2465 km, da Navazzo a Nazarè. L’incredibile avventura di Elio Forti
GARGNANO - Aurelio Forti, anima del Gruppo sportivo Montegargnano, di casa a Navazzo, ha raccontato la sua incredibile avventura: 2465 km percorsi in 51 tappe, da Navazzo alla costa atlantica in terra portoghese. Destinazione Nazarè con tappe a Lourdes, Santiago di Compostela e Fatima.
Tutto esaurito. Gremito il tendone nella piazzetta di Villa di Gargnano, venerdì 28 dicembre, nel pomeriggio, per l’incontro con Aurelio Forti, anima del Gruppo sportivo Montegargnano, di casa a Navazzo, che ha raccontato la sua incredibile avventura.
Che si traduce in numeri: 2465 chilometri percorsi in 51 tappe. Da Navazzo alla costa atlantica in terra portoghese. Destinazione Nazarè con tappe a Lourdes, Santiago di Compostela e Fatima.
Luoghi, incontri, momenti difficili, l’emozione della partenza, la commozione per l’arrivo. La selezione di immagini tra le settemila scattate lungo il percorso è stata seguita con grande interesse e partecipazione. Nel ricordo di Cesare Bernardini, per anni infaticabile protagonista delle iniziative sportive a Gargnano con il suo Gsa. Amico di sempre che Aurelio Forti ha onorato aprendo l’archivio del suo “cammino”. Gli hanno fatto da sponda gli amici Ottavio Castellini, presidente dell’Archivio storico dell’Atletica Italiana e fondatore della Biblioteca Internazionale dell’Atletica e Enzo Gallotta, portavoce del Gs Montegargnano.
Per due ore Aurelio Forti ha catalizzato l’attenzione con il suo racconto, affiancato da Osvaldo Andreoli, che gli è stato vicino al volante del mezzo al seguito e quale addetto alla logistica e alle… pubbliche relazioni. L’evento rientra nel programma delle iniziative messe in cantiere dal Gsa Gargnano e dal Comitato Amici di Villa nell’ambito di “Villa 2018 – Natale in Piazza”.
Ringraziamo il giornalista Enzo Gallotta per l’intenso racconto del cammino di Elio, che pubblichiamo qui sotto.
Il “Cammino di Elio”
di Enzo Gallotta
Duemilaquattrocentosessantacinque. Sono chilometri: 2.465. Per dirla in numeri. Tracciate una linea sulla cartina e collegate due luoghi con la N maiuscola: Navazzo (Gargnano, Italy) e Nazarè, dal Garda alla costa del Portogallo. Questo è il “cammino di Elio”. Un sogno che non è svanito all’alba.
Se l’è fatta tutta a piedi Aurelio Forti, anima del Gs Montegargnano. Dal 29 agosto al 24 ottobre. In tutto 51 giorni. Alla media di 48,333 periodico. Come certifica l’amico di sempre, Ottavio Castellini. Uno che di statistiche se ne intende… Ci ha lasciato quattro paia di scarpe, Elio, sulle strade di altrettante nazioni. Lo racconta senza un grammo di enfasi, questo suo viaggio. Intrapreso e concluso, somma di fisico e valore aggiunto di anima e sentimento. Passando per luoghi in cui l’uomo può avvertire la presenza dell’Infinito. Quale esso sia. Santiago de Compostela, Lourdes, Fatima. Sole e pioggia, piedi che si ribellano. Momenti di solitudine. In cui parlare con se stessi e con qualcuno che senti sempre accanto, nonostante il peso dell’assenza, è esercizio di assordante silenzio. Di intimità assoluta. Questo è stato il “cammino di Elio”. Documentato sul suo fido Garmin, certificato dalle tracce Gps.
Pronti, via. Ore 5, 29 agosto. La partenza è alla chiesa di Navazzo, Santa Maria Assunta. Inizia lì la passeggiata che avrebbe voluto condividere con Clara, compagna di un a vita andata avanti d’improvviso in una fredda sera di febbraio. A scortare il pellegrino c’è Osvaldo Andreoli. “Osvy” per gli amici, vigile del fuoco a riposo. Battistrada alla guida del “Kangoo” che Elio ha acquistato qualche tempo fa in previsione del viaggio fino a Nazaré. Alle spiagge atlantiche della cittadina dove a novembre si corre la Meja Maratona gemellata per tredici anni con la Diecimiglia. E questo spiega la scelta non casuale della meta. Là ci sono amici da salutare. Da incontrare una volta ancora dopo numerose trasferte. Ma fatte in aereo: comodi. Tredici, per ribadire con un numero. A sera la prima tappa si conclude a Manerbio, dopo quasi 64 chilometri, a Manerbio. Ciao, Brescia!
Il programma prevede 20 frazioni per arrivare a Lourdes. Un passo dopo l’altro. Circa 6 chilometri all’ora. O poco più. I primi problemi sono in arrivo. I piedi si ribellano, nonostante le scarpinate d’allenamento su e giù per la Valvestino e un altro “Passatore” all’attivo. Succede nei pressi di Ventimiglia, terra di transito interdetto per altri pellegrini di (s)ventura. In ospedale nulla di fatto. Le pillole prescritte dal medico finiscono ad alimentare la scorta dei medicinali scartati. Avanti.
In Francia, a Saint Jean Pied de Port il primo incontro speciale. Arriva dopo una tappa di 63 chilometri, con le batterie del telefonino scariche e impossibilità di contattare Osvaldo. “Mi incammino in paese – dice Elio – cercando di scorgere il campanile, nostro punto d’incontro fisso. Improvvisamente un signore mi si fa incontro”. Lo sconosciuto lo ferma: “Tu sei Elio. Sappiamo tutto di te”. Come? Qui, a mille chilometri da casa? Già, lo sconosciuto non lo è poi tanto. Almeno al battistrada del Kangoo. Che lo ha incontrato prima. È un italiano, vicino di casa dell’Osvaldo, di Brugherio. Cose da non credere!
Lourdes, fresche acque. Il cammino, come il sogno, prosegue. Si deve. Ma i piedi. Ahi, ahi, ahi, senza paloma. L’avvicinamento alla città delle apparizioni mariane è fatica pura. Sono fiamme che avvampano scarpe e relativo contenuto. Il giorno prima dell’arrivo dire che fa caldo è poco. “C’erano 42 gradi – dice ancora Elio –. Camminavo e mi passava per la mente l’immagine di un rivolo di acqua fresca. Per buttarci dentro i piedi”. Non passa molto. Il ponticello si palesa dopo una curva, con quattro gradini per scendere verso la roggia. Una liberazione. Dentro, i piedi con le scarpe. Sollievo. Che anticipa il racconto di quanto accade a Lourdes, dove il nostro ultramaratoneta del passo è protagonista di un episodio da raccontare con “leggerezza”.
“Ho visto Osvaldo parlare con due suore – racconta Elio -. Almeno così mi sembravano. Invece erano volontarie: un’avvocata e una commercialista. Saputo dei miei piedi malconci, ci hanno indicato le piscine dove si bagnano anche i malati”. Così Elio si siede e aspetta. Osvaldo si eclissa al bar. Ci vogliono due ore, l’incontro con un dirigente d’azienda milanese che dedica agli altri le sue ferie. Poi il bagno. “Sono uscito e non ho avuto neppure bisogno di asciugarmi. Ero asciutto. Non so neppure io spiegarmelo. I miei piedi ne sono stati risanati. Prendetela così, come la racconto. Senza nessun altro intento. Ma è andata proprio in questo modo”. E si torna alla media dei 6 all’ora. Punto, a capo. “Raccontala leggero”. Fatto.
Santiago, il cammino, l’incontro. Quel che segue è altra strada. Con cambio radicale di scarpe. Inizia il “Cammino del Nord”, da Irun a Santiago de Compostela. Disseminato di tappe con tanto di timbri da piazzare sul ruolino di marcia. Attraverso il Paese Basco, Cantabria, Asturie e Galizia. Dalle parti di Santander, in un Albergue dos Pellegrinos, il solito Osvaldo attacca bottone. Questa volta con una signora che ha sentito parlare italiano. Si presenta: Roberta Bordiga, di Prevalle. Aurelio strabuzza gli occhi. Si alza. Non è possibile. E’ la stessa persona che ha protestato per non essere stata premiata alla Caminàa Storica, in agosto. Foto di rito, pace fatta e promessa di ritrovarsi alla prossima. Poi, la tappa a Santiago, breve sosta.
Con “diploma” di Cammino negato. “Ma lei l’ha fatto in bicicletta?” chiede il capo degli addetti alla verifica. No, a piedi. Tutto e di passo buono. Rapido al punto che per effetto di due timbri mancanti a causa di tappe “bruciate” un paio alla volta in un sol giorno, il certificato di “camminatore di Santiago” non viene alla fine rilasciato. “Nessun problema – osserva Elio sorridendo -. Non è certo per un diploma che mi sono messo per strada”. Capitolo chiuso.
Arrivo, fiesta. Fatima si annuncia all’orizzonte. Dopo il momento critico a Porto. “Ho davvero pensato di fermarmi. E’ stata una giornata terribile, sotto l’acqua battente. Non trovavo Osvaldo. Freddo terribile. Ero tanto arrabbiato che l’addetta alla reception del piccolo albergo in cui ci siamo fermati è scappata via. Mi ero infuriato perché non c’era acqua calda. Il giorno dopo mi sono scusato…”.
Nazaré è a un passo. L’arrivo: “Emozionante. Commovente”. Gli amici sono amici sempre. Sanno che Elio è in prossimità del traguardo. Si fanno trovare. Appostati, per la fotografia di rito. Gerardo Rui, ex presidente della società organizzatrice della Meja, e il suo vice, Enrique Ilario Guincio, non possono mancare all’appuntamento. Abbracci, applausi. Momenti in cui le emozioni prendono il sopravvento.
La sera stessa, finisce a tavola. E’ fiesta con l’Atlantico negli occhi. Tavolata grande al ristorante a Tasquinha per la cena. Trionfo di pesce di mare: gamberi, calamari, granchi. Immancabile il Porto, buon vino stavolta. Allegria e sorpresa finale con la torta che reca l’immagine dell’arrivo di Elio in città.
Il sogno e ritorno. Il racconto si conclude qui. A 2.465 chilometri da casa. Si scrive duemilaquattrocentosessantacinque. Meglio ricordarlo che la storia è lunga. Lui se li è fatti a piedi. Il ritorno sul Kangoo, con l’Osvy. All’arrivo a Navazzo il bentornato degli amici di “Sognando Olyimpia”. Con lo striscione confezionato dalla mano di Roberto Scolari, grafico della cittadina Tipografia Apollonio.
Che dire ancora. La vita è sogno. Forse. I confini, in questo caso, sono indecifrabili. Come il cammino, fatica e sogno. Un altro progetto? Mai smettere di sognare. Ci aiuta sulla strada della vita. Non è poco.
Enzo Gallotta
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