Si tratta di manovre periodiche obbligatorie , indispensabili per verificare che tutto funzioni a dovere in caso di emergenza. Coma accadde a fine ottobre 2018, quando la tempesta Vaia e un’ondata di maltempo flagellarono il nord Italia. Allora, in 16 ore di apertura, si scaricarono nel lago la bellezza di 17 milioni di metri cubi d’acqua di fiume e l’apertura del tunnel salvò Verona dalle esondazioni dell’Adige.
La Comunità del Garda, tramite il segretario generale Lucio Ceresa, fa sapere: «Vigileremo perché tale manovra, peraltro prevista dai disciplinari, duri il minor tempo possibile e la misura dello scarico sia il minimo indispensabile».
L’idea della galleria tra l’Adige e il Garda affonda le radici nel ‘700. Durante il 1800 l’Impero austroungarico interviene sul corso del fiume Adige e sui suoi affluenti, in particolare togliendo sei grosse anse nella Vallagarina, facendo così in modo di far smaltire più velocemente le eventuali piene ed evitando di costruire ponti.
E’ attorno agli anni ’20 del 900 che ci si rese conto che questa aumentata velocità poteva creare grossi problemi a Verona ed alle località della provincia di Rovigo toccate dall’Adige. Si cominciò quindi a pensare di alleggerire la portata del fiume deviandone una parte nel lago di Garda.
Le località prescelte furono due e cioè la stretta di Ceraino, che dista dal Garda solo 8 chilometri con un dislivello di appena 30 metri e Ravazzone di Mori, che dista quasi 10 chilometri con un dislivello di 100 metri.
Proprio questo dato del dislivello fece pendere la scelta su Mori e finalmente nel 1939 iniziarono i lavori, che però furono sospesi nel 1943 durante la seconda guerra mondiale. I lavori ripresero nel 1954 e si conclusero nel 1959.
La portata massima è di 500 metri cubi al secondo e fu raggiunta nel 1966 quando vennero scaricati ben 64 milioni di metri cubi nel Garda con un innalzamento del livello del lago di 17 centimetri. Nel 2000 le competenze della galleria passarono dallo Stato alla Provincia di Trento.