TOSCOLANO MADERNO – La prossima primavera Toscolano Maderno sarà chiamata ad eleggere il nuovo Consiglio comunale. Un lettore ci manda questa lettera, con qualche considerazione sulle scelte politiche degli ultimi anni.
«Ecco cosa si sente dire: «Senza gli oneri di urbanizzazione non sarebbe stato possibile sviluppare il paese e realizzare la passeggiata a lago che collega Toscolano a Maderno!». Collegare i due paesi era una esigenza della ragione e la logica del buon senso. Ma il nuovo lungolago, realizzato da pochi anni, è già da rifare.
L’attuale Amministrazione in un manifesto sosteneva che sono stati versati nelle casse comunali, nel precedente decennio, oneri di urbanizzazione per un totale di 43,832 milioni di euro, chiedendo dove fossero finiti. E insinuava con questa domanda un pesantissimo e malizioso dubbio. Tutti noi ci saremmo aspettati una debita e appropriata risposta a questo punto di domanda, degna del coraggio di chi proclamava un cambiamento. Ma fino ad ora non se ne è saputo niente…
L’Amministrazione Elena con la Lega Nord ha permesso la costruzione, solo sul lungolago, di qualche centinaio di nuovi appartamenti – ex Istituto Piamarta ed ex maglificio – che vanno a sommarsi alle oltre 2.500 seconde case. Come se non bastasse presso l’ex albergo Benaco, hanno trovato nuova costruzione circa 70 appartamenti, di cui è evidente a tutti lo stato di degrado – e sembra sia all’asta per fallimento. Questo va ad aggiungersi alla vergogna di altri ruderi disseminati per il paese: la coda dell’edificio comunale, la struttura dove è collocato il supermercato Migross e altri sparsi per il territorio.
Toscolano Maderno, oltre a essere ridotto ad uno schifo dal punto di vista urbanistico, ha anche problemi connessi al turismo. Chiamare turismo i 700 posti letto ufficiali contro i potenziali 13mila posti letto di seconde case, è semplicemente comico. Durante le Amministrazioni Manfredi ed Elena sono state chiuse più di trenta attività turistiche.
Le scelte relative al commercio e alle attività economiche locali sono state altrettanto disastrose. Il tessuto commerciale è stato prosciugato dai supermercati che, è opportuno ricordarlo, non appagati dalla sottrazione dei loro guadagni fuori dal circuito economico locale, mettono in vendita buona parte di prodotti di provenienza estera mentre i prodotti di alta qualità italiani vengono spazzati via.
Questi casi ci permettono di comprendere meglio un fenomeno più ampio. Una politica che abbia a cuore il futuro di un paese, prima di insediare queste centinaia di nuovi appartamenti avrebbe dovuto pretendere l’esecuzione e il completamento delle opere primarie, affinché si potessero garantire i servizi necessari e non gravare sulla rete idrica e sulle casse comunali già fortemente indebitate e sotto pressione per adeguare strutture e sovrastrutture alle pressioni edilizie speculative. Fino ad oggi nulla è stato fatto, ma prima o poi qualcuno dovrà pagare il conto. Così si mostra il vero volto di quanti si sono proclamati paladini della libertà e dell’iniziativa privata. Qualcuno li chiama liberisti – tanto per capirci, liberisti sono coloro che sostengono la libera iniziativa e il libero mercato, con l’intervento dello Stato (nel nostro caso il Comune) limitato alla realizzazione delle infrastrutture a sostegno del mercato stesso. Per dirla con una metafora: tutti noi dobbiamo contribuire di tasca nostra ad allestire la festa del libero mercato. Al banchetto finale sono però ammessi in pochi, le banche e le immobiliari. A noi contribuenti restano le briciole dell’economia sommersa.
Tutto questo, anche se nessuno ormai ricorda più, è il frutto della rivoluzione liberista cavalcata anche nel nostro paese dall’allora vasto ceto medio che voleva meno tasse, meno Stato, meno burocrazia. Largo al mercato! Idee fisse frutto di generalizzazioni superficiali che ancora oggi resistono e incantano non poche persone di tutte le componenti politiche. Anche a sinistra queste idee hanno avuto i loro bravi rappresentanti di facciata, lasciando il dominio del paese agli uomini d’affari e agli speculatori. Un paese dominato da questi personaggi è condannato al degrado. Degrado di cui oggi raccogliamo i frutti. Il ceto medio – qui, come in tutta Italia – se non è scomparso guadagna meno di un operaio dipendente. È questo che significa libero mercato nella pratica, al di là delle promesse e dei sogni di libertà dati da bere da questi politicanti. È cosi che funziona il libero mercato: quello che conta è guadagnare di più. Se viene distrutto il tessuto sociale in un paese o in una regione poco importa. È cosi che funziona ed è cosi che sempre funzionerà.
Di fronte a questo spettacolo si può ben capire la rabbia di buona parte della popolazione, che prende a volte le vesti della rassegnazione a volte dello sfogo violento. Ed è proprio questa rabbia che si trasforma in astensione dal voto e dall’impegno sociale. Queste politiche criticano e allo stesso tempo causano questi mali, pronte a inventare nuove formule ad effetto per incantare quelle persone che hanno memoria solo quando si tratta dei loro interessi, mentre tutto il resto non li riguarda.
Chiedo a tutti i toscomadernesi uno scatto d’orgoglio e di non rassegnarsi a fare gli spettatori passivi dall’assalto di queste politiche di sfruttamento, spacciate e raffigurate come fautrici della libertà e del miracolo economico. Dove la libertà diventa egoismo, il miracolo economico è in realtà il privilegio di attribuirsi tutti i vantaggi scaricando le responsabilità dei danni sulle generazioni future. È questo il mondo che lasciamo ai nostri figli, un mondo compromesso dal furto di beni collettivi (territorio, coste e paesi devastati e un debito insostenibile nelle casse del comune).
Non possiamo andare avanti a considerare questi problemi come inevitabili, ma come un frutto di un sistema malato che per guarire ha bisogno di noi, ora».