Il giovane rapace di circa un anno, recuperato agonizzante dalla Polizia Provinciale (ne avevamo scritto qui), è deceduto ieri mattina, domenica, al Centro recupero animali selvatici di Valpredina, a Bergamo, dove era giunto in gravi condizioni, debilitato e denutrito, nel pomeriggio di venerdì.
Nonostante le cure immediate, il rapace non è sopravvissuto al saturnismo, ormai una minaccia per i rapaci che si nutrono di carcasse e volatili feriti da munizioni in piombo.
Il saturnismo è una piaga che colpisce moltissime specie di rapaci e animali spazzini e che sta facendo una vera strage sulle Alpi, e non solo. Si tratta di avvelenamento da piombo, quello contenuto in animali abbattuti e non recuperati dal cacciatore, perché fuggiti e morti altrove, o nelle carcasse che vengono lasciate sul luogo dell’abbattimento dopo aver eviscerato la preda.
Le conferme ufficiali su cause e patologie arriveranno nelle prossime ore, con i risultati delle analisi di laboratorio sui campioni di sangue prelevato dal rapace. L’aquilotto potrebbe aver ingerito esche avvelenate lasciate sul terreno per le volpi o aver ghermito un volatile affetto da influenza aviaria ed aver contratto lui stesso il virus, ma i sintomi mostrati dall’animale fanno propendere i veterinari che lo hanno preso in cura verso il saturnismo come causa principale.
Sulle Alpi ogni dieci aquile recuperate, sette sono intossicate da saturnismo. Uno studio del Parco Nazionale dello Stelvio attuato in collaborazione con l’Ispra e vari enti regionali ha evidenziato come nel 44% delle carcasse di aquila reale e avvoltoi analizzate sono stati evidenziati valori cronici di piombo superiori al normale e livelli da avvelenamento clinico nel 26% dei casi.
Il piombo è un metallo tossico per inalazione, contatto e ingestione. Ed è altamente pericoloso anche per la salute umana: proprio per questo è stato rimosso da una ampia gamma di settori produttivi, ma è ancora molto utilizzato nelle munizioni per la caccia agli animali selvatici. E causa una vera e propria strage. Tanto che le associazioni animaliste si sono mobilitate per chiederne la messa al bando.
L’alto Garda perde così una gemma del suo tesoro faunistico.