SALÒ – Dopo le polemiche, Giordano Bruno Guerri interviene sulla mostra “Il culto del duce”: «Fascismo regime da condannare, ma la mostra indaga il consenso che il fascismo ebbe. Che nessuno nega e che oggi non può più far paura».
«Nessun inno al duce. Solo una mostra dedicata al fenomeno della “fabbrica del consenso”». Giordano Bruno Guerri, direttore del MuSa, è sorpreso del clamore suscitato dall’annuncio della mostra «Il culto del duce», che porterà nelle sale del museo civico salodiano busti e raffigurazioni di Mussolini realizzati fra il 1922 e il ’45.
Archiviato lo “scivolone” dell’inaugurazione, in prima battuta fissata il 28 maggio, anniversario della stage di piazza Loggia («non ce ne siamo ricordati – ha detto Guerri – e me ne scuso. Appena l’ho saputo ho posticipato tutto al 29; leggi qui la notizia), il direttore si dice «sorpreso di tutti questi umori, lettere, prese di posizione. Sembra di tornare agli anni ’70 e ‘80».
Guerri ricorda due episodi: «Nel 76‘ pubblicai il libro “Giuseppe Bottai, un fascista critico”, sostenendo che era esistita anche una cultura fascista di una certa qualità. Fece scandalo. Ora invece tutti riconoscono che è esistita una cultura fascista. Addirittura Rutelli, che non mi pare sia di destra, voleva intitolare a Bottai una via a Roma».
Secondo episodio: «Ricordo una mostra a Milano sull’arte, l’architettura e il design degli anni Trenta. Mostrava che il fascismo aveva realizzato anche alcune bellezze. È giudizio comune che l’architettura fascista abbia prodotto cose straordinarie. Eppure ci furono proteste dell’Anpi, manifesti degli intellettuali. Si diceva: il fascismo riprenderà piede. Mi pare non sia successo».
In egual modo, anche la mostra al MuSa è pensata come un contributo storico e artistico necessario per la conoscenza del passato, senza intenti celebrativi. Su questo punto Guerri è chiaro: «Il fascismo è stato un regime che ha privato gli italiani della libertà e io – libertario, liberale, liberista ed ex libertino – non posso che condannarlo. Ma la storiografia ha ormai accettato il concetto che il fascismo ebbe consenso. Nessuno lo nega. E questo a nessuno fa più paura. Prova ne sia che proprio in questi mesi il governo Renzi ha stanziato 2 milioni di euro per il museo del fascismo a Predappio, dove i sindaco del Pd, nel consenso generale, ha chiesto altri 2 milioni alla Regione Emilia Romagna».
La mostra esporrà, nella sezione del MuSa in cui si trovavano le “mummie” del Rini (che secondo Guerri dovranno trovare una collocazione più adeguata nel MuSa), una trentina di busti di collezionisti privati. Ce ne sarà uno che appartiene al collezionista Massimo Meroni, uno prestato da Vittorio Sgarbi. Ci sarà anche una scultura realizzata da Ligabue, su commissione, nel ’43.
Lungo le pareti perimetrali della sezione dedicata alla Rsi troveranno invece posto una ventina di ritratti, quadri ad olio, litografie, carboncini, alcuni di ignoti, altri di autori famosissimi. Il più importante sarà un ritratto di Mussolini nudo, a grandezza naturale, dipinto da Achille Beltrami, autore delle celebri copertine de «La Domenica del Corriere». Non è mai stato esposto prima.
«Non vedo proprio – conclude Guerri – quali controindicazioni ci siano in questa mostra. Certo, qualche nostalgico arriverà. Ma non è che li creiamo noi, già ci sono. Pazienza. Il MuSa, proprio perché è a Salò, deve necessariamente occuparsi di fascismo e di storia. Non dico che la mostra “Il culto del duce” diventerà permanente, ma certo ci evolveremo con altre iniziative sempre legate al quel periodo».
L’impressione è che le polemiche continueranno. E probabilmente fanno pure gioco alle casse del MuSa.
Ultima nota. Qualcuno si è chiesto cosa c’entrasse il violino della Shoah con la mostra sul duce. «Suoneremo musiche ebraiche – replica Guerri – in ricordo delle vittime dell’Olocausto e di piazza Loggia. Forse il violino non sarà quello della Shoah, ma poco importa. È solo un gesto simbolico».