«Questa mattina – fa sapere in un comunicato la Guardia di Finanza – il Servizio Centrale d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata e il G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Brescia della Guardia di Finanza unitamente al Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri stanno eseguendo una ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal tribunale di Brescia, su richiesta della Procura Distrettuale della Repubblica, a carico di 13 soggetti indagati a vario titolo per i delitti, tra gli altri, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose e associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e in materia di lavoro.
Inoltre, è stata data esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie dell’importo di oltre 4 milioni di euro, quale profitto dei predetti delitti in materia di imposte sui redditi ed Iva.
Contestualmente, i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia, stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 66 soggetti (47 in carcere, 16 agli arresti domiciliari e 2 sottoposti all’obbligo di dimora), ritenuti responsabili – in particolare – di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni, usura e danneggiamenti aggravati dalle finalità mafiose, riciclaggio e autoriciclaggio, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria calabrese ha determinato, inoltre, il sequestro preventivo di una ditta attiva nel settore dello sfruttamento delle risorse boschive, utilizzata per agevolare le attività criminali della cosca, il cui valore complessivo è stato stimato in 700.000,00 euro.
Le indagini costituiscono esempio di grande collaborazione e coordinamento delle Direzioni Distrettuali Antimafia di Reggio Calabria e di Brescia coordinate dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, che hanno consentito alle due Procure, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, di verificare, allo stato degli atti e fatte salve le future valutazioni di merito, i nuovi equilibri della cosca Bellocco e le proiezioni di questa cosca di ‘ndrangheta nel Nord Italia, principalmente legate all’infiltrazione dell’economia legale.
In particolare, con riferimento alle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, le risultanze investigative sono partite da un’articolata attività investigativa condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri, sviluppata dal 2018, che sulla scia di quanto già accertato nell’indagine ‘Nduja del 2005 – ha confermato l’operatività di una articolazione della cosca “Bellocco” di Rosarno (RC) nelle province di Brescia e Bergamo, delineandone assetti organizzativi, collegamenti con le omologhe strutture presenti in Calabria e attività delittuose principalmente legate all’infiltrazione dell’economia legale.
Le attività investigative hanno permesso di individuare nella figura di Umberto Bellocco, classe 83, già condannato in via definitiva nel 2009 per associazione mafiosa nell’ambito della citata indagine ‘Nduja e nipote dell’omonimo storico capo della cosca rosarnese deceduto nel 2022, l’elemento di vertice della proiezione operante in Lombardia il quale – benché detenuto – avrebbe continuato a dirigere le attività illecite della consorteria veicolando direttive ai propri familiari, concorrenti nei reati.
Sono stati pure individuati i terminali calabresi (stanziali a Rosarno) della struttura criminale lombarda i quali concorrevano nella gestione delle molteplici attività economiche di interesse del sodalizio realizzate prevalentemente tramite un imprenditore, operante tra Brescia e Bergamo nei settori edile e immobiliare. Questo, si ritiene che abbia fornito un fattivo contributo per la vita dell’associazione, anche mediante la commissione di delitti tributari e di somministrazione fraudolenta di manodopera, attuati attraverso un articolato circuito di società cartiere deputate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti compiutamente ricostruito dalla Guardia di Finanza, i cui accertamenti hanno consentito, inoltre, l’aggressione patrimoniale dei profitti illeciti degli ipotizzati reati fiscali.
L’indagine, nel documentare nuovamente l’esistenza di proiezioni della ‘ndrangheta in regioni diverse dalla Calabria, consente di confermare l’esistenza di un fenomeno di colonizzazione dovuto al trasferimento di affiliati calabresi in altri territori precedentemente immuni da tali manifestazioni criminali, soprattutto in quei territori caratterizzati da un maggiore sviluppo economico e da un più ampio grado di ricchezza generale. Le suddette ramificazioni, presenti in Italia ma anche all’estero, seppur dotate di una certa autonomia operativa, sarebbero legate alla ‘ndrangheta dei territori calabresi di origine a cui risponderebbero del loro operato e da cui dipenderebbero sotto un profilo regolamentare ed organizzativo.
Le attività di polizia giudiziaria sono state estese – col supporto dei Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza – nelle province di Brescia, Bergamo, Como, Varese, Monza Brianza, Roma, Chieti, Reggio Calabria e Siracusa, ove sono in corso numerose perquisizioni attuate anche mediante l’ausilio delle unità cinofile specializzate nella ricerca e nel sequestro di valuta (“cash dog”) della Guardia di Finanza.
I provvedimenti adottati nei confronti dei soggetti coinvolti – conclude il comunicato della Guardia di Finanza – sono stati assunti sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase di indagine preliminare, pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di innocenza».
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