L’automobile è femmina. Un museo dell’auto al Vittoriale
GARDONE RIVIERA – Si chiamerà “L’automobile è femmina” il museo dell’auto del Vittoriale che accoglierà le due auto storiche del Vate. Ecco come sarà.
Ospiterà le due vetture di Gabriele d’Annunzio: la Fiat Tipo 4, a bordo della quale il poeta partì alla conquista di Fiume nella notte tra l’11 e il 12 settembre 1919, e la Torpedo Isotta Fraschini, ultima tra le numerose auto possedute dal Vate.
Le due auto oggi sono prigioniere in un angusto spazio sotto il portico che introduce alla piazzetta Dalmata. Una collocazione infelice anche per il visitatore, che a mala pena le intravede sbirciando da una vetrata. «Sembrano due aquile chiuse in una gabbia per canarini», commenta il presidente del Vittoriale (www.vittoriale.it), Giordano Bruno Guerri, che per le due gloriose vetture ha immaginato una più consona sistemazione. Ovvero il nascituro museo dell’auto che sarà realizzato negli spazi dell’antico parcheggio di d’Annunzio, oggi utilizzato dai dipendenti, cui si accede da un ingresso posto a sinistra dell’accesso principale alla cittadella monumentale di Gardone Riviera.
Per ora c’è il progetto, «già approvato dalla Soprintendenza», annuncia Guerri. Restano da trovare i fondi per realizzarlo: 240mila euro, per i quali il Vittoriale ha già inoltrato richiesta di contributo a Regione Lombardia. Assieme alle due vetture del poeta, il museo ospiterà altre tre auto che saranno concesse dal Museo Mille Miglia, facente parte, con il Vittoriale, della rete di GardaMusei (www.gardamusei.it).
Tolte le auto dai locali adiacenti al bookshop, quest’ultimo, secondo i piani di Guerri, sarà più che raddoppiato. Verrà inoltre dotato di un ascensore che conduce al soprastante auditorium, in modo da renderlo comodamente accessibile ai disabili. In questo caso il progetto richiede un investimento di 160mila euro.
L’automobile è femmina
Il nome del museo – L’automobile è femmina – rimanda alla disputa linguistica che tenne banco a inizio Novecento. Vi siete ma chiesti perché il termine “automobile” è femminile e non maschile, tanto più in una lingua così maschilista come quella italiana?
La questione, tutto sommato piuttosto futile, afflisse i linguisti francesi e italiani sul finire dell’Ottocento, che si arrovellarono sul dilemma: la parola “automobile” è da considerarsi di genere maschile o femminile? I francesi finirono con il considerarla femminile, accostando la parola “automobile” alla parola “voiture”, che è appunto femminile.
In Italia, invece, da principio l’automobile fu considerata maschile. Nella prima edizione (1905) del «Dizionario moderno» di Alfredo Panzini, si legge: «Automobile. In origine aggettivo poi sostantivo per indicare quella vettura da diporto, spavento dei viandanti, elegante, signorile, docile e rapidissima, in gran voga in Francia e dovunque, la quale si muove da sé con meccanismi ingegnosi e diversi, ma che però attendono ancora il loro perfezionamento. Di quale genere è il sostantivo “automobile”? Se ne è disputato in Francia e quindi anche in Italia. Il genere maschile tende a prevalere».
Quattro anni dopo, nel Primo Manifesto del Futurismo (1909) pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti ad esaltazione del dinamismo della vita moderna, si leggeva: «Un automobile (“un” senza apostrofo, quindi maschile) da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’ alito eplosivo… Un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia».
In Italia, fu Gabriele d’Annunzio a decretarne in via definitiva la femminilità. E lo fece in una lettera di risposta al senatore Giovanni Agnelli, il nonno dell’«avvocato», che gli aveva posto l’annosa questione.
«Mio caro Senatore – scriveva il poeta nella lettera, ringraziando per il dono di una Fiat 509 – in questo momento ritorno dal campo di Desenzano con la sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L’automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità di una seduttrice; ha inoltre una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne, ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza…».
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