DESENZANO – Venerdì 15 gennaio alle 20.30 a Villa Brunati, a Desenzano, si parla della legge 107/2015, la legge della “buona scuola”, ovvero la riforma del sistema di istruzione e formazione.
L’incontro è promosso, a 6 mesi dall’entrata in vigore della legge 107/2015 (la puoi leggere qui), dal Dipartimento scuola del Partito Democratico di Brescia, dal circolo Pd di Desenzano e dal coordinamento di zona dei circoli Pd del basso Garda
La serata sarà introdotta da Rosa Leso, sindaco di Desenzano, e da Michele Orlando, segretario provinciale PD Brescia. Interverranno l’on. Simona Malpezzi, deputata PD della commissione Cultura, Scienza e Istruzione; Maria Vittoria Papa, dirigente scolastico e consigliere comunale PD a Desenzano; Leila Moreschi, responsabile del Dipartimento provinciale Scuola PD.
Ecco, di seguito, il documento firmato da Maria Vittoria Papa sulla legge della «buona scuola».
“Sabato 15 novembre 2014 proprio a Desenzano il PD Scuola bresciano e il Forum Regionale avevano idealmente chiuso la consultazione, la fase di ascolto sociale, sul Disegno di legge “La buona scuola”. A poco più di un anno, il Dipartimento scuola Pd Brescia, il circolo Pd di Desenzano e il coordinamento di zona dei circoli Pd del basso Garda propongono un incontro con l’on. Simona Malpezzi a 6 mesi dall’entrata in vigore della legge 107/2015 ,la legge di riforma del sistema nazionale di Istruzione e formazione.
Alcune considerazioni iniziali.
1- Il corpo docente italiano è più anziano rispetto a quello di qualsiasi altro Paese dell’OCSE. Essendo prevedibile che molti di questi docenti andranno in pensione durante il prossimo decennio, il nostro Paese si trova di fronte ad un’opportunità senza precedenti per ridefinire la professione. 2 – Le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (TIC) non sono utilizzate spesso a scuola. In Italia, nel 2013, circa il 31% degli insegnanti della scuola secondaria inferiore ha dichiarato di utilizzare “spesso” le TIC o “durante tutte o quasi tutte le lezioni” rispetto a una media del 40% nei diversi Paesi dell’OCSE. Inoltre, nel 2012, la maggior parte degli studenti quindicenni (57%) ha dichiarato di non utilizzare Internet a scuola durante una tipica giornata scolastica (la media dell’OCSE era del 36%). 3 – Gli insegnanti in Italia guadagnano meno rispetto a lavoratori con un livello d’istruzione simile. I salari degli insegnanti sono principalmente collegati all’anzianità (anni di esperienza) e non valorizzano le prestazioni di eccellenza. La normativa italiana non prevede nessuna regolare valutazione degli insegnanti o dei dirigenti scolastici.
Le raccomandazioni del consiglio UE
“È necessario compiere sforzi per migliorare la qualità dell’insegnamento e la dotazione di capitale umano a tutti i livelli di istruzione: primario, secondario e terziario. L’insegnamento è una professione caratterizzata da un percorso di carriera unico e attualmente da prospettive limitate di sviluppo professionale. La diversificazione della carriera dei docenti, la cui progressione deve essere meglio correlata al merito e alle competenze, associata ad una valutazione generalizzata del sistema educativo, potrebbero tradursi in migliori risultati della scuola…”. La risposta del Consiglio dei ministri Documento di Economia e finanza approvato dal Parlamento e inviato alla commissione europea e al consiglio dell’UE ( aprile 2015) è stata: Il paese riparte dalla conoscenza. La conoscenza è stata rimessa al centro delle politiche di riforma del Paese,in considerazione del fatto che molti dei nodi che rallentano lo sviluppo possono essere superati attraverso decisi interventi anche finanziari sulla costruzione del curriculum formativo dei giovani.
Una legge per una scuola migliore
Se il potenziale di crescita di tutti Paesi attivi è condizionato dall’innalzamento dei livelli di istruzione dalle competenze di coloro che si affacciano al mondo del lavoro dopo gli studi, carenze e ritardi nel sistema dell’istruzione frenano la crescita non solo della produttività nazionale, ma ancor più del livello culturale, del tessuto sociale. E allora perché non provarci? Perché non guardare al tentativo di dare risposta ai problemi reali e veri e grandi e ridursi invece a parlare del potere dei presidi, della premialità degli insegnanti…. Io credo che l’autoreferenzialità della discussione a cui spesso assistiamo in politica, sia la stessa che avviene spesso anche in ambito scolastico, negli ambiti collegiali. Ci parliamo tra noi ma talvolta non ci accorgiamo che nessuno ci capisce più, neppure i ragazzi che frequentano le nostre scuole…
Esagero, forse, sono un po’ paradossale, ma ritengo che la legge 107 non sia forse la più bella e buona delle leggi, ma sia una buona occasione per il rilancio dell’autonomia scolastica e della responsabilità. Certo come ogni occasione , qualcosa si prende e qualcosa si perde, che non si trasformi in un’ occasione mancata, ma in un’opportunità di cambiamento. Vorrei allora individuare all’interno della legge , dalla parte della scuola intesa come comunità educante fatta di adulti, bambini, ragazzi e giovani, alcuni punti.
Ci sono le risorse economiche: dopo un lungo periodo di insistenti tagli di spesa, dall’anno scorso abbiamo assistito ad un incremento delle risorse economiche. Non solo: per la prima volta, prima dell’inizio dell’anno scolastico, il MIUR ha assegnato alle scuole le risorse finanziarie per il funzionamento amministrativo e didattico per il periodo settembre-dicembre 2015 e ha fornito la comunicazione preventiva delle risorse finanziarie per funzionamento amministrativo didattico relative al periodo gennaio-agosto 2016.
L’organico per il potenziamento: è vero le varie fasi del piano straordinario di assunzioni hanno portato in questi primi mesi dell’anno a una girandola di cambiamenti di insegnanti , questo è un anno di passaggio, inoltre i cambiamenti introdotti dalla legge stanno richiedendo tempi di attuazione da sincope. Ma è anche vero che solo l’organico potenziato consente di rispondere al fabbisogno non della scuola, ma di quella scuola che ha quella progettazione educativa.
Non voglio parlare del piano straordinario di assunzioni che ha di fatto portato ad una riduzione del precariato, come mai avvenuto prima, della Carta per l’aggiornamento,del bonus di premialità per il merito, della reintroduzione per i docenti dell’obbligo di formazione e aggiornamento in servizio, della valutazione dei dirigenti, della necessità di una programmazione (il Piano triennale dell’offerta formativa) non solo delle scelte di insegnamento e di offerta formativa, ma anche del fabbisogno di attrezzature ed infrastrutture materiali, nonché di posti dell’organico dell’autonomia, ma vorrei piuttosto sottolineare tre punti di attenzione.
Avverto come molti una mancanza nella legge, so bene che avrebbe richiesto tempi più lunghi e tempo non c’è più, ma ancora una volta è stata disattesa la questione degli organi collegiali di rappresentanza, occorre una partecipazione rinnovata, ma non può essere più nei modi e nei tempi di quella prevista dai decreti Delegati del 1974. Dal Patto di corresponsabilità educativa bisogna avere la forza di far dipendere un nuovo sistema di collaborazione scuola-famiglia.
Un’altra criticità legata ai tempi ristretti è il fatto che la legge prevede deleghe legislative importanti fra cui l’istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni.
Non sono ingenua: una questione forte è data dal rapporto tra legge e contratto, cioè tra governo e sindacati. La scuola del 2015, con la realtà descritta all’inizio, ma anche con la potenzialità figlia della complessità, non può funzionare con contratti del secolo scorso. D’altra parte la scuola è una delle riserve sindacali ed alla fine questo indebolisce il sindacato stesso sempre più visto come erogatore di servizi e di pratiche, e quindi vittima anch’esso della logica consumistica che ha ridotto il cittadino a consumatore, consumatore anche di diritti.
Aiutatemi voi a spiegare ai miei bambini che leggi sono uguali per tutti, ma le stesse applicazioni in contesti diversi possono creare diseguaglianze: se i giorni di ferie per un insegnante sono 36 all’anno ( senza contare le vacanze di Natale, di Carnevale e di Pasqua) perché l’insegnante non può effettuare il suo orario di servizio, anche nei giorni non di lezione, fatte salve le sue ferie? Non potrebbe fare un po’ di scuola estiva per i bambini? Progettare attività coi colleghi? Perchè il contratto vincola le attività aggiuntive ad 80 ore? Non può la scuola basarsi sulla buona volontà, conosco e sono i più i docenti generosi ed appassionati, che lavorano molto di più di quello che è il loro orario,ma anche questo non è giusto e non basta il ricorrere alla premialità.
Torno al punto ,rilanciando, per capire la legge 107 (e forse anche un po’ questo governo di giovani) vi inviterei a dare un’occhiata al recente (ottobre 2015)Piano Nazionale per la scuola digitale,uno dei pilastri attuativi della legge di riforma : 35 azioni previste dal documento che è immediatamente operativo e stanziamento di 600 milioni sulle infrastrutture e di 400 sulle nuove competenze, la formazione del personale attingendo alle risorse messe a disposizione dalla legge La Buona Scuola e dai Fondi strutturali Europei (Pon Istruzione 2014-2020).
Le leggi da sole non producono il miglioramento, pur consapevole delle criticità esistenti, e con cui mi scontro ogni giorno nel mio lavoro di Dirigente, sono però convinta che in questa fase attuativa ci sia spazio per la progettualità di ciascuno , , pertanto ciascuno può scegliere se dare il proprio contributo per il successo o per l’insuccesso, ma che lo faccia con l’onestà dell’assunzione della propria responsabilità,non dietro slogan e paraventi corporativistici”.