province.

A riprova di questo atteggiamento possiamo citare, almeno in via esemplificativa, il D.L. 13/08/2011 n. 138 (fortunatamente bocciato dalla Corte Costituzionale nel luglio dell’anno successivo) o, ancor peggio, i sempre più opprimenti vincoli di spesa ed i tagli di risorse ai quali gli Enti locali sono costretti dal Patto di Stabilità Interna. D’altronde, la Lombardia – prima fra le Regioni italiane – mediante la L.R. n. 21 del 27/12/2010, ha prontamente abbracciato la logica del profitto sottesa al “Decreto Ronchi” e, sebbene spogliata grazie proprio alla vittoria referendaria di qualsiasi velleità privatizzatrice, ha mantenuto l’obbligo per i Comuni lombardi di affidare in ogni caso il Servizio idrico integrato ad un unico soggetto gestore per l’intera Provincia, espropriando di fatto qualsiasi potestà di intervento diretto dei Sindaci in materia.

Al ben poco lusinghiero primato lombardo paiono essersi ispirate le leggi nazionali successive, che in maniera analoga hanno impresso, soprattutto di recente, una decisa accelerazione verso un processo di sostanziale privatizzazione del servizio idrico.

A questo proposito non ci convincono, né nella forma né nella sostanza, le ultimissime disposizioni normative contenute nell’art. 7 del D.L. n. 133 del 12/09/2014 (cosiddetto “Sblocca Italia”) come pure nei commi 609 e seguenti della Legge di stabilità 2015 o, infine, negli artt. 14 e 15 del Disegno di legge delega “Renzi – Madia” approvato al Senato il 30 aprile scorso.

Tra le novità introdotte proprio dalla Legge di stabilità, va menzionata l’assegnazione di cinquecento milioni di euro al Fondo Strategico Italiano gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti – un soggetto alimentato dai risparmi postali di tutti gli italiani, il quale andrebbe riconvertito a funzione pubblica a supporto degli Enti locali invece di agire come un qualsiasi private equity fund od una merchant bank! – diretta a favorire le aggregazioni fra le multiutilities, ossia le S.p.A. derivate dalle ex Aziende Municipalizzate, a rendere possibili i prolungamenti delle concessioni in essere, a consentire l’utilizzo al di fuori dei limiti sanciti dal Patto di Stabilità dei proventi derivanti dalle vendite delle aziende e società controllate da parte dei Comuni. I nuovi “supergruppi” così istituiti dovrebbero assorbire progressivamente i soggetti più piccoli in modo da raggiungere dimensioni aziendali e finanziarie tali da poter reggere “sui mercati globali”. Questa strategia ricorda un po’, ma non vorremmo divagare, le motivazioni ai tempi poste alla base della scelta di incorporare A.S.M. in A.E.M., con i risultati che si sono visti. Che sia proprio l’opportunità di accedere al ricco forziere di Cassa Depositi e Prestiti ad aver determinato lo spasmodico intento di giungere il prima possibile ad affidare il servizio idrico integrato ad un gestore unico?

Poiché nessun rappresentante della politica si è sentito ancora in dovere di esprimere ufficialmente una posizione netta e precisa a riguardo, ogni ipotesi può essere desunta soltanto dalla stampa locale sulla quale sono apparse e continuano ad apparire molte e diverse

prefigurazioni in merito all’affidamento del servizio idrico per l’intero territorio provinciale bresciano ad un unico gestore. Sulla questione abbiamo letto le più svariate notizie, dichiarazioni, voci, indiscrezioni, rilanciate in questi ultimi mesi da tutti gli organi di informazione di rilevanza locale.

Quel che è più grave, però, è che nessuna chiara ed esplicita spiegazione è stata finora fornita ai cittadini circa il modo con il quale in pratica gli organi politici coinvolti nel processo decisorio (Provincia di Brescia, Ente di Governo dell’Ambito, Conferenza dei Sindaci) intenderebbero procedere all’affidamento del servizio idrico. Ci rendiamo conto di quanto sia centrale la questione democratica in gioco? Ci rendiamo conto di quanto sia imprescindibile coinvolgere la popolazione nel processo decisorio sul futuro della gestione dell’acqua?

Per inciso, l’opzione di un affidamento diretto senza procedure ad evidenza pubblica è attualmente consentito dalla disciplina comunitaria e dalle susseguenti leggi italiane di applicazione soltanto in due casi: qualora il soggetto gestore sia un’azienda costituita in house e direttamente controllata dagli stessi affidatari oppure qualora il soggetto sia un’azienda mista pubblico privata, il cui socio privato però sia a sua volta rigorosamente prescelto mediante gara pubblica. Nella vigenza di questo quadro normativo, come si pensa di far rientrare nella modalità di affidamento del servizio idrico integrato “A2A S.p.A.”, società per azioni quotata in borsa, quindi ente di diritto privato, di cui è tra l’altro prevista l’ulteriore riduzione della partecipazione pubblica a quota di minoranza?

Il Coordinamento provinciale dei movimenti per l’acqua pubblica, con questo documento, vuole dirlo forte e chiaro: è necessario e urgente affidare la gestione della nostra acqua ad un soggetto gestore interamente pubblico, avente natura giuridica di diritto pubblico, partecipato dai soli enti locali e controllato democraticamente dai cittadini, che garantisca accesso agli atti e consenta l’applicazione di istituti e forme di democrazia partecipativa!

Reputiamo indispensabile che questa forma gestionale, resa nuovamente percorribile dalla vittoria referendaria, entri a tutto titolo nel dibattito sulle sorti della nostra acqua. Un dibattito che deve essere pubblico e diffuso e basarsi sulla consapevolezza di come decine di anni di svendita dei beni comuni e dei servizi pubblici locali abbiano prodotto peggiori condizioni di erogazione, tariffe esorbitanti, taglio degli investimenti e degradazione delle condizioni lavorative degli addetti.

Non possiamo e non vogliamo tacere (e speriamo che sull’argomento non vogliano tacere neppure i duecentosei Sindaci della nostra provincia né, soprattutto, le centinaia di migliaia di cittadini bresciani) di fronte al rischio di un’immane espropriazione del principale bene comune, l’acqua appunto.

È urgente, a fronte di un quadro politico, istituzionale ed industriale in rapida evoluzione, portare questo dibattito a svilupparsi fra i fruitori del servizio, cioè fra i cittadini, per evitare che scelte tanto decisive, complice magari il periodo estivo e la scusa dell’urgenza dettata dalla scadenza del 30 settembre, vengano adottate nelle segrete stanze e comunicate poi a fatto compiuto.

Al contrario, occorre garantire ai cittadini e, contestualmente, ai loro rappresentanti nelle istituzioni l’esercizio di quella trasparenza che ha portato quattro anni or sono al risultato

referendario e che, a nostro giudizio, non può essere archiviata a vantaggio di operazioni finanziarie con finalità meramente privatistiche.

Siamo seriamente preoccupati del fatto che il nostro servizio idrico possa finire in mano a una qualsiasi multinazionale dell’acqua o essere fagocitato da qualche soggetto finanziario, in spregio alla volontà popolare.

È perciò doveroso che le istituzioni chiariscano pubblicamente le proprie intenzioni.

Di fronte a tutto ciò, i movimenti bresciani per l’acqua pubblica con questo documento presentano, alle autorità coinvolte nel procedimento di scelta del gestore unico, formale diffida a procedere al detto affidamento senza un previo e serio coinvolgimento della cittadinanza ed, in ogni caso, chiedono con forza che il Presidente della Provincia di Brescia ed il Consiglio di Amministrazione dell’Ufficio d’ambito dichiarino ufficialmente e pubblicamente quali metodologie intendono applicare per realizzare l’affidamento del servizio idrico integrato ad un gestore unico.

Intendiamo, infine, scuotere con forza tutti i Sindaci della provincia bresciana, ai quali egualmente indirizziamo la presente comunicazione, affinché prendano coscienza della minaccia che incombe sulla più importante e vitale fra le risorse naturali esistenti nel nostro territorio – l’acqua, appunto – e si oppongano con decisione a qualsiasi tentativo di sottrarne definitivamente il controllo ai Comuni ed alle comunità locali.

È, secondo noi, giunto per tutti gli amministratori locali (Giunta provinciale, Sindaci, Assessori, Consiglieri Provinciali e Comunali) il momento di sostenere in maniera unanime l’opzione di affidare la gestione del servizio idrico integrato ad un’Azienda speciale consortile di diritto pubblico, unica per l’intero territorio provinciale, gestita in forma paritaria da tutte le Amministrazioni comunali bresciane assieme a rappresentanze degli utenti del servizio e dei lavoratori in essa impiegati.

Ci auguriamo sentitamente che tutti i decisori politici e gli attori coinvolti nella fondamentale ‘partita’ della gestione dell’acqua per i prossimi decenni vogliano promuovere e sostenere la piena ripubblicizzazione del servizio idrico integrato.

Qui puoi firmare la petizione per una gestione pubblica dell’acqua nel rispetto dell’esito referendario.

Questo il testo della petizione: “L’acqua è elemento vitale per la vita umana perciò nel 2010 l’ONU l’ha definito “Diritto Umano Universale”. La domanda di tale risorsa è in continuo aumento e numerosi soggetti privati (SPA e multinazionali straniere), operano per arrivare ad una sua totale privatizzazione. Nel 2011 la maggioranza assoluta degli italiani, col voto referendario, ha sancito il principio che sulla gestione dell’acqua non si fanno profitti cioè l’acqua non è merce. Lo “Sblocca Italia” obbliga ad assegnare la gestione dell’acqua ad un unico gestore “provinciale” entro il prossimo 30 settembre. Chiediamo pertanto il rispetto dell’esito referendario che si concretizza con la creazione di un’Azienda Speciale di diritto pubblico, soggetto senza fini di lucro, quale gestore unico provinciale del Servizio Idrico Integrato”.

Lascia una risposta