L’incredibile storia del marchese Nicolò degli Albizzi
LAGO DI GARDA - Domenica 3 alle 11 il Nucleo sommozzatori dei Volontari del Garda sarà ospite della Fondazione Cominelli per una chiacchierata che, partendo da un relitto misterioso, rivelerà una storia incredibile che ha per protagonista il Marchese Nicolò degli Albizzi.
Il racconto della sua vita avventurosa e ricca di storia sarà ricostruito e commentato da alcuni di responsabili del Nucleo Sommozzatori dei Volontari del Garda. Da non perdere!
Il tutto sarà visibile sulle piattaforme online della Fondazione Cominelli:
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Chi era Nicolò degli Albizzi?
Nicolò degli Albizzi, classe 1891. “Nato con il fucile”, dicevano di lui i suoi colleghi ufficiali.
Il suo luogo di nascita non è chiaro. Era figlio di un nobile fiorentino, addetto d’ambasciata e di una nobildonna russa. Gli Alpini lo chiamavano il “Tenente russo”. Infatti conosceva alla perfezione la lingua della madre. Prima della guerra era stato un giovanissimo ufficiale di Cavalleria dell’esercito zarista. Poi, grazie al suo spirito intraprendere e libero, aveva fatto un po’ tutti i mestieri. Lavorò persino come acrobata in un circo.
Aitante (aveva un fisico “scolpito” e possente), sempre molto allegro (aveva una voce sonora e ilare), rotto ad ogni fatica e disagio, atleta, schermidore, tiratore, pugile, istruttore di sci, eccelleva in ognuna di queste discipline.
Prima della guerra faceva parte del 3° reggimento “Savoia Cavalleria”. Scoppiato il conflitto, sotto sua pressante richiesta, fu assegnato nell’estate del 1916 al battaglione “Monte Mandrone”, del 5° Reggimento Alpini. D’animo semplice, generosissimo, grande amico di tutti. Era idolatrato dai colleghi e amato dai soldati.
Era piuttosto “eccentrico”. Il suo abbigliamento era molto estroso: un giorno era elegantissimo, nell’uniforme della Cavalleria, con gambali e speroni; un altro, scamiciato, le maniche rimboccate, la camicia sbottonata e aperta fino alla cintura sul petto nudo. Sempre molto abbronzato, si faceva impunemente lunghi, vigorosi massaggi con la neve anche sul viso.
Portava il cappello alpino ma con il fregio della Cavalleria, una cosa inaudita per l’epoca! All’aperto chiamava l’attendente sparando un colpo di pistola in aria. Sempre con la pistola, si accendeva la sigaretta con la fiammata dello sparo.
Conoscendo alla perfezione la lingua russa, fu utilizzato come interprete quando i prigionieri di guerra russi riuscivano a scappare dalle linee austriache (spesso sotto le sue stesse indicazioni gridate in un megafono). Le loro informazioni erano molto utili per conoscere i dettagli delle disposizioni difensive del nemico.
Gli austriaci utilizzavano i prigionieri di guerra russi per lavori e trasporti anche in prima linea, nonostante fosse vietato dalle convenzioni internazionali. Numerosi sono gli episodi nei quali il degli Albizzi fu uno spassoso protagonista.
Famoso quello della teleferica che dal Passo Garibaldi arrivava all’omonimo rifugio.
Un giorno, alla stazione a monte della teleferica, vide il carrello in partenza (completamente carico) che stava partendo. Volendo a tutti i costi non perdere il “viaggio”, si lanciò sul carrello in movimento, e riuscì ad afferrarlo. Rimase per tutto il tragitto a “penzoloni”, con sotto parecchie decine di metri di “salto”. Quando gli uomini della stazione a valle lo videro arrivare (pensavano naturalmente che l’ufficiale fosse caduto dal carrello durante il tragitto e non che ci si fosse deliberatamente aggrappato!) si allarmarono subito. Lui, invece, si sciolse i muscoli, si dondoló per coordinarsi, e un secondo prima che il carrello andasse a “sbattere” contro l’intelaiatura della stazione di arrivo, mollò la presa e si posò dolcemente sulla punta dei piedi sul pavimento di legno. Degli Albizzi riuscì a restare serio per qualche secondo, ma le facce stralunate degli addetti alla teleferica erano troppo divertenti per resistere! Dopo pochi secondi scoppiò in una lunga irresistibile risata, seguito dai soldati che ormai lo avevano ben riconosciuto.
Nicolò degli Albizzi partecipò, come protagonista assoluto, a numerosi combattimenti. I più importanti furono: le due battaglie per la conquista del Corno di Cavento ( 3402m ) e la “Battaglia Bianca del Presena”.
Dopo la guerra ebbe una vita avventurosa e travagliata. Il Marchese Nicolò degli Albizzi (il titolo nobiliare gli fu attribuito dal Re nel dopoguerra) finì, molto anziano, sul lago di Garda, ospite nell’Isola Borghese dei nobili parenti Borghese – Cavazza.
Il combattente più originale e prestigioso dell’Adamello morì nel 1975, a ottantaquattro anni. Riposa nel piccolo cimitero di San Felice del Benaco (info tratte dalla pagina Facebook Grande Guerra).
In gioventù, sulle acque del Garda, il marchese Nicolò degli Albizzi fu protagonista di una vicenda tragica. Ce ne diranno di più i sub dei Volontari del Garda.
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