L’immagine è poetica, ma allo stesso tempo vera e concreta. Ancora una volta a portare ricchezza e unicità al territorio trentino sono le montagne. Le forti escursioni termiche tra giorno e notte garantite dalle sontuose catene montuose rappresentano un fattore importante per il successo delle bollicine: le varietà climatiche e le diverse altitudini – come noto – arricchiscono il vino rendendolo multiforme.
L’altitudine e la montagna, di fronte ai cambiamenti climatici in corso, rappresentano per Trentodoc una grande risorsa: il 70% del territorio trentino è posto sopra i 1.000 metri s.l.m., il 20% sopra i 2.000 e sono 94 le vette che superano i 3.000 metri. Con questi numeri, i territori dedicati alla vigna, che in alcuni casi sorgono a 900 metri di quota, sono fazzoletti di terra in montagna dove la proprietà media è molto frammentata e il costo dei campi elevato. Questa posizione territoriale di favore permetterà di alzare al bisogno, a livello di altitudine, la coltivazione dei vigneti, conservando la qualità del prodotto finale.
Trentodoc è stato il primo “metodo classico” a ottenere la DOC in Italia nel 1993, fra i primi al mondo. A testimonianza di una scelta d’eccellenza. impegnativa, con grappoli coltivati e curati oggi fino a 900 metri sul livello del mare che beneficiano della presenza del lago di Garda che sprigiona un vento che da Sud tutti i giorni soffia verso Nord.
Oggi sono 64 le case spumantistiche associate che producono con il marchio Trentodoc e che sottoscrivono il disciplinare di produzione, il quale garantisce rigidi canoni e controlli lungo tutta la filiera. La denominazione di origine controllata “Trento” è riservata a bollicine realizzate a partire da uve di provenienza esclusivamente trentina, principalmente Chardonnay e Pinot nero ma anche Pinot bianco e Meunier, ottenute con il metodo della rifermentazione in bottiglia e un prolungato contatto con i lieviti, allungandolo di molto, a esclusivo vantaggio della qualità finale di ogni singola bottiglia.
Come da disciplinare, la zona delimitata per la produzione del vino D.O.C. “Trento” comprende 74 comuni viticoli della provincia di Trento, ubicati in Valle dell’Adige, in Val di Cembra, in Vallagarina, nella Valle del Sarca, in Valsugana e nelle Valli Giudicarie. La zona in questione è considerata interamente montana con limitate superfici pianeggianti nel fondovalle.
Lo studio della Fondazione Mach ha analizzato circa 43 Trentodoc provenienti da tutto il Trentino ed è emerso che se un metodo classico contiene un numero consistente di specifici composti volatili generati grazie alle escursioni termiche tipiche degli ambienti montani (e non ai valori riferiti alla rifermentazione che, invece, sono stati riscontrati per altri metodi classici italiani), significa che quel vino non può essere altro che un Trentodoc. Grazie a questa ricerca è stato dimostrato che la montagna influenza le uve su tutto l’ambiente trentino e non solo a elevate altitudini. Questo progetto certifica e rafforza in modo indiscutibile l’origine e l’identità di Trentodoc, permettendo di definirlo in modo inequivocabile come “bollicine di montagna”.
Chardonnay e Pinot nero sono i protagonisti della produzione. Lo Chardonnay conferisce a Trentodoc longevità e carica aromatica. Il Pinot nero, un vitigno antico che richiede una coltura molto attenta, dona eleganza, struttura e corposità. Il Pinot bianco arricchisce il bouquet fruttato di Trentodoc. Il Meunier è, invece, utilizzato più di rado ma è apprezzato per la capacità di adattamento alle più disparate condizioni climatiche e bilancia le note acide. Il grado di acidità, infatti, è fattore di primaria importanza che rivela la qualità dell’uva destinata a diventare metodo classico. Per preservare al meglio gli acini, i grappoli vengono raccolti a mano con estrema cura, adagiati in cassette di piccole dimensioni e portati in cantina per l’immediata lavorazione. Uno degli elementi distintivi di Trentodoc è il suo metodo di produzione (chiamato comunemente “classico” o noto anche come “champenoise”), basato sulla rifermentazione in bottiglia, ovvero un prolungato riposo su lieviti selezionati. Al vino, detto “base” (dove è avvenuta la prima fermentazione che trasforma l’uva in vino), si aggiungono zuccheri e selezionate miscele di lieviti affinché possa iniziare la seconda fermentazione in bottiglia. Una volta imbottigliato (con tappo a corona), il vino inizia il periodo di maturazione che può variare da un minimo di 15 mesi per il Senza Annata a un minimo di 24 mesi per il Millesimato, fino a un minimo di 36 mesi per la Riserva. Va sottolineato che tutte le case spumantistiche trentine prolungano di parecchio rispetto al disciplinare il tempo di riposo sui lieviti, anche fino a dieci anni, a tutto vantaggio del prodotto finale. Ciò è possibile in quanto le uve presentano spiccata acidità, grazie alle escursioni termiche cui sono sottoposte, rappresentando la migliore garanzia per la capacità di evoluzione e resistenza del vino nel tempo.
Durante i mesi di maturazione e riposo avviene la presa di spuma, grazie alla quale si sviluppa il fine perlage di Trentodoc. Le bottiglie vengono disposte a testa in giù su appositi cavalletti, chiamati “pupitres” (tipici supporti in legno della tradizione spumantistica francese), dove avviene la periodica rotazione (remuage) per muoverne delicatamente il contenuto con un progressivo cambiamento d’inclinazione. Rotazione dopo rotazione, i lieviti esausti si depositano delicatamente nel collo della bottiglia: a questo punto vanno rimossi con la sboccatura, che può avere luogo manualmente al volo (à la volée) o meccanicamente congelando il collo (à la glace) e facendo saltare il tappo. Il vino fuoriuscito viene sostituito con un mix segreto a base di “vino di pregio e zucchero”: è la “liqueur d’expédition”, miscela segreta che corrisponde al personalissimo tocco dell’enologo e che contraddistingue i tratti di ciascuna etichetta.
Trentodoc può essere Bianco o Rosato nelle versioni Senza Annata, Millesimato e Riserva, e viene classificato anche in base al dosaggio:
Pas Dosé (o non dosato o dosaggio zero): fino a 3 grammi di residuo zuccherino per litro, senza aggiunta di zuccheri dopo la rifermentazione in bottiglia
Extra Brut: la quantità zuccherina finale è compresa tra 0 e 6 grammi per litro
Brut: tra i 6 e i 12 grammi di residuo zuccherino per litro
Extra Dry: da 12 a 17 grammi di residuo zuccherino per litro
Dry, Sec: da 17 a 32 grammi di residuo zuccherino per litro
Demi Sec: fra i 32 e i 50 grammi di residuo zuccherino per litro.