Trama: Forrest Tucker (Robert Redford) è un rapinatore di banche entrato ed uscito (fuggendo) di galera fin dalla più tenera età. Anche da anziano, nonostante l’incontro con la dolce vedova Jewel (Sissy Spacek), non smette di effettuare rapine con il suo stile molto personale, aiutato da una banda di coetanei. A dare la caccia a Tucker è il detective John Hunt (Casey Affleck), sempre più affascinato dalla dedizione di Forrest all’arte del furto.
Critica: Il filo conduttore di Old man & the gun è sicuramente il garbo, termine tanto desueto quanto il suo significato di aver grazia e gentilezza nell’operare.
Robert Redford è perfetto nell’impersonare Forrest Tucker, anziano rapinatore gentiluomo, con le tante rughe sul volto, la camminata un po’ incerta, il sorriso divertito ed ironico e quello “stile” che gli permette di accattivarsi immediatamente la simpatia e la fiducia degli altri personaggi e di noi spettatori.
Il regista David Lowery non risparmia i primi piani al vecchio Robert e lo mette più volte a confronto con immagini che ce lo ricordano giovane, nel pieno del suo splendore, ma anche questo lo fa sempre in maniera funzionale alla costruzione del personaggio; la veloce sequenza di fotografie e filmati che ripercorre la storia delle fughe di Tucker dal carcere è un’ottima scusa anche per celebrare la carriera di Redford (si vede, tra le altre, una scena tratta da La Caccia del ’66 di Arthur Penn), sottolineando al contempo il fascino intramontabile del rapinatore, lupo che non perde né il pelo né il vizio.
Già dal titolo sappiamo che abbiamo a che fare con un old man, un vecchio. E vecchi sono i suoi complici e vecchia è pure la dolce Jewel (gioello), interpretata da una misuratissima ed elegante Sissy Spacek, capace di esprimere con un battito di ciglia un universo di sentimenti contrastanti.
Il loro incontro all’inizio del film conferisce subito alla storia un sapore romantico e gentile e ci sospinge con grazia ad accettare che il bel signore elegante, appena presentatoci sullo schermo, sia un bandito.
Il film è tratto dall’omonimo articolo del reporter David Grann, apparso sul New Yorker nel gennaio del 2003 e successivamente incluso nella raccolta The Devil and Sherlock Holmes (Il demone di Sherlock Holmes. Storie di ossessione e di omicidi) in cui il giornalista racconta le storie vere di persone divorate da passioni “folli” da lui personalmente intervistate; tra questi il protagonista della nostra storia, rapinatore di banche e artista della fuga.
L’ambientazione negli anni ’80 permette al regista di cadenzare la vicenda con ritmo lento, umano, anch’esso garbato ma mai noioso, molto diverso dal montaggio concitato dei polizieschi a cui siamo ormai abituati, e ben sottolineato dalla colonna sonora di Daniel Hart.
Ci sono inseguimenti, ma con auto che paiono non essere in grado di superare i limiti di velocità, ci sono le rapine, eseguite in maniera semplice ed impeccabile, con baffi finti, completo elegante e cappello in testa (è la personalità di Tucker quella dominante): si entra, si mostra una pistola, si esce con i soldi. Soldi che, peraltro, non sembrano servire a nessuno dei rapinatori e che, anche quando si vorrebbe usarli per fare una buona azione, si rivelano impossibili da spendere.
Per cosa si fanno le rapine, allora? Per sentirsi vivi. Questa voglia di vivere contagia anche il poliziotto che, fin dal suo apparire, si dimostra un personaggio non scontato, con i saggi figlioletti che coinvolge quali piccoli aiutanti nel cercare il “cattivo”, con la flemma che contrasta con la sua giovinezza tanto quanto la vitalità dei “vecchietti d’assalto” contraddice la loro età anagrafica.
Pacata è anche l’ambientazione: tavole calde vecchio stile, la fattoria di Jewel con il prato spelacchiato, le banche in cui, a parte l’impiegato che consegna il denaro, tutto procede nel regolare modo sonnacchioso anche durante le rapine. Perfino il solito scontro tra polizia ed FBI sulle competenze è gestito con inconsueta cortesia dalle parti in causa.
La calma ed il garbo permeano ogni aspetto del film e lo rendono snello e lieve, a partire dalla sceneggiatura che predilige dialoghi in cui i personaggi narrano delle storie (come la favola della rana in banca raccontata dal poliziotto ai suoi bambini che fa da contrappunto ad una rapina), fino all’interpretazione di Redford, che è anche produttore del film, capace di conferire al personaggio un’irresistibile autoironia, concedendosi perfino una breve cavalcata che pare un omaggio a Il Cavaliere elettrico. Un vecchio uomo che dietro il sorriso luminoso nasconde qualche lato oscuro, che quando c’è da sparare fa solo il gesto con le dita, come i bambini, e che nessuna prigione, anche domestica, potrà trattenere dal seguire la sua attrazione per il brivido della vita. (Camilla Lavazza)
OLD MAN & THE GUN
Titolo originale: The Old Man & the Gun
Regia e sceneggiatura DAVID LOWERY
Basato sull’articolo del New Yorker di DAVID GRANN
Interpreti e personaggi
Robert Redford: Forrest Tucker
Casey Affleck: detective John Hunt
Danny Glover: Teddy Green
Sissy Spacek: Jewel
Tika Sumpter: Maureen Hunt
Tom Waits: Waller
Elisabeth Moss: Dorothy
Ari Elizabeth Johnson: Abilene
Teagan Johnson: Tyler
Robert Longstreet: Stephen Beckley Jr.
Gene Jones: Mr. Owens
Isiah Whitlock Jr.: detective Gene Dentler
Keith Carradine: capitano Calder John David Washington: tenente Kelley
Augustine Frizzell: Sandrine Barlow Jacobs: detective Offerman
Direttore della fotografia JOE ANDERSON Scenografia SCOTT KUZIO
Montaggio LISA ZENO CHURGIN, ACE Costumi ANNELL BRODEUR
Colonna sonora DANIEL HART
Produttori JAMES D. STERN , DAWN OSTROFF , JEREMY STECKLER, ANTHONY MASTROMAURO, BILL HOLDERMAN, TOBY HALBROOKS , JAMES M. JOHNSTON , ROBERT REDFORD
Produttori esecutivi PATRICK NEWALL , LUCAS SMITH JULIE GOLDSTEIN , TIM HEADINGTON , KARL SPOERRI MARC SCHMIDHEINY
Durata 93 minuti
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