Archeobotanica, nei semi recuperati da scavi archeologici la storia del melo

Applicando tecniche genomiche ai campioni archeologici, ovvero semi essiccati provenienti da scavi archeologici, sono state tratte informazioni per ricostruire il processo di domesticazione della mela dal suo precursore selvatico.

La ricerca, pubblicata su Trends in Plant Science, una delle più importanti e prestigiose riviste internazionali, conferma ancora una volta il ruolo di primaria rilevanza svolto da FEM nello studio del melo.

Cristiano Vernesi e Alice Fietta del Centro Ricerca e Innovazione FEM hanno fornito un contributo importante alla caratterizzazione genetica di semi antichi di epoca romana e medievale, provenienti da diversi siti europei, anche grazie ad un contributo di Cooperfidi.

Il melo è un albero iconico e, soprattutto, una della piante da frutto di maggiore importanza a livello mondiale. Al tempo stesso è una specie modello per studiare i processi evolutivi e le basi genomiche che sottostanno la domesticazione di coltivazioni che vengono poi propagate per via clonale. Attraverso la collaborazione di un gruppo internazionale (Francia, USA, Paesi Bassi, Germania, Belgio ed Italia) è stata redatta un’esaustiva ed aggiornata revisione critica degli studi che sono stati fin qui dedicati alla storia delle coltivazione del melo.

Mentre la genetica e la genomica di popolazione hanno permesso di svelare la storia complessiva della domesticazione, l’archeobotanica ha aiutato a documentare la transizione dalla raccolta ed uso della mela fino alle attuali pratiche di coltivazione.

Questo studio permette di prospettare come nuovi approcci quali l’impiego delle tecniche genomiche applicate ai campioni archeologici (semi essiccati provenienti da scavi archeologici) possano condurre alla conoscenza più dettagliati dei tratti coinvolti nella domesticazione. Questo avrebbe un grande potenziale in termini di incremento delle attuali tecniche di coltura.

 

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GardaPost