Banchetto medioevale con le ricette di Martino
GARDA TRENTINO – Sabato 12 a Tenno «Banchetto tardo medioevale» con le ricette di Maestro Martino, tratte da un ricettario del ‘400 di cui esistono solo 4 copie. E una è a Riva.
Una selezione di ricette del Quattrocento dal celebre manoscritto «Libro de arte coquinaria» di Maestro Martino, del quale esistono al mondo solo quattro esemplari, uno conservato nell’archivio della biblioteca civica di Riva del Garda (gli altri si trovano a Roma, Washington e New York); una scelta di sapori campione-dell’epoca, proposta sabato 12 settembre al «Banchetto tardo medioevale» organizzato dall’associazione culturale enogastronomica Edere in collaborazione con la biblioteca civica di Riva del Garda e il patrocinio del Comune di Tenno. Nella sede del Consorzio tutela prodotti tennesi (in via Prati, sopra la farmacia) con inizio alle ore 20. A buffet su prenotazione, costo 15 euro.
I piatti sono proposti a buffet per rendere più snello e semplice l’assaggio, la priorità è data ai sapori, mentre le scenografie e l’aspetto dei piatti (che nel Quattrocento erano molto appariscenti), pur curati, sono in secondo piano. Il banchetto è aperto da una presentazione storica della direttrice della biblioteca civica di Riva del Garda Federica Fanizza, con letture e musica.
«Per noi l’interesse del ricettario di Maestro Martino sta anche nel legame con il nostro territorio – ha spiegato la presidente dell’associazione Edere Silvana Minozzi, nel primo pomeriggio di lunedì 31 agosto in biblioteca a Riva del Garda, durante la presentazione alla stampa dell’iniziativa – dato che si tratta di ricette tipiche di zone di prima montagna quali la nostra. E la sua modernità sta nel fatto che molte di quelle ricette fanno parte ancora oggi del nostro patrimonio gastronomico: penso in particolare alla carne salada e fasoi, ma anche a tanti altri. Un altro elemento di estremo interesse è la contaminazione che Maestro Martino, in vistù dei suoi tanti viaggi, apportò alla cucina italiana, introducendo ingredienti e sapori tipici della Spagna e dell’Oriente».
«Il ricettario conservato a Riva del Garda – ha detto la direttrice della biblioteca civica Federica Fanizza – è protagonista da anni di numerosi scambi culturali e ha ispirato diversi progetti, in tutta Italia. Ora per l’ennesima volta lo rimettiamo in gioco grazie all’iniziativa dell’associazione Edere. Ricordo che oltre alla nostra copia, che comprende 280 ricette, le altre, che presentano lievi differenze, presumibilmente da attribuire ai diversi copisti, sono una a New York, di proprietà di un privato, un’altra nella biblioteca Vaticana e l’ultima nella Library of Congress di Washington».
Chi era Maestro Martino
Le notizie sulla sua vita sono poche e alcune si ricavano dai suoi stessi ricettari: la sua nascita è collocata agli inizi del XV secolo nel Canton Ticino, nella valle di Blenio; non si conosce la data di morte, avvenuta presumibilmente nell’ultimo ventennio del secolo. Si ritiene che il suo apprendistato da cuoco sia avvenuto nella cucina di qualche convento oppure ospizio della sua terra d’origine; successivamente Martino poté approfondire le sue conoscenze gastronomiche durante un soggiorno a Napoli. In seguito si trasferì a Udine, a Milano, presso Francesco Sforza, ed infine a Roma. Fu nelle cucine vaticane che Martino acquisì la fama e l’etichetta di cuoco provetto. Dagli anni Cinquanta del XV secolo fino al 1465 circa fu cuoco personale del cardinale Camerlengo Ludovico Scarampi Mezzarota, patriarca di Aquileia. Proprio grazie a questo incarico Martino raggiunge, in quegli anni, la vetta più alta della sua produzione ed elaborazione culinaria. Al termine di questo periodo si trasferisce nuovamente a Milano, al servizio di Gian Giacomo Trivulzio, dove conclude la sua carriera.
L’opera
Il Libro de Arte Coquinaria racchiude tutta l’arte culinaria, la sapienza e l’estrosità di Maestro Martino. Le prime tracce di questa opera risalgono circa al 1456. Nel frontespizio si legge: «Composto per lo egregio Maestro Martino Coquo olim del Reverendissimo Monsignor Camorlengo et Patriarcha de Aquileia». L’opera diventò ben presto il testo di riferimento per tutti i cuochi a lui contemporanei e per quelli che seguiranno. I piatti e le preparazioni di Martino si differenziano da quelli della cucina medievale tradizionale per un uso più moderato delle spezie che, in epoche precedenti, entravano in modo massiccio nelle preparazioni, seguendo il gusto dell’epoca. La loro presenza nei piatti sottolineava anche la magnificenza e la ricchezza del padrone di casa. L’opera è scritta in volgare e in uno stile chiaro, semplice e lineare, elementi che denotano l’intenzione dell’autore di volersi far comprendere da tutti; le ricette si susseguono in ordine di portata e a seconda della tipologia degli ingredienti impiegati.
Il Libro de Arte Coquinaria
Rinnovando le ricette tradizionali, Martino mantiene i colori primari (l’uva per il rosso, le mandorle per il bianco, il prezzemolo per il verde, lo zafferano per il giallo); i colori compaiono anche nei nomi dei piatti e nei titoli delle ricette (ad esempio, «biancomangiare», «salsa verde», «peverata gialla»). Sui tempi di cottura fornisce indicazioni che oggi possono apparire bizzarre, come recitare il Pater Noster o il Miserere durante la cottura, ma in realtà si tratta di un ingegnoso ed efficace espediente per rispettare i tempi della cottura. Tra le innovazioni, celebre la paternità della polpetta, termine che per primo utilizza, in precedenza assente dai ricettari. A Maestro Martino si attribuisce anche il merito di aver trattato per primo e in maniera approfondita dei «vermicelli», oltre all’invenzione di nuovi arnesi da cucina e delle prime accortezze igieniche e sanitarie che si conoscano.
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