Trama: Biografia di una delle più vitali, celebri e chiacchierate scrittrici francesi, Gabrielle Sidonie Colette che, ragazza di campagna ma dalla solida istruzione, sposa giovanissima il giornalista e scrittore Henry Gauthier-Villars detto “Willy”, donnaiolo sanguigno e sbruffone, che la introduce nel bel mondo della decadente Parigi fin de siècle. Per far fronte ai problemi economici Willy pubblica a suo nome il primo, piccante, romanzo scritto da Colette, “Claudine a scuola”.
Mentre la necessità di esprimersi artisticamente di Colette aumenta ed il successo del suo personaggio fittizio cresce, il rapporto nella coppia si incrina, finché le esperienze, amorose ed artistiche, non emanciperanno del tutto l’esuberante scrittrice…
Critica: «Mi chiamo Claudine, abito a Montigny; ci sono nata nel 1884, probabilmente non ci morirò». Alcune partecipanti ad un provino teatrale per la parte di Claudine recitano il folgorante inizio del romanzo d’esordio di Colette, in una scena che crea un perfetto cortocircuito nella trama di finzione: Keira Knightley, che sullo schermo interpreta Colette, osserva le sue “sosia” che interpretano il personaggio di Claudine, alter-ego della scrittrice.
Tutti gli scrittori usano la propria vita per fare della letteratura e Colette seppe giocare al massimo grado con queste sovrapposizioni di reale e immaginario, trasformando, correggendo, ornando con il suo linguaggio succinto e musicale le vicende veramente accadute a lei stessa e alle persone che la circondavano, scandalizzando i benpensanti con la sua condotta anticonformista.
Ma quell’incipit letterario è anche premonitore del destino di questa ragazza ribelle, che amava i gatti, i boschi, la campagna (il film lo accenna con inquadrature brevi ed efficaci come lo stile letterario di Colette) e soprattutto la libertà, ma si ritrovò a Parigi, rinchiusa in casa dal marito che la obbligava a scrivere per “almeno quattro ore” al giorno (ma lei poi ci stava il doppio, in un rapporto di amore-odio con la scrittura) e si appropriava del merito dei suoi fenomenali romanzi, dal cui successo nacque uno dei primi fenomeni di moderno “merchandising”.
La sceneggiatura sceglie di mostrare solo una parte della sua vita straordinaria, concentrandosi sul suo percorso di emancipazione e crescita, da giovane sposa inesperta ed innamorata, dapprima un po’ grezza ma con le idee già chiare, a donna capace di affrancarsi dal dominio del marito e prendere la sua strada, non solo come scrittrice.
Willy, carnale e spaccone, che dirige la sua “azienda” di libri pruriginosi scritti da altri e firmati da lui, è interpretato in modo eccellente da Dominic West, in grado di esprimere i momenti di smarrimento un po’ piagnucolone di un uomo superficiale che, pur capace di intuizioni commerciali geniali (come il taglio di capelli “à la Claudine”, da lui suggerito ad una Colette un po’ restia a tagliare i lunghi capelli di cui andava fierissima e che diverrà una delle sue caratteristiche più imitate) era arido da un punto di vista artistico ed umano.
Keira Knightley appare invece a tratti un po’ intimorita dalla figura leggendaria di Colette, di cui non possiede la medesima carica sensuale (confrontate le foto della vera Colette, soprattutto quelle in costume di scena nel suo periodo da attrice) e ricorre spesso al suo già sperimentato sorriso “malizioso” in cui mostra i dentini aguzzi ed arriccia il naso, riscattandosi comunque con certi sguardi profondi con i quali riesce ad esprimere l’intelligente vivacità della scrittrice, nonché con la naturalezza con cui affronta le scene di effusioni saffiche.
In questo è aiutata sicuramente dalla sensibile interpretazione di Denise Gough, un’attrice che non annovera molte altre parti importanti nel suo curriculum ma che qui, impersonando “Missy”, l’aristocratica transgender che osava mostrarsi in pubblico in abiti maschili, dà prova di essere un’ottima interprete, capace di esprimere un coacervo di sentimenti col solo tremolio delle pupille o un incresparsi del sorriso.
Accuratissime le scenografie, il trucco e i costumi che aiutano i protagonisti a somigliare anche fisicamente ai personaggi reali, e raffinati sia la fotografia che l’accompagnamento sonoro in cui si riconoscono brani dei migliori compositori francesi dell’epoca, da Debussy a Satie.
“La mano che tiene la penna è quella che scrive la storia” si ripete per ben due volte, sottolineando quanto chi scrive abbia il potere e la responsabilità di far emergere, salvare e rendere immortali i ricordi e le esperienze, ma anche la possibilità di trasformarli per sempre, di modificare la realtà a proprio piacimento, di creare e tramandare leggende, nascondendo tra le righe messaggi ed indizi su di sé, proprio come faceva Colette, potere che è comune a chiunque narri una storia, anche sotto forma di film.
(Camilla Lavazza)
Regia: Wash Westmoreland
Soggetto: Richard Glatzer
Sceneggiatura: Wash Westmoreland, Richard Glatzer, Rebecca Lenkiewicz
Interpreti e personaggi
Keira Knightley: Gabrielle Sidonie Colette
Dominic West: Henry Gauthier-Villars “Willy”
Eleanor Tomlinson: Georgie Raoul-Duval
Aiysha Hart: Polaire
Fiona Shaw: Sido
Denise Gough: Mathilde de Morny “Missy”
Robert Pugh: Jules
Rebecca Root: Rachilde
Jake Graf: Gaston Arman de Caillavet
Julian Wadham : Ollendorff
Polina Litvak: Lily
Caroline Boulton: Flossy
Fotografia: Giles Nuttgens
Montaggio: Lucia Zucchetti
Musiche: Thomas Adès
Scenografia: Michael Carlin
Costumi: Andrea Flesch
Transgender consultant Kristiene Clarke
Produttori Elizabeth Karlsen, Stephen Woolley, Pamela Koffler, Christine Vachon, Michel Litvak, Gary Michael Walters
Produttori esecutivi Mary Burke, Svetlana Metkina, Norman Merry
Durata 111 min
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