Satanisti a Salò per ricordare la strega Cornelia
SALÒ – I fedeli all’uscita dalla messa si trovano davanti un misterioso oggetto, simboli satanici e il ricordo di Cornelia Quintiliana, vittima dell’inquisizione. Satanisti o buontemponi?
I fatti. Domenica mattina, all’uscita della messa delle 9.30, i fedeli si sono trovati davanti, nel bel mezzo della piazza del duomo, un curioso oggetto: un “pentacolo” di legno, stella a cinque punte, sulla quale si trovano altri simboli demoniaci, Satana, croci capovolte, cera rosso sangue…
Sul pentacolo anche un messaggio, inciso su un cartello in legno, che ci riporta ai tempi dell’inquisizione: «In memoria di Cornelia Quintiliana processata nel settembre 1593, torturata con corda e fuoco, accusata di essere tempestaria, untrice e guaritrice, condannata al carcere a vita». Firmato «M».
Il misterioso oggetto è stato subito rimosso dagli agenti della Polizia Locale. Resta il mistero su chi lo ha realizzato e portato nella pubblica piazza.
L’episodio riporta alla luce la vicenda dimenticata di Cornelia Quintiliana, un’anziana che trovava di che campare con piccoli espedienti, accusata di essere una “tempestaria” (capace cioè di provocare, con la stregoneria, grandine e tempesta), un’untrice e guaritrice. Una strega, insomma.
La vicenda di Cornelia Quintiliana fu ricostruita nel 1886 dal conte Francesco Bettoni Cazzago, che nei «Commentari dell’Ateneo di Brescia» pubblicò il saggio «Processo inedito di una strega». Bettoni scrive di «insensate procedure e inumane sentenze, che resteranno marchio indelebile dell’ignoranza e delle ferocia di quell’età nefasta». Il processo a Cornelia colpì il conte Bettoni per una singolarità inedita: «Questo differisce essenzialmente in ciò: non il Tribunale della Santa Inquisizione, ma lo fa un tribunale civile della Repubblica, stabilito in Salò dove accadde il fatto, il qual tribunale segue le tracce degl’Inquisitori negli interrogatori, nel modo di estorcere le confessioni, nella valutazione delle prove, ma non nelle conseguenze finali, cioè nell’applicazione delle pene».
La povera Quintiliana non fu infatti condannata all’estremo supplizio del rogo, ma al carcere a vita: «Cornelia sia condannata che star debbia in prigion forte serrata, sin tanto che finisca la sua vitta», sentenzia il 20 settembre 1593 Rodomonte Domenicetti, cancelliere della Magnifica Patria.
Resta da capire chi ha voluto, e per quale motivo, riesumare questa vicenda.
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