L’Encomio solenne a Lorenzo Pierazzi
ARCO – Martedì 25 agosto l’Amministrazione comunale ha tributato a Lorenzo Pierazzi, per sei anni dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo, l’Encomio solenne della città di Arco.
«Dedico questo riconoscimento alle centinaia di ragazzi che ho avuto l’onore di guidare in questi sei anni. Tra loro ci sarà il prossimo sindaco, il prossimo presidente della Fondazione, il prossimo capitano dell’arma dei Carabinieri, magari il prossimo dirigente scolastico: ho la certezza che quello di buono che costruiranno nella comunità di Arco sarà anche frutto dei principi etici e di cittadinanza attiva che abbiamo condiviso in questi meravigliosi ed impagabili sei anni». Così Lorenzo Pierazzi nel lungo, appassionato e applauditissimo discorso che ha tenuto nella serata di martedì 25 agosto, nel corso della cerimonia con cui l’Amministrazione comunale gli ha tributato l’Encomio solenne della città di Arco.
«Per il personale apporto al miglioramento della qualità dello studio e dei servizi scolastici della città di Arco, attraverso il generoso impegno del corso dei sei anni di servizio presso l’Istituto comprensivo di Arco, durante il quale ha manifestato una esemplare affezione ed un sincero e profondo interessamento verso la comunità arcense, che gli sono valsi la stima e la riconoscenza degli alunni e delle loro famiglie, dei collaboratori e di tutta la cittadinanza». Così recita il testo dell’Encomio solenne, letto dal sindaco Alessandro Betta in apertura della cerimonia. Non prima di esprimere con parole sue la gratitudine, l’apprezzamento e l’ammirazione per una persona che ha svolto una mansione così importante, con una dedizione ed una capacità fuori del comune. Oltre alla pergamena con il testo dell’Encomio solenne, il sindaco ha consegnato a Pierazzi la piccola riproduzione in bronzo del castello di Arco, opera dello scultore arcense Renato Ischia, omaggio che il Comune di Arco riserva alla occasioni importanti.
Alla cerimonia erano presenti anche la Giunta comunale, per il Consiglio comunale il vicepresidente Flavio Tamburini, per l’Ufficio cultura del Comune la responsabile Giancarla Tognoni, inoltre gli ex sindaci Ruggero Morandi e Renato Veronesi, per il Consiglio d’istituto il presidente Romano Turrini. Ancora, tantissimi tra insegnanti, genitori e studenti. Presente anche il responsabile del Servizio infanzia e istruzione del primo grado della Provincia Roberto Ceccato, inoltre il capogruppo degli Alpini Carlo Zanoni, il presidente della Fondazione Comunità di Arco Roberto De Laurentis, oltre al prossimo dirigente scolastico, Maurizio Caproni. Pierazzi dal primo settembre lascerà l’incarico per trasferirsi lavorativamente nella natia Toscana, dove ricoprirà l’incarico di dirigente dell’Istituto statale di istruzione superiore di San Giovanni Valdarno.
«Mi pare molto positivo che il Comune di Arco abbia riservato un riconoscimento così importante ad un uomo di scuola – ha detto il responsabile del Servizio infanzia e istruzione del primo grado Roberto Ceccato – perché testimonia come la scuola sia ritenuta una risorsa di primaria importanza. Il che per fortuna corrisponde anche ad una positiva novità, cioè ad una rinnovata attenzione con cui il mondo della politica, anche nazionale, guarda alla scuola. Per quanto riguarda Lorenzo Pierazzi, devo dire che non è stato semplice, sei anni fa, decidere di affidargli uno degli Istituti comprensivi più importanti del Trentino. È stata una scommessa, che oggi però possiamo dire di aver vinto».
Quindi il discorso di Lorenzo Pierazzi: «Egregio sindaco, egregi consiglieri comunali, graditissimi ospiti, sono onorato che l’Amministrazione comunale abbia deciso di conferirmi l’Encomio solenne della città di Arco, che abbia deciso di conferirmi un riconoscimento di questa portata, di questo pregio e prestigio. Sono frastornato, commosso, colpito a livello affettivo in modo sensazionale. Un riconoscimento che mi porta alla mente un’infinità di pensieri: su questi sei anni, sul prima, sul dopo. Provo, quindi, a fare ordine. Innanzitutto, il primo pensiero che desidero esprimervi è la certezza di essere una persona fortunata: quanti lavorano duramente per tutta una vita, con incarichi simili o più importanti del mio e, al termine del loro mandato, non ricevono neanche un piccolo “grazie” o una “pacca sulla spalla”? Io, al contrario, dopo soli sei anni chiudo questo capitolo con una cerimonia ufficiale, con un tributo pubblico di questa portata.
Guardo i miei colleghi e i docenti presenti in sala e penso che questo riconoscimento ho il dovere di condividerlo con tutti gli operatori della scuola che adesso rappresento (tra l’altro, sono pur sempre anche un ex docente), per ribadire che, se la scuola è tra le regine delle nostre comunità sociali, dobbiamo ringraziare le nostre comunità del Trentino che la supportano, valorizzando e apprezzando quello che progettiamo e realizziamo.
Per il calendario gregoriano quelli trascorsi ad Arco sono stati sei anni di incarico ma, a dire il vero, mi sono sembrati (almeno) il doppio. Vi confesso, infatti, che ogni giorno di lavoro, è come se lo avessi vissuto due volte: il lavoro era “il lavoro” ma il lavoro era anche “l’impegno sociale”.
Fermo restando l’imprescindibile “lavoro – lavoro”, la parte di “lavoro – impegno sociale” è quella dove all’atto formale della riunione, del colloquio, subentrava quella operazione d’ascolto, di accompagnamento, di supporto informale e non formale verso genitori, alunni, docenti e personale della scuola in generale che non necessariamente avveniva nei tempi, modi e luoghi deputati.
Questa parte mi ha coinvolto tantissimo: è una parte che trovo da sempre affascinante (era un po’ il mio ruolo di vice-preside in Toscana), una parte che tanti cercano nel volontariato e nell’associazionismo e che io ho avuto la fortuna di avere a portata di mano all’interno del mio stesso lavoro.
Sei anni dicevo, non uno di più non uno di meno rispetto alla messa a regime del progetto che mi ero prefissato. Quindi, anche come tempistica, l’esperienza lavorativa ad Arco è stata perfetta. Avessi cambiato scuola un anno fa, avrei sentito che alcuni progetti non erano ancora maturati, alcuni processi non ancora portati a termine. Oggi non è così, sono orgoglioso di lasciare al prof. Maurizio Caproni un’organizzazione sulla quale potrà costruire la sua idea di istituto, un terreno fertile dove potrà raccogliere i frutti del lavoro dei docenti e dove potrà seminare quello che, con la sua competenza, riterrà più opportuno. E se l’organizzazione attuale è così di alto livello, il mio solo merito è quello di aver individuato, “scovato” le persone giuste per ricoprire gli incarichi nodali: la loro bravura, la loro dedizione al lavoro, la loro disponibilità, non è stata inventata da nessuno poiché non si nasce “imparati” ma neanche esistono pozioni magiche: esiste soltanto il duro lavoro, la perseveranza.
L’amministrazione comunale di Arco e la Comunità di Valle Alto Garda e Ledro ci hanno aiutato tantissimo nel costruire quanto è davanti agli occhi di tutti: abbiamo costruito insieme il Piedibus, il “Ballo senza sballo”, la “Differenza si fa in classe”, il “No-Copy Day”, l’”ICARCO in movimento”. Abbiamo fatto crescere il concorso canoro “A Squarciagola” e la borsa di studio “Pedri Caproni”. La comunità di Arco, più in particolare, ha voluto sostenere finanziariamente, logisticamente e umanamente la nostra scuola perché potessimo costruire insieme non soltanto i progetti sopracitati (ben visibili e che identificano e danno lustro alla nostra scuola) ma anche la più semplice lezione con il bambino in difficoltà, o potessimo supportare nelle modalità più idonee le famiglie incapaci di seguire i propri figli. Insieme alla comunità di Arco, quindi, abbiamo reso forte l’anima di questo istituto: un’anima unitaria che parte dalla valorizzazione e dal rispetto delle differenze. Tra le frasi che ho ripetuto più volte in questi anni, mi preme ricordare questo pensiero: “la scuola deve essere dentro la comunità e la comunità deve entrare dentro la scuola”.
Nel momento della festa del congedo, un pensiero forte va a quanto tutto cominciò. E qui concedetemi una parentesi “leggera”, scherzosa (spero). Nel 2009 arrivavo in Trentino con l’intento di sfatare quei luoghi comuni su questa terra del tipo, son tutti tedeschi alti e biondi con uno strano accento, il clima è glaciale da ciaspole e piumino anche in piena estate, c’è una particolare attenzione verso vini e liquori. E il primo contatto di quel 4 agosto 2009 confermò clamorosamente i miei pregiudizi. La prima voce che mi si manifestò al telefono (dopo il saluto dell’assessore Ruggero Morandi) fu quella squillante e vagamente intimidatoria della maestra Francesca Jacubeck (un cognome tutto un programma ma una persona di grande umanità che saluto con grande affetto); il primo giorno ad Arco fu di pioggia e nebbia (ahimè, era il 4 agosto!); venivo ricevuto nell’ufficio del sindaco, praticamente “a digiuno” visto che per l’emozione avevo saltato la colazione e il primo cittadino Renato Veronesi mi invitò a brindare con un “Hugo” (sic!).
Ma nonostante i grandi esperti di management sostengano che l’imprinting del primo impatto è difficile da cambiare anche davanti all’evidenza dei fatti, la morale potrebbe essere “mai fidarsi delle apparenze”. In questi sei anni, infatti, non potevo trovare in Trentino ed in particolare ad Arco un clima più “caldo” e “mediterraneo”, una popolazione, seppur autonoma, “italianissima”, ed un modo di lavorare più che “sobrio”, e di una correttezza etica e civile che chissà se potrò mai ritrovare nella mia terra d’origine.
Così Arco è diventata prima “la mia seconda terra” poi “l’altra mia terra”. E doveva essere così, poiché dal 2005 al 2009 l’accadimento di una lunga serie di eventi poteva portarmi da una parte o dall’altra ed invece il fato, la perseveranza, la resilienza, hanno deciso che fosse Arco.
Il destino e la perseveranza avevano stabilito che doveva essere Arco e non prima ancora Firenze o Arezzo, oppure poi Trento o Rovereto. Comunque oggi non potrei concepire questi sei anni in una qualsiasi altra città diversa da Arco.
Il ritorno in Toscana è legato ad un quarto ed ultimo argomento: la sfida, o meglio, accettare e vincere la paura delle sfide, delle decisioni. Innanzitutto nessuno mi sta cacciando (spero) dal Trentino e nessuno mi sta reclamando (purtroppo) in Toscana. È una decisione sulla quale non hanno pesato eventi o persone esterne, è una decisione tutta mia (e purtroppo anche mia moglie conosce la non negoziabilità di certe decisioni). La decisione presa porterà un’esperienza lavorativa sicuramente sfidante: mi attendono un istituto professionale, un istituto tecnico tecnologico, un istituto tecnico economico, l’istruzione e la formazione professionale, i corsi serali. L’acronimo del nuovo istituto è inquietante “ISIS Valdarno” ma vi giuro che ISIS sta semplicemente per Istituto Statale di Istruzione Superiore. Ed è a San Giovanni Valdarno, “l’altra mia terra”. Credo che dovrò, quindi, telefonare spesso alla mia collega, tra le più stimate, la dott.ssa Elena Ruggieri, esperta del settore e con la quale condivido da sei anni una frase “schizofrenica ma non troppo” che identifica il nostro stato d’animo di dirigente scolastico: ogni quarto d’ora mi ripeto alternativamente che “questo è il mestiere più bello del mondo” e subito dopo “ma chi me l’ha fatto fare”!
Se nel conferirmi l’encomio solenne si è voluto riconoscere la mia dedizione e la mia disponibilità, queste sono state possibili perché dall’altra parte ho sempre trovato interlocutori che mi hanno spronato, guidato, supportato, verso traguardi ambiziosi. Rammenterò adesso delle figure da ringraziare, esercizio pericolosissimo, poiché potrei dimenticare qualcuno: ma mi prendo ben volentieri i miei rischi. Ringrazio i tre sindaci, Renato Veronesi, Paolo Mattei e Alessandro Betta che si sono succeduti alla guida della nostra comunità: tutti e tre, sono stati per me un punto di riferimento imprescindibile; tutti e tre, personalità così forti e così diverse, ci hanno sempre ascoltato, accompagnato, coinvolto, supportato con impegno e dedizione; i tre assessori alla scuola lo stesso Renato Veronesi, Ruggero Morandi e Stefano Miori, gli altri assessori e i consiglieri comunali, il presidente della Fondazione Comunità di Arco, i Nu.Vol.A., gli Alpini, l’Apibimi, l’istituto bancario, i presidenti e gli assessori della Comunità di Valle Alto Garda e Ledro, i responsabili dell’azienda provinciale dei servizi sanitari, i responsabili delle forze dell’ordine ovvero i Carabinieri, la Polizia di Stato, la Polizia Locale, i rappresentanti delle aziende e del mondo del lavoro che hanno collaborato con la scuola, i rappresentanti del mondo del volontariato, i miei colleghi dirigenti della rete Alto Garda e Ledro e degli istituti della formazione professionale. A livello provinciale i presidenti Dellai, Paccher e Rossi, l’assessore Dalmaso, i dirigenti generali Basani, Tomasi e Ferrario, i funzionari tutti. E a livello d’istituto ringrazio innanzitutto il compianto dott. Giorgio Cominelli che mi accolse come un fratello minore, tutti i docenti, i genitori (a partire dai due presidenti del consiglio dell’istituzione e dai presidenti della consulta), gli alunni, le cuoche, i bidelli, i tecnici di laboratorio, le segretarie, gli assistenti educatori provinciali e gli assistenti educatori della cooperativa. Un grazie particolare, lo devo a chi oltre alla professionalità e la passione, e sono tantissimi, c’ha messo anche l’onore (poco) e l’onere (tanto) di assumersi responsabilità organizzative generali che andavano ben oltre il proprio ruolo condividendo con me il rischio del fallimento e la gioia del successo, la paura dell’ignoto e l’abilità nella leadership. Il mio grazie speciale va a Oreste Rigotti, Cristina Ghezzi e Roberta Campidelli per la segreteria, Laura Mattei, Flavio Tamburini e Miriam Michelotti per i docenti.
Infine, una dedica. Dedico questo riconoscimento, alle centinaia di ragazzi che ho avuto l’onore di guidare in questi sei anni. Tra loro ci sarà il prossimo sindaco, il prossimo presidente della Fondazione, il prossimo Capitano dell’arma dei Carabinieri magari il prossimo dirigente scolastico: ho la certezza che quello di buono che costruiranno nella comunità di Arco sarà anche frutto dei principi etici e di cittadinanza attiva che abbiamo condiviso in questi meravigliosi ed impagabili sei anni.
E se questa è una storia (per me bella, la più bella) che parla di fortuna, fato, perseveranza, resilienza, sfide e di forza delle decisioni, sappiate che, parafrasando il pensiero della scrittrice Maya Angelou, “Forse un giorno dimenticherò quello che ci siamo detti, forse un giorno non ricorderò quello che abbiamo fatto insieme, ma state certi che non potrò mai scordare come mi avete fatto sentire”».