Covid, viaggio in terapia intensiva nell’ospedale in Fiera a Milano
MILANO - Come è fatta una terapia intensiva? Un viaggio in quella dell’Ospedale in Fiera accompagnati dal direttore Nino Stocchetti e dal responsabile del Modulo del Policlinico Ca’ Granda, Nicola Bottino. L’ha compiuto "Lombardia Notizie".
Obiettivo: raccontare ai cittadini il grande lavoro svolto con professionalità e dedizione all’interno dell’hub milanese e mostrarne le prime immagini in esclusiva.
“Di fronte a una calamità, la strategia vincente è quella di prepararsi in anticipo: questo è il concetto che ha portato alla costruzione rapidissima dei posti letti in Fiera” afferma Stocchetti. “La nostra capacità attuale è di una sessantina di posti letto. Entro la fine della settimana prossima, dovremmo avere tra i 70 e gli 80 pazienti a regime. Questo lo interpreto come un segnale di efficienza dell’Ospedale in Fiera, ma anche come un segnale di bisogno crescente di ricovero dei malati”.
Bottino: Degenze lunghe all’Ospedale in Fiera. Pronti a gestire la seconda ondata
“Una degenza lunga quella dei pazienti in terapia intensiva – spiega Nicola Bottino a Lombardia Notizie – due o tre settimane sono quasi sempre necessarie. In alcune situazioni le cose si prolungano addirittura ulteriormente”.
“Noi – aggiunge Bottino – abbiamo curato il primo paziente trapiantato di polmone, insieme ai colleghi del San Raffaele, ottenendo un bel risultato, ma adesso ci attende purtroppo la seconda ondata e dobbiamo rimboccarci di nuovo le maniche”.
Annalisa Malara: dal ‘Paziente 1’ all’Ospedale in Fiera per restituire l’aiuto ricevuto
Restituire l’aiuto preziosissimo e vitale ricevuto a marzo e aprile, quando il Lodigiano è stato il primo territorio colpito dal Covid, è il motivo che ha spinto Annalisa Malara, il medico anestesista che ‘scoprì’ il ‘paziente 1’ Mattia Maestri, a spostarsi all’Ospedale della Fiera.
“In quel momento non saremmo riusciti con le nostre forze a curare tutte quelle persone che arrivavano a ondate in Pronto Soccorso – ha raccontato Malara a Davide Bertani che ha raccolto la sua testimonianza per Lombardia Notizie. “Sono felice di essere qui. E’ un modo bellissimo di condividere la nostra esperienza clinica con i colleghi e rendere così l’aiuto che abbiamo ricevuto nella prima fase” .
“Abbiamo avuto la possibilità, su base volontaria – aggiunge la dottoressa – di venire a dare una mano in Fiera a Milano per restituire l’aiuto preziosissimo e vitale che abbiamo ricevuto a marzo e aprile. Ho trovato colleghi ben disposti e sono felicissima di essere qui”. Ricordando la sera de ricovero di Mattia, aggiungo: “Mi piace ricordare quella sera come un esempio di lavoro fatto con la testa e con il cuore. Abbiamo cercato, con la mia equipe, di offrire le migliori chance diagnostico-terapeutiche possibili, per questo motivo non mi sono sentita di escludere a priori la possibilità che si trattasse di Coronavirus, andando oltre le conoscenze dell’epoca e i protocolli in vigore e chiedendo comunque questo tampone che, in quel momento non era visto come necessario perché non era un paziente considerato a rischio. Cercando però di trattarlo al meglio, avendo come obiettivo primario la centralità del malato, non ho potuto esimermi dall’effettuare anche questa indagine che poi si è rivelata purtroppo positiva e ha dato inizio a quella che ormai conosciamo come una delle più grandi crisi sanitarie degli ultimi 100 anni”.
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