Tigre dell’Amur, solo 500 esemplari. L’appello del Parco Natura Viva
BUSSOLENGO - In occasione della Giornata Mondiale della Tigre, il Parco Natura Viva fa il punto su una delle sottospecie più a rischio, rimasta a sopravvivere nell'estremo oriente russo con 500 esemplari. E' la tigre dell'Amur - o siberiana - e il Parco Natura Viva è l'unica struttura ad aver salutato la nascita di tre cuccioli, evento che non si verificava in Italia da 17 anni.
È la più grande delle nove sottospecie di tigre (di cui 3 già dichiarate estinte) e sopravvive con 500 – 550 esemplari nell’Estremo Oriente Russo, ai confini che toccano la Mongolia, la Cina, la Corea e il Mar del Giappone.
Considerata “minacciata” di estinzione dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, la tigre siberiana – o dell’Amur – sopravviverà se lo faranno anche le foreste boreali di conifere al di sotto del circolo polare artico in cui vive: solo nel 2020, secondo Global Forest Watch la Russia ha perso 5,44 milioni di ettari di copertura forestale a fronte dei 3,69 del 2019. Si tratta di ecosistemi che negli ultimi 20 anni (2001 – 2020) hanno perso il 9% dell’estensione totale e se i dati si proiettano in avanti, il futuro non è certo incoraggiante.
Per questo, dal Parco Natura Viva di Bussolengo parte l’appello: “Cerchiamo la certificazione di tracciabilità nei nostri acquisti quotidiani: che si tratti di carta, mobili o manufatti derivati dal legno, le nostre scelte possono determinare il futuro delle tigri dell’Amur”.
A parlare è Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva, la struttura che lo scorso anno ha dato i natali ai tre tigrotti siberiani Krai, Alina e Zov, in una nascita che non avveniva in Italia da 17 anni. Ora hanno compiuto 13 mesi di vita, vivono con la loro mamma (ancora l’oggetto preferito dei loro giochi quotidiani) e fanno parte del Programma per le Specie Minacciate (EEP) dell’Associazione Europea Zoo e Acquari (EAZA). Il loro ruolo? Mantenere alto il patrimonio genetico che in natura rischiamo di perdere.
“Tra le cause maggiori di scomparsa delle foreste russe – soprattutto nella zona dell’Amur – c’è sicuramente il traffico illegale di legname. I dati parlano di tassi che in quella regione nel 2013 hanno superato l’80% delle quote di mercato, togliendo cibo e riparo non solo alle tigri dell’Amur, ma a tutta la fauna selvatica che dipende da uno dei biomi più importanti della Terra. Tuttavia proprio in quell’anno, la Russia ha messo a punto un programma che non solo ha inasprito le pene per i criminali, ma ha previsto anche un sistema di etichettatura, tracciabilità e monitoraggio del legname esportato”, prosegue Avesani Zaborra.
“Un ruolo importante lo svolge il Forest Sterwardship Council (FSC), che ha permesso di delimitare foreste ad alto valore per la conservazione, riuscendo ad escludere in modo permanente più di 125mila ettari dal disboscamento e dalla costruzione di strade”.
Gli stakeholder sono aumentati negli anni e oggi, i contratti di locazione che impiegano legname certificato coprono circa 4 milioni di ettari. Nel frattempo, i tre fratelli e mamma Luva continuano i loro affari quotidiani, in attesa di prendere nuove strade per offrire una speranza concreta alla propria specie.
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