Ieri sera, giovedì 13, in Consiglio comunale la mozione per la revoca della cittadinanza al duce. Il documento è stato bocciato a maggioranza (ne abbiamo dato notizia qui).
Questo il documento diffuso dalla maggioranza del sindaco Giampiero Cipani, letto dal capogruppo Gualtiero Comini, a motivazione del diniego alla revoca.
«La cittadinanza onoraria a Benito Mussolini fu concessa nel 1924. In quegli anni, e successivamente, molti Comuni concessero al capo del Governo questo riconoscimento, tra i tanti anche quello del capoluogo Brescia. Non ci risulta che Brescia abbia revocato questo conferimento e, anche se diversamente da ciò che è avvenuto, l’avesse fatto, a distanza di 100 anni, Noi non riteniamo di farlo.
Quale sarebbe di fatto l’utilità di un provvedimento di questo genere; quale beneficio, oggi a distanza di 100 anni, ne trarrebbe la Comunità salodiana?
Dopo la caduta del Fascismo sui banchi dove state ora accomodati, sulla stessa poltrona su cui oggi sediamo noi, si sono seduti uomini che di “antifascismo” e “lotta partigiana” potevano sicuramente fregiarsi di sapere tanto, tanto più di Voi, e di Noi, avendo fatto parte personalmente di quella lotta, avendoci messo la faccia e, avendo spesso, rischiato la vita per gli ideali in cui credevano.
Eppure queste persone non si posero, allora, il problema della Cittadinanza onoraria concessi pochi anni prima al loro acerrimo nemico: avrebbero potuto revocagliela con un gesto di grande valore simbolico come dite Voi in quel frangente storico in cui loro stavano costruendo una cittadinanza alternativa a quella fascista, una Comunità liberale e democratica.
Eppure non lo fecero e noi crediamo che non lo abbiano fatto perché la società che volevano costruire in alternativa a quella fascista, i politici salodiani di allora ritennero, intelligentemente, che fosse realizzabile (e di fatto così fu realizzata) senza mortificare coloro che avevano, sbagliando, creduto nel diverso progetto del loro capo Benito Mussolini.
Fu, quella degli amministratori salodiani post-fascisti, una scelta politicamente corretta che evitò di inasprire gli animi e di creare ulteriori conflittualità e, soprattutto, fu una scelta coraggiosa che certificò la loro volontà di voler costruire una nuova società non semplicemente contro ma per.
Per affermare i valori di libertà e democrazia che li avevano ispirati e che li avevano consacrati liberatori e vincitori.
Una scelta, quella degli Amministratori che si sono susseguiti dopo la Liberazione, che si ispira filosoficamente al motto gandiano: “Finché ci sarà un vinto e un vincitore la guerra non sarà finita”
L’unico modo, secondo Noi, per debellare l’ideologia sbagliata del Fascismo e dimostrare con i fatti che la nostra idea di Stato, liberale e democratico, è quella giusta.
Per farlo bisogna lavorare seriamente, ascoltare pazientemente anche chi non la pensa come Noi e convincerlo con le opere e l’esempio della bontà delle nostre idee.
Mortificare l’avversario vinto, infierire su di Lui, non lo elimina, ma lo rigenera.
Oggi, a distanza di 100 anni da quando fu concessa la Cittadinanza onoraria a Benito Mussolini si chiede a questa amministrazione di revocarla.
Non lo vogliamo fare perché siamo convinti che ciò serve solo a rimestare sentimenti di odio e rivalsa nocivi alla pacifica convivenza civile della nostra Comunità. Solo un amministratore pubblico preoccupato non tanto del bene pubblico ma soltanto ed esclusivamente del rischio di perdere qualche consenso, voterebbe a favore di questa mozione.
Noi siamo qui, come quelli che ci hanno preceduto, per lavorare per la nostra Comunità, per tentare di migliorarla affidandoci ai principi liberali e democratici che da sempre hanno ispirato la nostra azione politica.
Per questo motivo, perché la riteniamo strumentale e anacronistica, Noi votiamo contro questa mozione e ce ne assumiamo serenamente ogni responsabilità.
D’altronde, se questa è la motivazione politica che ci ha convinto a non prendere in considerazione questa mozione ed a respingerla, non si può sottacere di altre ragioni di natura tecnico-amministrativa che ci inducono a dubitare che l’atto di revoca di questo “provvedimento” sia legittimo o quantomeno opportuno.
In effetti il 23 gennaio 1924, il Governo di Mussolini sciolse il Consiglio Comunale salodiano, nominando in sua vece una Commissione straordinaria presieduta dal sig. Salvatore Punzo che conferì a Benito Mussolini la Cittadinanza onoraria.
La Cittadinanza si caratterizzò giuridicamente come una sorta di auto conferimento, certamente non si trattò di un atto amministrativo deliberato dal Consiglio comunale liberamente eletto dai Salodiani.
Si trattò, di fatto, di un premio deciso autonomamente da una Commissione governativa nominata dallo stesso premiando. Stando così le cose, ci si deve seriamente domandare se questo riconoscimento non debba essere revocato dal Governo stesso, attraverso provvedimenti prefettizi ad hoc.
Il rischio, peraltro, – e da qui deriva anche l’inopportunità – è che deliberando la revoca si finisca per dare a questo “riconoscimento” una rilevanza che, di fatto, per le ragioni di cui sopra non sembra rivestire.
D’altra parte, proprio seguendo questo ragionamento, l’assemblea comunale di Ravenna in data 20 marzo 2014 ebbe a deliberare voto contrario alla mozione che chiedeva la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini.
In quell’occasione il Sindaco Fabrizio Matteucci, figlio di partigiani, lo spiegò così: “Abbiamo ritenuto che cancellare quell’errore storico non fosse giusto. E che dovesse restare: è un’occasione di riflessione sul perché il fascismo non deve tornare mai”. Meglio chiarire subito che siamo a Ravenna, città romagnola decorata con la medaglia d’oro nella lotta antifascista.
Ma è, soprattutto sulla legittimità di questa deliberazione che nascono molti dubbi se è vero come è vero che è stato ribadito in più occasioni che qualsivoglia onorificenza pubblica non può essere revocata post-mortem.
Il precedente più eclatante il tal senso è quello della mancata revoca dell’onorificenza di Cavaliere di gran Croce d’Ordine al merito della Repubblica Italiana concessa al Maresciallo Tito, responsabile della terribile vicenda delle foibe.
Alla richiesta del Sindaco di Calalzo e degli esuli dell’associazione Venezia Giulia e Dalmazia di cancellare l’onorificenza concessa al Maresciallo Tito perché ritenuto “indegno”, il Prefetto di Belluno ebbe a rispondere, con lettera ufficiale del 16 aprile 2013, che: “Non è ipotizzabile alcun provvedimento di revoca essendo il medesimo deceduto. Questo, perché, essendo deceduta la persona oggetto del conferimento, non è stato possibile instaurare un contraddittorio. La norma prevede – prosegue il Prefetto a nome del Governo – che la persona oggetto dell’eventuale revoca debba essere preventivamente informata, onde poter presentare una memoria scritta a propria difesa”. E poi aggiunge: “La possibilità di poter revocare l’onorificenza pertanto presuppone l’esistenza in vita dell’insignito”.
Anche il comune di Varese, nel 2013, votò contro la revoca della Cittadinanza onoraria a B. Mussolini con le seguenti motivazioni illustrate dall’allora Sindaco Attilio Fontana che preferì non partecipare al voto, uscendo dall’aula: “Mi sembra una strumentalizzazione che non ha motivo di esistere. La proposta di per se è inammissibile, perché non si può ritirare la cittadinanza a chi già non è più cittadino perché defunto. Il giudizio storico sulla figura di Mussolini e stato già espresso dalla storia e da tutti noi. I miei valori democratici sono visibili dai miei comportamenti, non da una votazione che non aveva senso di esistere. Anzi, credo che sia più importante discutere del nostro bilancio consuntivo”. E poi dichiarò: “Varese non è orgogliosa di questa cittadinanza, anzi, nessuno ne aveva memoria. Si è voluti andare a disseppellire un evento passato per una squallida strumentalizzazione”.
Ma c’è infine, un altro motivo che ha determinato la scelta di questa maggioranza di votare contro la mozione in oggetto: non si vuole ripristinare un istituto che nel diritto romano veniva definito “damnatio memoriae” ed era la condanna più severa da affliggersi a chi aveva amministrato la “res pubblica”.
La damnatio memoriae comprendeva il fatto che ogni statua, monumento o documento che si richiamava al condannato dovesse essere distrutto. Per cancellare la memoria. Parlando di Mussolini verrebbe la tentazione di applicare la condanna. Ma la “damnatio memoriae” ha un difetto: oggi, di molti di quei personaggi che ne furono colpiti, non sappiamo nemmeno cosa avessero fatto per meritare quella punizione, abbiamo quasi sempre stralci o quadri parziali. Insomma, se la cittadinanza venisse revocata oggi, 90 anni dopo, non avrebbe senso e rischierebbe di fare dimenticare gli errori del Ventennio fascista. La storia invece è memoria e non può essere cancellata.
Per tutti questi motivi l’attuale maggioranza che governa questa Città respinge la mozione proposta dal gruppo Consiliare Salò Futura».