i7s.avi, scultura teatrale di Dario Bellini
ROÈ VOLCIANO – Domenica 25 marzo alle 17 nell’auditorium di Roè Volciano va in scena “i7s.avi”, opera che ha le fattezze di una pièce teatrale ma l’intenzione di una scultura di parole.
Lo spettacolo dura un’ora. L’ingresso è libero. “i7s.avi” ha esordito il 27 febbraio alla Galleria di arte moderna e contemporanea “Milano” in via Turati a Milano ed è poi stato proposto alla Laba, la Libera Accademia di Belle Arti di Brescia e al Baco, Base Arte Contemporanea Odierna, a Bergamo vecchia.
Sul palco gli attori Matteo Bertuetti (nei panni di Piero Manzoni), Luca Cremonini (Osvaldo Licini), Luca Iuliano (Fausto Melotti), Marino Maccarinelli (Medardo Rosso), Andrea Manni (Umberto Boccioni), Carlo Pardi (Adolfo Wildt) e Mauro Scalora (Lucio Fontana).
I costumi sono di Mariella Butturini, gli oggetti sonori di Gianluca Codeghini.
Lo spettacolo, dice l’autore, è una “scultura teatrale, un’opera che ha le fattezze di una pièce teatrale ma l’intenzione di una scultura di parole”.
Si tratta di una disputa per sette personaggi. Sette attori in scena, ognuno avanza le sue argomentazioni, qualcuno è morto giovane, qualcuno ha visto passare quasi tutto il secolo, eppure la disputa li pone sullo stesso piano e nello stesso tempo, senza che nessuno di loro si scomponga per questo. Un unico discorso? Una sola appartenenza? La costante di un tipo di arte speculativa per pudore.
Spiega Dario Bellini: “L’idea era quella di far vivere una scultura fuori dal museo attraverso le parole. Potenzialmente, la scultura poteva vivere in qualsiasi luogo, eseguita come una partitura dai sette attori. Questo lavoro si basa sul gruppo di statue dei sette Savi che Fausto Melotti realizzò in occasione della Triennale del 1937. Ne farà in totale 4 versioni da allora, la mia sarebbe la quinta, ed è del tutto “apocrifa”. I miei savi sono anche dei “super-avi”, cioè 7 grandi artisti italiani, lo stesso Melotti poi Lucio Fontana, Umberto Boccioni, Adolfo Wildt, Medardo Rosso, Piero Manzoni ed Osvaldo Licini. Mi sembrava interessante vederli comparire insieme sulla scena. In un primo momento i personaggi giocano a ricostruire un’affermazione di Melotti tratta da una sua intervista, in cui immagina la storia dell’arte come una fila di 25 uomini della sua età uno dietro l’altro, si arriva poco oltre la stanza, lui dice. Poi la discussione prende il volo e ciascuno argomenta a suo modo: sono tutti vissuti in anni difficili, c’è stato il fascismo…”.
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