#iorestoacasa. Martedì in tv c’è “La legge del mercato”
I cinema sono chiusi. Allora Camilla Lavazza ci consiglia cosa guardare in tv. Martedì 5 maggio, su Rai 5 alle 21.15 c'è «La legge del mercato», tagliente ritratto del mondo del lavoro contemporaneo. Palma d'oro a Cannes per Vincent Lindon.
Trama: Thierry è alla ricerca da diversi mesi di un lavoro, è già passato per stage inutili e colloqui umilianti, ha un figlio disabile a cui vorrebbe garantire un futuro ed un mutuo da pagare.
Accetta quindi un impiego come sorvegliante in un grande magazzino ma dovrà ad un certo punto decidere cosa è disposto a fare per mantenere il posto di lavoro.
Critica: In un mondo in cui ci è stato ripetuto fino allo sfinimento che senza lavoro non c’è dignità, La legge del mercato si interroga sulla dignità del lavoro e su cosa si può essere disposti ad accettare per conservare o ottenere il posto.
Come Ken Loach ( si pensi al recente Sorry We missed you) anche Stéphane Brizé mette in scena la vita di una famiglia come tante, gravata da preoccupazioni finanziarie ma solida e unita, che cerca di combattere da sola contro un sistema dai meccanismi grotteschi, provando a cavarsela in modo onesto. Anche la disabilità del figlio di Thierry è mostrata evitando toni melodrammatici e luoghi comuni, il ragazzo è intelligente e spiritoso e si capisce la preoccupazione dei genitori perché gli si possa assicurare un futuro.
L’inizio è brusco e veniamo catapultati immediatamente nel mezzo di un surreale colloquio tra un Consulente del centro impiego e il povero Thierry, disoccupato di mezza età, reduce dall’ennesimo stage che non gli servirà mai a nulla (sicuramente molti si riconosceranno in questa situazione), e memorabile è poco più avanti il colloquio conoscitivo via Skype, in cui il protagonista ci viene mostrato ripreso di lato, mentre risponde rassegnato alla voce proveniente dallo schermo, a noi non visibile, del computer, simbolo della spersonalizzazione umiliante dei rapporti.
Il regista usa molto la camera a mano con lunghi piani sequenza, con uno stile quasi documentaristico, accentuato dallo stile asciutto della fotografia e da un montaggio essenziale, portandoci in mezzo ai personaggi, quasi spalla a spalla, mentre la musica irrompe esclusivamente nei rari momenti di svago di Thierry con la famiglia o nella scena della festa di pensionamento della collega, lasciando invece che siano i soli rumori d’ambiente, i silenzi o i brusii di sottofondo del centro commerciale, ad accompagnare le scene sul luogo di lavoro, quasi che la musica distingua le situazioni in cui siamo veri esseri umani da quelle in cui il lavoro ci trasforma in silenziosi automi.
Vincent Lindon, che per questa interpretazione ha vinto, meritatamente, sia una Palma d’Oro a Cannes che un César, entra completamente nella pelle e nella gestualità di questo uomo mite e sensibile ma non ancora del tutto schiacciato, che vorrebbe solo trovare un lavoro onesto per sostenere la famiglia e si trova invece a servire un sistema che punisce allo stesso modo il giovane ladro arrogante ed il povero anziano che si è messo in tasca del cibo perché ha fame, operando una livellazione ingiusta tra i due comportamenti, dettata da regole meccaniche e disumane. Spesso vediamo il malcapitato Thierry con lo sguardo chino di chi fa uno sforzo per sottomettersi pur sapendo che ciò che sta facendo non gli piace e non è giusto.
Tutti gli altri interpreti sono stati scelti tra attori non professionisti che portano sullo schermo i loro gesti quotidiani ed il protagonista è veramente molto bravo ad interagire con loro spontaneamente, facendoci dimenticare l’attore Vincent Lindon per essere completamente il personaggio Thierry.
È una continua guerra tra poveri, come si vede anche nella sequenza della trattativa per la vendita dalla casa mobile e, naturalmente, nelle scene degli interrogatori nello stanzino. Questi interrogatori ci vengono mostrati dal punto di vista dei sorveglianti, con il sospettato posto frontalmente davanti alla cinepresa; Thierry si limita, come noi spettatori, ad assistervi quasi in silenzio, di lato, ma è proprio questo suo dover rimanere al suo posto, seppur defilato, che mette ancor più in risalto la spietatezza del sistema in cui i sorveglianti sono giudici e giustizieri.
A ben vedere, anche i rappresentanti del potere, come il direttore del centro commerciale o l’impiegata di banca, sono solo meccanismi di un ingranaggio più ampio; tutti si comportano seguendo le regole e con professionale correttezza, ma la scusa di fare solo il proprio dovere non è una valida scusante davanti alla mancanza totale di sensibilità e di umana pietà.
La legge del mercato ci ricorda che nascondersi dietro il proprio ruolo non ci esime dal trattare con sensibilità il nostro prossimo e che senza umanità e rispetto non può esserci dignità nel lavoro.
(Camilla Lavazza)
Titolo originale La loi du marché.
Anno 2015
Regia Stéphane Brizé
Sceneggiatura Stéphane Brizé e Olivier Gorce
Interpreti e personaggi
Vincent Lindon: Thierry Taugourdeau
Yves Ory: Consulente del centro per l’impiego
Karine De Mirbeck: Moglie di Thierry
Matthieu Schaller: Figlio di Thierry
Xavier Mathieu: Collega sindacalista
Noël Mairot: Maestro di danza
Catherine Saint-Bonnet: Bancaria
Fotografia Eric Dumont
Montaggio Anne Klotz
Scenografia Valérie Saradjian
Durata 92 minuti
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