Le ricette di Martina svelano il gusto del Vate
GARDONE RIVIERA – Presentato il libro “Le ricette di Martina clarissa dannunziana”, con le preparazioni della cuoca di d’Annunzio. Si svelano così i gusti del Vate.
Le ricette di Martina, cuoca di d’Annunzio, sono uscite dai cassetti di famiglia. Un’operazione culturale, quella promossa dal Comune di Gardone Riviera, grazie alla quale rivive così il gusto di un’epoca, il sapore del cibo che incantò il Vate.
Martina Bazzani Seresina, definita da d’Annunzio «la più devota e la più diligente fra le mie clarisse», fu al servizio del Vittoriale e del suo magnifico abitatore per 11 anni, fino al 1931, durante i quali ha puntigliosamente annotato le ricette dei piatti sfornati nelle cucine dannunziane, poi riportate con bella grafia, in anni successivi, su un quadernetto.
Quel manoscritto giaceva nella casa del nipote di Martina, Gabriele Seresina, titolare di Villa Sostaga (www.villasostaga.it) a Gargnano, il quale, complice un altro discendete della cuoca del Vate, il vicesindaco di Gardone Riviera, Gian Piero Seresina, ha pensato bene di restituire a Gardone Riviera e al Garda intero questi documenti preziosi.
Le ricette di Martina, tanto amate dal poeta, sono ora fruibili da tutti, raccolte, assieme al sapere culinario di cui la cuoca era depositaria, in un prezioso volume edito dal Comune di Gardone su progetto grafico di Alessandro Florioli, titolare di Graphic Style.
Il libro «Le ricette di Martina clarissa dannunziana» raccoglie centinaia di preparazioni, tra primi piatti, secondi, dolci e liquori. «È la restituzione di una storia culinaria del territorio – ha detto il sindaco Andrea Cipani in sede di presentazione – che volentieri tramandiamo grazie a questo libro. Anche con l’auspicio che qualche ristoratore voglia riprendere, aggiornandole ai gusti e alle tecniche di oggi, le ricette di Martina».
Come ha fatto lo chef Pierlorenzo Minini di Villa Sostaga, che per la presentazione del libro ha preparato un dolce seguendo la ricetta di Martina. «Assaggiata una torta sulla quale cantavano in coro tutti gli arcangeli», ha twittato il presidente del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri.
Il libro è impreziosito da cartoline d’epoca della collezione “Tiziano Bottura” che ci riportano alla Gardone degli anni ’20 e ’30 e da una bella introduzione storica, che inquadra la figura di Martina al Vittoriale, curata dalla prof.ssa Elisabetta Conti, che riportiamo qui di seguito.
Prefazione
Martina Bazzani Seresina, è “con intiera sincerità …la più devota e la più diligente fra le clarisse”. Così scrive d’Annunzio nelle belle lettere inedite indirizzate alla cuoca Martina. Ella aveva “governato” per lungo tempo la foresteria di Villa Mirabella, nella quale peraltro frequentemente soggiornava dal 1924 Maria Hardouin di Gallese, l’unica moglie di d’Annunzio.
Martina era poi passata come cuoca al servizio del Vittoriale, dove “moltiplicò le sue belle qualità”, a detta del Comandante, e, dopo 11 anni, nel febbraio del 1931, avrebbe abbandonato il suo ruolo, costretta da motivi di famiglia.
Il Vate, mistico giocatore di ruoli tra il sacro ed il profano, provava affetto per tutte le sue clarisse, semplici domestiche o governanti della casa. Le clarisse erano figure care a d’Annunzio da quando, visitando ad Assisi il santuario di S. Damiano, era sceso nel Coretto di Santa Chiara, ove si trovano gli arredi semplici e nudi dell’epoca, “nel coro di nostra Dama la Povertà” . “Le clarisse si affacciano alle finestrette, vanno e vengono, scendono nel chiostro, risalgono, spìano, aspettano, anelano. E’ un gran pigolare, è un gran cicalare, tra le colonne e gli arbusti…” (da l’Allegoria dell’autunno – G. d’Annunzio).
In una pergamena del XIII secolo, poi, d’Annunzio aveva letto i nomi delle prime clarisse, le sorelle povere di S. Chiara, e ne era rimasto colpito tanto da usare questo termine per indicare le donne che accudivano il Vittoriale ed erano a lui devote.
E Martina, la più devota e la più diligente fra le clarisse del Vittoriale, aveva anche altre qualità: perizia, diligenza e probità esemplari. Era riconosciuta come cuoca esperta, scrupolosa e onesta. Dimostrava il bel sentimento dell’ “excessus devotionis” nei confronti del Vate, scrupolosissimo e attento al rito del ricevere soprattutto a tavola.
La mensa era infatti un rito per d’Annunzio, un rito al quale partecipavano gli ospiti secondo regole e raffinatezze stabilite da un anfitrione attento alla cucina e alla presentazione del cibo, un rito che diventava estetismo estremo per soddisfare palato e vista. E la gola?
Cinque le dita e cinque le peccata, questa frase è incisa sul cornicione della Stanza delle reliquieal Vittoriale. Per d’Annunzio i vizi capitali erano solo cinque e non sette, perché la lussuria e l’avarizia per lui non erano da considerarsi peccati. La gola era invece contemplata tra i peccati e tutto ciò che riguardava il cibo era propedeutico al tema dell’Eros. Ed ai momenti di piacere e di gusto del cibo, magari suggerito minuziosamente per emozionare la donna del momento, si alternavano i momenti di digiuno, talvolta lungo anche due giorni, per soddisfare l’animo salutista del poeta.
Come abbiamo detto, Martina la cuoca, la “più devota e la più diligente fra le clarisse”, lascia il Vittoriale ed il suo Comandante nel 1931. D’Annunzio prova “rammarico” per la partenza di Martina (“Carissima nostra Martina, perduta da noi ma sempre con noi”), ma è a lei riconoscente per tutte le attenzioni, le ricette, gli antichi rimedi e le preparazioni alcooliche che ella ha preparato per lui negli anni del Vittoriale. Il Vate la rimpiange già nel 1932 e la abbraccia idealmente.
Le ricette di Martina, tanto amate dal poeta, con il loro gusto raffinato e servite in modo impeccabile sono ora qui per noi. In questo prezioso volume è raccolto il sapere culinario di cui la cuoca era depositaria, frutto di un’arte antica e diligente.
Tra riso e tortelli, carne di manzo alla griglia e pesci di lago, uova a centinaia delle galline ovaiole del Vittoriale cotte ad arte (“La gente sciocca pensa che cuocere un ovo in guscio o un ovo sodo sia facile. E’ arte difficilissima, di rari maestri, è più difficile del comporre un incensurabile sonetto”, dal “Libro segreto”- G. d’Annunzio), fanno capolino i dolci, a cui d’Annunzio non sapeva rinunciare, ed i gelati, vera ghiottoneria maniacale! Non manca la frutta, amata sinceramente dal d’Annunzio parco e attento alla propria salute, così alternativo al d’Annunzio buongustaio, amante del cibo come ornamento estetico dell’attività amorosa.
Attraverso la bella raccolta delle ricette di Martina, riviviamo il gusto di un’epoca, il piacere del cibo che incantò il Vate, la sapienza di un’arte che si fa rito.
Elisabetta Conti, presidente Commissione Cultura del Comune di Gardone Riviera
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