Vittoriale, scalo tecnico per lo SVA del volo su Vienna
GARDONE RIVIERA - Lo Sva 10 del volo su Vienna è atterrato. Il biplano, di norma sospeso sotto la cupola dell’auditorium del Vittoriale, in volo perenne sopra la testa dei visitatori, è stato calato al suolo per essere ripulito, sottoposto a piccole riparazioni e alle periodiche operazioni di conservazione.
Lo annuncia il presidente della Fondazione dannunziana, Giordano Bruno Guerri: «Il Vittoriale è chiuso, ma non inerte. Ai quattro cantieri aperti – Piazzetta Dalmata, Esedra, Casseretto, Villa Mirabella – si è aggiunto il restauro dello SVA».
Lo SVA è l’aereo biposto col quale Gabriele d’Annunzio, il 9 agosto 1918, compì il clamoroso volo su Vienna, capitale nemica, per lanciare non bombe ma migliaia di manifestini tricolori con una provocatoria esortazione alla resa e a porre fine alle belligeranze.
«Lo SVA è un cimelio fragilissimo – dice Guerri -, lo era già quando volava, e periodicamente ha bisogno di un restauro». Per darne corso sono state rimosse tutte le poltrone dell’autitorium per consentire di adagiare a terra l’aereo ed affidarlo alle cure di restauratori specializzati.
Il volo su Vienna
All’alba del 9 agosto 1918 dal campo di San Pelagio, presso Padova, si alzarono undici apparecchi: uno, pilotato da Natale Palli, era stato modificato per accogliere il poeta – che aveva con sé trecentonovantamila volantini – in un volo difficilissimo, senza protezione dal freddo dell’altitudine, senza strumenti di navigazione, senza appoggi a terra, con poco carburante per tornare.
D’Annunzio portava un anello con del veleno, nel caso fosse stato catturato: oggi è esposto al Vittoriale.
Il testo in italiano preparato da d’Annunzio per i volantini da lanciare su Vienna recitava: «In questo mattino d’agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l’anno della nostra piena potenza, l’ala tricolore vi apparisce all’improvviso come indizio del destino che si volge. Il destino si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. È passata per sempre l’ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta.
La vostra ora è passata. Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina e predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebbrezza che moltiplica l’impeto. Ma, se l’impeto non bastasse, basterebbe il numero; e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno. L’Atlantico è una via che già si chiude; ed è una via eroica, come dimostrano i nuovissimi inseguitori che hanno colorato l’Ourcq di sangue tedesco.
Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell’arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremmo osare e fare quando vorremo, nell’ora che sceglieremo.
Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino.
Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi. Viva l’Italia!».
Tuttavia il testo di d’Annunzio (stampato su 40mila volantini) venne giudicato mancante di efficacia, nonché impossibile da rendere correttamente in tedesco. Furono perciò lanciate anche 350.000 copie di un secondo, più pratico quanto efficace, manifestino scritto da Ugo Oietti e tradotto in tedesco:
«VIENNESI! Imparate a conoscere gli italiani.
Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà.
Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne.
Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d’odio e d’illusioni.
VIENNESI! Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l’uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s’è volto contro di voi.
Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane dell’Ucraina: si muore aspettandola.
POPOLO DI VIENNA, pensa ai tuoi casi. Svegliati!
VIVA LA LIBERTÀ!
VIVA L’ITALIA!
VIVA L’INTESA!»
Non ci furono vittime, anche se solo sette degli aerei arrivarono a danzare sopra il cielo di Vienna. Tra questi c’era anche il velivolo (la parola è una sua invenzione) del poeta, che sganciò i testi, scritti in italiano e tedesco.
Il messaggio del Vate recitava: “In questo mattino d’agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l’anno della nostra piena potenza, l’ala tricolore vi apparisce all’improvviso come indizio del destino che si volge. (…) Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell’arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell’ora che sceglieremo.”
Era stata un’incursione irrilevante dal punto di vista militare ma, al pari delle altre azioni dimostrative dannunziane, anche questa ebbe conseguenze morali enormi, per la sua audacia gentile da cavaliere d’altre epoche.
D’Annunzio finì sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo, da quelli austriaci (l’“Arbeiter Zeitung” si chiedeva “Dove sono i nostri d’Annunzio?”) a quelli d’oltremanica. Il “Times”, di solito assai moderato, in un articolo dal titolo “Un nuovo Ruggiero” scrisse: “Ciò che Ariosto cantò, d’Annunzio l’ha realizzato.”
Inventore di una tattica di guerra psicologica tuttora usata, dopo la fine della guerra compì l’Impresa di Fiume, conquistando la città all’Italia come un condottiero rinascimentale, ma senza sparare un colpo.
Poi si ritirò al Vittoriale, dove il regime fascista volle concedergli in dono, oltre al MAS della Beffa di Buccari e la Nave Puglia, anche l’aereo SVA del Volo su Vienne, che oggi domina l’Auditorium.
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