Trama: Duval è un meticoloso contabile rimasto senza lavoro. Il gruppo di alcolisti anonimi che frequenta per passati problemi con l’alcool lo affianca come supporto della giovane Sara appena arrivata. Nel frattempo viene contattato dal misterioso Sig. Clément che gli offre un lavoro apparentemente semplice ma molto ben remunerato: dovrà trascrivere a macchina delle bobine magnetiche in cui sono registrare intercettazioni telefoniche.
Da quel momento, suo malgrado, diventerà parte di un gioco pericoloso…
Critica: Nella scena di apertura de La meccanica della ombre vediamo il solerte contabile Duval che, abbandonato da tutti i colleghi in ufficio con una scadenza per il giorno dopo, cerca disperatamente di terminare da solo il lavoro. La macchina da presa inquadra quello che vedono gli addetti delle pulizie arrivando la mattina seguente: da una parte un caos di pratiche sparse a terra, dall’altra la fila perfetta di faldoni riordinati da questo impiegato modello che, tuttavia, ritroviamo dopo due anni disoccupato ed in cerca di lavoro.
I thriller spionistici sono un po’ come quelle pratiche, prima confondono le tracce e poi le rimettono in ordine, per darci infine la soluzione; così anche questo film, opera prima del regista belga Thomas Kruithof, segue le regole del genere, tra servizi deviati e poteri occulti, con diretti riferimenti alla politica francese, e maneggia bene il materiale a disposizione per condurci ad un finale che non delude.
Grande cura nei dettagli della scenografia, dagli ambienti geometricamente grandiosi ma vuoti del quartiere della Défense, all’appartamento spoglio (un classico dei film si spionaggio) in cui Duval deve svolgere il suo lavoro seguendo una serie di rigidissime regole, alla sua casa di uomo solo, di cui viene inquadrata (in controluce e sempre incorniciata dalla porta) quasi solo la cucina, anch’essa nuda, dove il protagonista ricostruisce come passatempo un puzzle.
Le scene sono immerse perlopiù in colori spenti, gli abiti degli uomini sono di un anonimo grigio, gli sfondi neutri.
L’unica nota di colore è la ragazza a cui Duval deve fare da mentore, Sara, ombrosa ma bisognosa d’affetto, la cui parte, anche se marginale, è interpretata impeccabilmente da Alba Rorhwarcher.
François Cluzet impersona con maestria il classico “uomo qualunque” catapultato al centro di un intrigo, e lo fa gestendo le emozioni con misura, trattenendole senza soffocarle completamente. La sceneggiatura lo aiuta, puntando più sull’intrigo che non su inseguimenti o scene d’azione in cui sarebbe stato poco credibile.
Duval è il candidato ideale per un lavoro che richiede estrema fiducia, è senza amici, rinchiuso nel rigido autocontrollo che si è imposto per non ricadere nel vizio dell’alcool, è l’uomo perfetto per mantenere dei segreti.
Un ulteriore elemento di fascino nella trama è il ripudio, per questioni di sicurezza, di ogni tecnologia digitale: ecco quindi la macchina da scrivere e il mangianastri con le cassettine, i messaggi sui fogli di carta, bandito il cellulare.
Non si può svelare di più ma, come si può intuire, Duval sbobinando i nastri, verrà a conoscenza di gravissimi intrighi politici e sperimenterà che, dopo aver accettato un incarico del genere, è davvero molto difficile uscirne.
Ottima tutta la scelta del cast con bravissimi caratteristi del cinema francese, da Denis Podalydes, della Comédie française, che interpreta lo spietato Sig. Clément, a Simon Abkarian (Gerfaut), che ha proprio il physique du rôle della spia senza scrupoli, a Sami Bouajila (Labarthe) comandante dei servizi, elegante, gelido e calcolatore.
Una sceneggiatura ben calibrata e tesa che ci regala soprattutto il personaggio di un uomo comune, in cui possiamo identificarci, capace in una situazione estrema di dimostrare la sua forza di carattere.
Camilla Lavazza
Titolo originale: La mecanique de l’ombre
Regia Thomas Kruithof
Sceneggiatura Yann Gozlan e Thomas Kruithof
Interpreti e personaggi
François Cluzet: Duval
Alba Rohrwacher: Sara
Denis Podalydes: Clément
Sami Bouajila: Labarthe
Simon Abkarian: Gerfaut
Daniel Hanssens: Albert
Bruno Georis: braccio destro di Labarthe
Fotografia Alex Lamarque
Montaggio Jean-Baptiste Beudoin
Produzione: 2425 Films, Scope Pictures, Radio Télévision Belge Francophone
Durata 93 minuti