L’ottimo articolo sul Garda Post di Paolo Pileri, ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano (lo puoi leggere qui), illustra e chiarisce in maniera rigorosa e qualificata l’assurdità del progetto della ciclovia della regione autonoma Trentina e della parte già realizzata nel 2018 a Limone del Garda. Propone, inoltre, una riflessione sulla «sostenibilità», termine molto alla moda che, tuttavia, penso si sia specializzato nel «sostenere» solamente chi trae beneficio dagli usi impropri del territorio e nel coprire le varie forme di devastazione ambientale.
Abbiamo ancora di fronte ai nostri occhi la fallimentare costruzione della diga di Ponte Cola, opera che doveva essere il «simbolo della modernità» e «rappresentare il futuro». Gli effetti «collaterali» del tunnel nella montagna hanno modificato l’infrastruttura idraulica dei luoghi, prosciugando alcuni torrenti di montagna e provocando un danno ecologico permanente e incalcolabile. L’attuale classe politica, ha il coraggio di proporre un’ennesima ferita al cuore del Parco, con una galleria che dovrebbe collegare Valvestino-Trentino. Ignorando il crollo dell’equilibrio demografico nei paesi di montagna che fanno da cornice alle acque del Garda, i nostri rappresentanti non hanno timore a «sostenere» entusiasticamente la «fesseria» dei benefici che dovrebbero cadere a “cascata” sugli abitanti di Valvestino e di Magasa, miracolati dall’incremento turistico e quindi, automaticamente, da un maggior benessere.
Le esperienze del passato dovrebbero allertarci sulla reale eventualità che i 32 milioni di euro e più (il costo preventivato della galleria) possano andare ad ingrassare studi professionali e a mantenere incollati i politici alla poltrona, ignorando chi invece cerca di lavorare seriamente e conservare il territorio. Basterebbe un terzo del costo spropositato delle ciclabili o delle gallerie previste per finanziare altri progetti che, invece, potrebbero valorizzare e promuovere l’unicità del nostro ambiente.
Ritorno a sottolineare, a tale proposito, l’importanza, in termini non solo simbolici, della biodiversità forgiata dalla natura in migliaia di anni che vive nel profondità del Garda: il carpione. La sua profondità ecologica, culturale e storica è ben rappresentata sul fregio di un capitello del chiostro francescano del convento di Gargnano che risale al tredicesimo secolo. In esso, uno dei due carpioni scolpiti porta la corona regale a significare, sia il suo status di re dei pesci del Garda, sia l’antico rispetto per questo straordinario salmonide. È anche un monito che congiunge, negativamente, la decadenza di questo pesce con la nostra, entrambe causate dall’egoismo, dall’ignoranza, dal disinteresse e dall’avidità di chi ha trasformato la natura in una merce che possa soddisfare i propri interessi di bottega.
L’appello dell’ex sindaco di Padenghe, Patrizia Avanzini, sempre su questo giornale (lo poi leggere qui, ndr), per una regia unica sul turismo è sicuramente significativo: «Grazie al Pnnr mai visti così tanti soldi, sarebbe una tragedia non cogliere questa opportunità… Sono decenni che sento dire che occorre fare rete e trovo assolutamente antitetico al concetto di marketing territoriale il fatto che la Valtenesi, terra che conosco molto bene, sia per origini che per vissuto, abbia sette assessorati al turismo, sette proloco, sette programmi delle manifestazioni, sette diverse imposte di soggiorno, sette strumenti urbanistici che non si parlano… ».
Difficile non concordare con l’enfasi sull’inizio di una nuova epoca e la sollecitazione ad essere protagonisti del nostro futuro. Altrettanto impossibile sarebbe non condividere l’invito ad elaborare una visione strategica del turismo, spina dorsale della nostra economia, secondo modalità alternative a iniziative finalizzate alla spartizione del “malloppo” e alle competizioni distruttive fra interessi locali. Basti pensare al parco dell’alto Garda Bresciano, considerato come un ostacolo e un vincolo al “libero” sfruttamento dell’ambiente.
Il territorio del Garda se “pensato” come valore prioritario, bene comune e come risorsa per il futuro, ha tutte le potenzialità per innescare un cambiamento radicale nelle politiche di sviluppo. La parola “sostenibilità”, se volessimo ancora attribuirle un significato, dovrebbe prioritariamente definire una cultura della qualità e della tutela ambientale che si può realizzare solo favorendo il rispetto delle forme di vita che qualificano e valorizzano le risorse specifiche di un territorio.
Puntare su strategie quantitative di marketing che mirino semplicemente a incentivare un turismo di massa senza pensare a contromisure che limitino gli “effetti collaterali” e i danni, significa promuovere visioni lontane anni luce da un serio approccio scientifico. Sarebbe auspicabile che le politiche partissero da un’analisi delle direzioni, sempre più attente alla qualità, in cui il turismo sembra avviato. Dovrebbero considerare sia l’andamento demografico e le curve di invecchiamento e quindi prestare attenzione alla salute e al benessere fisico: sia l’accelerazione delle informazioni imposte dalle tecnologie digitali che richiedono trasparenza, qualità e autenticità dei prodotti, tutela ambientale e cultura.
Se non si riesce a colmare la distanza tra una realtà che viaggia molto velocemente e la vanità di progetti politici incapaci di dare risposte adeguate e pianificate scientificamente, non è difficile intravedere quali saranno le conseguenze: si rischia di perdere non solo le opportunità del Pnnr, ma anche il valore, la credibilità e la capacità delle istituzioni di fornire risposte adeguate».
Fiorenzo Andreoli