Brexit e paesi emergenti le sfide per il vigneto veneto, prima regione esportatrice d’Italia
VENETO - L’assessore regionale all’agricoltura Giuseppe Pan: “Dopo anni di costante crescita in termini di riconversione, qualità e produttività, ora è giunta la stagione di investire sul riposizionamento nei mercati internazionali, vecchi e nuovi. Due sfide attendono consorzi e cantine del Veneto, prima regione d’Italia esportatrice di vini: la Brexit e la conquista di nuovi mercati nei nuovi paesi emergenti”.
La vendemmia 2019, con 13,5 milioni di quintali di uva raccolta e lavorata inferiori solo all’annata eccezionale 2018 quando furono vinificati oltre 16 milioni di quintali di uve, conferma il trend di costante aumento della produzione del settore vitivinicolo veneto.
“Con 14 Docg, 29 Doc e 10 Igt il Veneto è la regione con il maggior numero di ‘etichette d’origine’, a riprova dei grandi investimenti in qualità e tipicità effettuati dai nostri viticoltori”, ha messo in luce Pan. “E l’orientamento delle politiche regionali è volto stabilmente a sostenere un settore che rappresenta la locomotiva dell’agroalimentare regionale e che, con 2,2 miliardi di euro di export, vale da solo un terzo del totale nazionale”.
Solo nell’ultima annualità 2019 la Regione Veneto – ha ricordato Pan – ha sostenuto il settore vitivinicolo con oltre 46,5 milioni di contributi, suddivisi tra aiuti per la “Ristrutturazione e riconversione dei vigneti” (circa 13,5 milioni di euro), sostegno agli investimenti materiali ed immateriali sia di aziende agricole che di aziende di trasformazione e commercializzazione (oltre 22 milioni di euro) e in aiuti alla promozione sui mercati dei Paesi terzi volti a sostenere i vini veneti al di fuori dell’Unione europea (oltre 11 milioni di euro).
Complessivamente il settore vitivinicolo veneto ha beneficiato negli ultimi 12 anni di quasi 600 milioni di euro di risorse pubbliche, tra fondi del Piano nazionale di sostegno e risorse del Programma di sviluppo rurale.
“Si tratta di un investimento ingente, volto a premiare la qualità – ha sottolineato Pan – dettato dal valore strategico del settore, che rappresenta il nostro biglietto da visita nel mondo non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale e paesaggistico, nonchè dalle sue ottime performances nella gestione degli investimenti, che registrano percentuali infinitesimali di decadenza nelle domande di aiuti pubblici”.
“Ora è giunto il momento di avviare, insieme a produttori e all’intera filiera vitivinicola, una riflessine a 360° su come orientare al meglio le politiche future dei sostegni pubblici e la leva degli investimenti privati: le maggiori DOC del Veneto, dal sistema Prosecco a quello della Valpolicella alla nuova doc interregionale del Pinot Grigio, hanno deciso, dopo anni di crescita, di bloccare l’aumento delle superfici per salvaguardare il legame vincente tra vino e contesto geografico e prevenire altalene congiunturali. Una scelta, questa, di gestione attenta del marchio e del potenziale produttivo che suggerisce di puntare di più e meglio al posizionamento sui mercati, alla promozione di filiere e ‘sistemi del vino’, alla presenza nei nuovi paesi emergenti, anche per diversificare il rischio rispetto alle incertezze create dalla Brexit (il Regno Unito vale il 20 per cento del nostro export) e dalla minaccia dei dazi statunitensi” .
Tra le strategie di investimento futuro necessarie anche per far breccia in nuovi mercati, Pan ha messo al primo posto l’attenzione la riconversione ambientale: i nuovi mercati e le nuove generazioni di consumatori sono sempre più sensibili alla sostenibilità ambientale e su questo dobbiamo tutti investire, in termini di progetti di ricerca, di collaborazioni con istituti scientifici e tecnici, di sperimentazioni culturali, come le superfici vitate a biologico, i filari in quota e i vitigni resistenti”.
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