Riva, i 40 anni del terremoto di Santa Lucia
RIVA DEL GARDA – In municipio una mostra di fotografie (dei fotografi f.lli Biatel) e di articoli di giornale sul “terremoto di Santa Lucia”, il sisma che colpì Riva all’alba di lunedì 13 dicembre 1976, causando ingenti danni.
La mostra è allestita da mercoledì 7 fino al 30 dicembre.
A pochi mesi dal catastrofico terremoto del Friuli (che si verificò il 6 maggio), alle ore 6 24′ 39″ del giorno di Santa Lucia una forte scossa, della durata di circa 3-4 secondi, ha colpito l’Alto Garda e la valle di Ledro, avvertita distintamente anche nelle Giudicarie e in Vallagarina, ma i danni maggiori si sono registrati a Riva del Garda.
Qui centinaia di persone, sorprese nel sonno, si sono precipitate in strada, le più ancora in pigiama, nonostante la temperatura di qualche grado sotto lo zero, riparati con una coperta o un cappotto. Per fortuna nessuna vittima e pochi i feriti, ingenti invece i danni alle cose (il Comprensorio li quantificherà in circa 10 miliardi di lire): la gran parte degli edifici del centro storico lesionati, cornicioni e camini crollati, al punto che sono una cinquantina le famiglie evacuate (che saranno ricoverate nei residence della zona). Danneggiati gravemente il municipio, le scuole, le chiese.
All’analisi dei giorni seguenti si segnalano 35 abitazioni gravemente lesionate, 60 con lesioni localizzate, 120 con lesioni moderate, 200 con lesioni di minore entità. Per il municipio si stima un danno di 50 milioni, per la pretura di 40, posta, palacongressi e rocca per 80 milioni. La scuola media Damiano Chiesa è totalmente inagibile ed è necessario ricostruirla (per una spesa stimata in 2 miliardi di lire), mentre per rimettere in sesto le altre, tutte danneggiate e parzialmente inagibili, ci vorranno 195 milioni. Inoltre uno smottamento tra Riva del Garda e Biacesa e una frana nei pressi di Tione hanno completamente isolato la valle di Ledro.
La mostra propone anche una memoria di Cornelio Galas, all’epoca giovanissimo collaboratore del quotidiano L’Adige, che fu chiamato ad affiancare la redazione, quel giorno impegnata oltre misura per il concomitante e tristemente noto «omicidio del bar Maroni».
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