Le zone umide, che siano permanenti o temporanee, con acqua stagnante o corrente, rappresentano ecosistemi importantissimi e custodiscono habitat fondamentali per tantissime specie di pesci, anfibi e uccelli acquatici, molti dei quali si fermano in questi spazi durante le migrazioni stagionali.
Consumate dalla pressione antropica e dal riscaldamento globale nel giro di pochi anni rischiano di scomparire per sempre. Anche le poche, comprese le rive occupate dal canneto, rimaste in tutta l’area del basso lago di Garda. Al loro posto si sviluppano coltivi, camminamenti, piste ciclabili, plateatici e quant’altro.
Le associazioni ambientaliste Gruppo d’Intervento Giuridico, La Roverella, LAC Brescia, Legambiente circolo di Brescia e Garda, LIPU Brescia e WWF Bergamo e Brescia lanciano l’allarme: il Benaco sta progressivamente perdendo una delle sue caratteristiche più preziose. Questi habitat svolgono una importante funzione di depurazione naturale delle acque, catturano sostanze tossiche e rappresentano un’area di incubazione/nursery per numerose specie ittiche e di invertebrati arrivando a ospitare fino al 90% dell’intera biodiversità del lago.
A parole tutti vogliono salvaguardare questo preziosa risorsa, in pratica negli ultimi decenni nessuno ha mosso un dito per tentare di invertire questa tendenza negativa, anzi.
Già l’anno scorso, in primavera, con un intervento autorizzato dal Comune di Moniga è stata in parte spianata la zona umida delle Balosse compromettendo l’ecosistema e la sopravvivenza di numerose specie di uccelli e anfibi.
Quest’anno, sempre in questo delicato periodo, quello della riproduzione di moltissime specie faunistiche vertebrate e invertebrate, si è assistito a pesanti interventi di manutenzione e al taglio raso del canneto in località Brema, a Sirmione, nonostante fosse documentata la presenza di nidi con anatidi in cova.
Infine, un altro scempio si è materializzato pochi giorni fa con la grave compromissione dell’ecosistema di elevato valore rappresentato dalla zona umida “Büs de la Paül”, posta al centro della Riserva Naturale Orientata della Rocca, del sasso e parco lacuale nel comune di Manerba sul Garda. E’ stato causato da pesanti interventi di presunta manutenzione, neanche si trattasse di un prato inglese, attuati con l’ausilio di mezzi meccanici che hanno comportato l’asportazione di tutto il canneto e l’eliminazione di tutte le erbe e gli arbusti spontanei che circondavano il laghetto.
I pesanti interventi in questa area protetta gestita dal Comune di Manerba non risultano essere stati presentati per un parere al Comitato Tecnico Scientifico, e sono stati eseguiti tra l’altro a primavera iniziata, creando non pochi disturbi e danni a diverse specie di animali vertebrati e invertebrati in fase di riproduzione. Infatti i canneti, le erbe e gli arbusti delle sponde e le acque, in questo periodo sono densamente popolate e offrono rifugio e foraggiamento a varie specie di pesci, anfibi, insetti e di avifauna (fauna e microfauna protetta dalla LR 10/2008 e dalla L.157/1992). Il valore naturalistico di questo habitat, è testimoniato dall’attuazione negli anni passati di un progetto eseguito dall’Ersaf Lombardia con l’ampliamento dello stagno preesistente e la riqualificazione della vegetazione, per incrementare la varietà faunistica dell’area. Inoltre, negli anni 2013-2014, tutta la Riserva è stata oggetto di un progetto di censimento delle specie di uccelli e mammiferi presenti attuato anche con una campagna di inanellamento a scopo scientifico al fine di dare indicazioni gestionali che evidentemente non sono state prese minimamente in considerazione.
A questo danno recente si sommano altri interventi avvenuti negli scorsi anni, quali il pesante taglio del bosco nella zona denominata “La Canal”, nonché l’organizzazione di eventi sportivi, a nostro avviso estremante impattanti, come la gara internazionale di mountain-bike avvenuta nel 2018. Gruppo d’Intervento Giuridico, La Roverella, LAC Brescia, Legambiente circolo di Brescia e Garda, LIPU Brescia e WWF Bergamo e Brescia da tempo ritengono che non si tenga realmente in considerazione il fatto che la Rocca di Manerba sia appunto una Riserva naturale, istituita per salvaguardare la natura, la fauna e il territorio. Ed è lo stesso Ente che dovrebbe gestirla a non prendersene cura. Non ci sono controlli sull’elevata pressione antropica creata dal flusso di visitatori, e a parere delle associazioni scriventi non è mai stata attuata una gestione adeguata, a partire da regolari riunioni di un Comitato Tecnico Scientifico, come previsto dalla Legge Regionale.
Occorre dunque che la Regione Lombardia prenda immediatamente atto di questa situazione e adotti provvedimenti urgenti, avocando a sé le competenze gestionali relative a questa area naturale protetta.
Il nostro futuro e il benessere del Pianeta dipendono dalla capacità di proteggere la natura: le strategie fin qui messe in atto per frenare la perita di biodiversità sono ancora del tutto insufficienti.