Alpino più anziano e reduce, Lazise festeggia Giovanni Molinari
LAZISE – Novantasette anni compiuti alla viglia di Natale e non dimostrarli affatto. Festeggiato dalle penne nere lacisiensi Giovanni Molinari, l’alpino più anziano di Lazise.
Alpino della Divisione Julia del battaglione Vicenza, medaglia d’argento al valor militare, memoria splendida, fisico ancora prestante, Giovanni Molinari è l’alpino più anziano di Lazise. Abita in via Prà Leor e per gli auguri natalizi e del genetliaco ha ricevuto a casa sua gli alpini lacisiensi guidati dal capogruppo Stefano Bergamini, accompagnato da Mario Martini, Sergio Marconi, Arnaldo Piccoli e Roberto Oliosi.
“Oltre agli auguri per il 97° compleanno – spiega Stefano Bergamini – siamo qui per consegnare la pergamena che la Fondazione del Sacrario del Baldo ha inteso consegnare a tutti i reduci della seconda guerra mondiale ancora in vita per i loro servigi resi alla patria. E il nostro Giovanni di servigi ne ha resi diversi. È stato ferito nell’autunno del 1941 a solo 21 anni sul fronte Greco-Albanese. Una azione importante che gli ha fruttato, si fa per dire – continua il capogruppo alpini di Lazise – la medaglia al valor militare”.
La mente lucidissima di Giovanni Molinari ricorda che si risvegliò all’ospedale di Valona, in Albania e che successivamente fu trasferito con un areo militare all’ospedale militare del Celio, a Roma per un lunghissimo periodo di cure.
“Sono nato a Varmo, in Friuli – spiega chiaramente Molinari – e dopo il congedo militare, con coraggio emigrai in Australia. Tanti lavori – continua il reduce – fino a lavorare in una grande fabbrica di sigarette. Ed il tabacco mi portò ad una seria malattia. Rientrai in Italia e mi stabilii con la moglie a Lazise. Sono rimasto qui anche dopo la morte di mia moglie. E conto di restarci fino al compimento del secolo“.
“Un momento trabocchevole di simpatia – dichiara Sergio Marconi – con una persona lucidissima che ricorda tutto della sua storia personale. Momenti di vita commoventi ed unici. Oserei dire da vero soldato!”.
Sergio Bazerla
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