A Desenzano tre sere col «Joker» di Joaquin Phoenix e Todd Phillips

DESENZANO – Venerdì 1, sabato 2 e domenica 3 novembre, ogni sera alle 21, in Castello a Desenzano si proietta il «Joker» di Joaquin Phoenix e Todd Phillips, melodramma raffinato, cupo e violento. Ce ne parla Camilla Lavazza.

“Ma riguarda solo me, o stanno tutti impazzendo?”—Arthur Fleck

Trama: Arthur Fleck è un uomo solo, depresso ed affetto da una sindrome rara che gli fa emettere una risata inquietante in situazioni di stress. Si guadagna da vivere facendo il clown per un’agenzia che affitta i suoi servizi ad attività commerciali e si prende cura dell’anziana madre malata. Si illude di essere un grande comico, destinato a rendere felici le persone, mentre lui stesso non ha mai provato la felicità. Di sopruso in sopruso, di delusione in delusione, la sua mente diventerà sempre più disturbata fino a trovare la liberazione nella violenza.

 

Critica: Joker è un film spiazzante, soprattutto per chi crede di andare a vedere semplicemente uno spin-off di Batman e si ritrova invece un melodramma assai amaro, raffinato nei particolari, estremamente cupo e violento, in cui il personaggio è tutta la trama, un personaggio che funziona anche se di Batman non si sa nulla, e dove l’interpretazione di Joaquin Phoenix è tutto il personaggio, tanto che, dopo averlo visto, non si potrebbe immaginare il film con un diverso interprete.

Fin dalla sua entrata in scena il regista Todd Phillips ce lo mostra celato dietro il trucco bianco da clown che evidenzia le rughe della pelle, le labbra allargate nell’eterno sorriso simile ad un ampio taglio sul volto, il nero intorno agli occhi sbavato dal pianto: è una maschera tragica. Ma quella maschera, per il povero Arthur Fleck (questo il nome del personaggio prima di assumere il nome di “Joker”) è l’unica fonte di sostentamento e ragione di vita, lui è convinto di essere un grande comico, venuto al mondo per portare felicità alle persone, come gli ripete la madre da cui ha ereditato la propensione all’illusione.

Lo vediamo trascinarsi in una Gotham City più degradata e sporca che mai, sommersa da immondizie tra cui si aggirano bande di balordi pronti ad attaccare vigliaccamente i deboli e gli indifesi come lui, un mondo parallelo ignoto ai ricchi e potenti che comandano la città, un mondo invisibile che attende solo di potersi immedesimare in un simbolo ed assumerne il volto, moltiplicandolo in migliaia di anonimi e violenti cloni.

La sua sofferenza psicologica non è placata né dai colloqui con l’assistente sociale né dai medicinali, e la sua mente fragile e traumatizzata si rifugia nella fantasia prima, nel delirio poi.

“La cosa peggiore nell’avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che ti comporti come se non ce l’hai”, scrive Arthur nel suo diario.

Todd Phillips è molto abile a costruire un crescendo di situazioni angoscianti e frustranti, portando il personaggio sempre più vicino al punto di rottura, tanto che quando, inevitabilmente, questo momento avviene, possiamo percepire il senso di intensa liberazione provato dal mite Arthur quando si trasforma nel folle Joker, senza che sia necessario immedesimarci, perché già sappiamo che Arthur era anche prima un malato mentale.

Forse non c’è nulla di più vendicativo di un artista mediocre che si crede un genio quando viene frustrato nelle sue aspettative, se poi si tratta di un comico che non fa ridere la sensazione di imbarazzo diviene insostenibile e l’amarezza che ne scaturisce è quanto di più penoso si possa concepire. A ciò si aggiunge la sindrome da cui è affetto: quella risata senza gioia che lo possiede nelle situazioni stressanti, fonte di malintesi con le persone che non comprendono il suo comportamento anomalo. La tensione nervosa prodotta in tal modo è veramente disturbante, mentre la deflagrazione viene rimandata il più possibile fino a divenire insostenibile.

Joaquin Phoenix è stupefacente nel vivere all’interno del suo personaggio, nel dargli letteralmente corpo, nel controllo eccezionale, da danzatore classico, dei movimenti che diventano disarticolati, nei tremori inconsulti degli arti, nel volto gommoso e sbilenco, nella risata che si confonde con il grido e con il pianto.

Quando tuttavia si trasforma nel Joker il suo passo si fa sicuro, i suoi movimenti diventano danza (in alcune scene sottolineata dal suono perturbante del violoncello), una danza inquietante, che cita i movimenti di Michael Jackson e le sue coreografie, associandolo così alla sua figura ambigua.

Significative del distacco dalla realtà di Arthur/Joker sono le scene in cui prepara le sue entrate sul palcoscenico: egli cura nei minimi dettagli l’ingresso e non si preoccupa invece di provare il numero propriamente comico, dovendosi così affidare al suo scalcagnato quaderno di appunti (possiamo apprezzare la cura posta nel riprodurre la calligrafia irregolare di un malato mentale poiché le scritte sono state riprodotte nella nostra lingua per la versione italiana del film).

Un film che sicuramente ha fatto e farà discutere ma che sicuramente va visto senza preconcetti e che, nascosto sotto il travestimento del fumetto, nasconde molteplici letture, interrogativi e spunti di riflessione. Come ha confessato il regista: «uno stratagemma per far passare al grande pubblico un “vero film” facendolo sembrare un film su una storia dei fumetti». Direi che ci è riuscito.

Camilla Lavazza

 

JOKER

Regia Todd Phillips

Sceneggiatura Todd Phillips, Scott Silver

Interpreti e personaggi:

Joaquin Phoenix: Arthur Fleck / Joker

Robert De Niro : Murray Franklin

Zazie Beetz : Sophie Dumond

Frances Conroy : Penny Fleck

Brett Cullen: Thomas Wayne

Glenn Fleshler: Randall

Bill Camp: ispettore Garrity

Shea Whigham: ispettore Burke

Fotografia Lawrence Sher

Montaggio Jeff Groth

Scenografia Mark Friedberg

Costumi Mark Bridges

Musica Hildur Guðnadóttir

Suono Alan Robert Murray, Tom Ozanich

Effetti visivi Doug Facciponti, Jeff Brink

Produzione Joint Effort (Todd Phillips, Bradley Cooper, Emma Tillinger)

Durata 122 min

Vietato ai minori di 14.

 

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