Emergenza siccità: il Governo inverta la rotta
L’appello di Federparchi, Legambiente, WWF Italia e altre associazioni ambientaliste: "La crisi climatica e la siccità vanno affrontate subito e in maniera realmente efficace. Non servono slogan e soluzioni estemporanee ma interventi integrati che vadano oltre l’emergenza mettendo in campo una politica idrica che favorisca l’adattamento ai cambiamenti climatici.”
Questo l’appello che le associazioni CIPRA Italia, CIRF, Deafal, Dislivelli, Federazione Nazionale Pro Natura, Federparchi, Free Rivers Italia, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness e WWF Italia lanciano oggi. Serve un’azione politica che vada oltre l’emergenza con la messa in atto di efficaci “piani ordinari”.
«La grave crisi idrica in corso – scrivono le associazioni – è senza dubbio da inquadrare nella epocale crisi climatica ed ecologica in atto e come tale va approcciata in modo strutturale, affrontando le cause e non correndo dietro ai sintomi: bisogna dunque evitare risposte emergenziali e analizzare il problema con competenza, per individuare soluzioni realmente efficaci e durature.
L’attuale azione di Governo – come dimostrato anche dal DL Siccità appena approvato – basata esclusivamente su interventi infrastrutturali, su un’estensione dell’approccio commissariale e su un’ulteriore artificializzazione di un reticolo idrico già prossimo al collasso, appare assolutamente inadeguata. Le associazioni puntano su un approccio integrato e su una forte diversificazione delle azioni, ricorrendo ove possibile a soluzioni basate sulla natura che sono multiobiettivo e spesso più economiche e di maggiore impatto per andare oltre l’emergenza.
La prima azione necessaria è ricostituire una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale, attualmente marginalizzate, per costruire protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di conoscere il sistema delle disponibilità, dei consumi reali, della domanda potenziale e definire degli aggiornati bilanci idrici. Disseminare il territorio di nuovi invasi non è la risposta. Nessuna opposizione “ideologica”, ma sono una soluzione che ha molte controindicazioni per cui è semplicemente scriteriato affidarsi esclusivamente ad essi, soprattutto se non si tratta più dei “laghetti” collinari di piccole dimensioni richiesti da alcune associazioni di categoria bensì di vere e proprie dighe, oggetto di vecchi progetti che vengono recuperati e spacciati per misure miracolose ogni qual volta c’è odore di nuovi finanziamenti.
Viceversa, occorre mettere in campo una strategia nazionale integrata e a livello di bacini idrografici, allargando e ampliando il ventaglio delle soluzioni tecniche praticabili attraverso la realizzazione di nuove e moderne pratiche e misure per ridurre la domanda di acqua ed evitarne gli sprechi. Con esse si comprende il risparmio negli usi civili attraverso la riduzione delle perdite e dei consumi ma soprattutto negli usi agricoli anche attraverso una intelligente rimodulazione degli strumenti di programmazione regionali della nuova PAC, per renderli capaci di orientare le scelte degli agricoltori verso colture e sistemi agroalimentari meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti.
“I cambiamenti climatici- dichiarano le associazioni – ci impongono poi di rivedere le strategie sul fronte dell’offerta andando oltre una visione novecentesca e meccanicistica del Capitale Naturale per arrivare a riconoscere l’importanza e l’utilità della funzionalità degli ecosistemi a partire da una maggiore attenzione alle falde. Infatti, il luogo migliore dove stoccare l’acqua è la falda, ogni qual volta ce n’è una. Tuttavia, l’ostacolo principale all’infiltrazione delle piogge nel suolo è dato da quel poderoso e capillare insieme di interventi umani messi in atto da secoli, esasperati nei decenni scorsi e tuttora imperanti anche culturalmente, tanto da essere considerati simboli di civiltà e progresso. Per questo è fondamentale ripristinare tutte quelle pratiche che permettano di trattenere il più possibile l’acqua sul territorio e favorire azioni di ripristino della funzionalità ecologica del territorio e ripristino dei servizi ecosistemici. Al contempo occorre promuovere il riuso in ambito irriguo delle acque reflue”.
Non servono quindi “Piani straordinari” concepiti sull’onda emotiva dell’emergenza: le procedure straordinarie devono essere limitate alle decisioni per affrontare l’emergenza (dare priorità agli usi civili indispensabili e alla tutela ambientale, quali colture salvare, fino a che punto e con che criteri indennizzare chi subisce danni dalla siccità), ma assolutamente non sono lo strumento per prendere decisioni riguardanti le politiche infrastrutturali e di lungo periodo; abbiamo bisogno di una pianificazione “ordinaria” che favorisca l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Analogamente risulta inutile perché inefficace, potenzialmente dannoso e sinceramente preoccupante l’approccio centralizzato e impositivo del DL Siccità che intende “superare il dissenso” e ricorrere a poteri sostitutivi – come previsto dall’art. 2 -per intervenire d’urgenza superando le eventuali perplessità degli enti territoriali interessati, di cui invece occorre utilizzare le competenze specifiche per giungere in maniera concertata a definire soluzioni efficaci per superare problematiche locali.
È inoltre necessario prevedere dotazioni finanziarie adeguate e schemi virtuosi di attivazione di risorse private per la realizzazione delle misure previste dalla Pianificazione ordinaria, che ancora fatica a trovare attuazione.
Di seguito le azioni chiave per una politica idrica che favorisca l’adattamento ai cambiamenti climatici:
1. Il MASE, di concerto con il MASAF e con il supporto di ISPRA, ISTAT, IRSA-CNR e le altre istituzioni tecnico-scientifiche in grado di contribuire, istituisca protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di conoscere e rendere disponibile ai cittadini stime affidabili delle disponibilità di risorse idriche, dei consumi reali e della domanda potenziale.
2. Definire e adottare per ogni bacino idrografico Piani di bilancio idrico con misure di gestione delle siccità che devono essere inserite nella pianificazione territoriale e tenute in considerazione nel rinnovo delle concessioni idriche, in modo da superare definitivamente l’attuale approccio emergenziale.
3. Individuare, sentita ARERA e le associazioni degli enti d’Ambito e dei gestori dei SII, gli eventuali ostacoli e i meccanismi di reperimento delle risorse finanziarie che permettano di accelerare il percorso volto a portare le perdite delle reti civili al di sotto del 25% (per le perdite percentuali) e entro i 15 mc/km/gg (per le perdite specifiche lineari) e di introdurre un nuovo criterio in aggiunta ai 6 definiti dalla “Regolazione della Qualità Tecnica del Servizio Idrico Integrato”, che premi i gestori che massimizzano il riuso delle acque depurate.
4. Definire, di concerto con l’ANCI, una strategia che promuova la riduzione dei consumi idrici domestici e il ricorso ad acque non potabili (acque di pioggia accumulate o acque grigie depurate) per gli usi compatibili (risciacquo dei WC, lavatrice, lavaggi esterni) in modo da portare il valore medio dei consumi civili di acqua potabile a non oltre i 150 litri abitante giorno.
5. Il MASAF, di concerto con il MASE, definisca una strategia di trasformazione del nostro sistema agroalimentare, identificando misure fortemente orientate a:
- favorire la diffusione di colture e sistemi agroalimentari meno idroesigenti;
- promuovere la diffusione di misure mirate all’incremento della funzionalità ecologica dei paesaggi e suoli agrari e della loro capacità di ritenzione idrica;
- contenere i consumi irrigui.
6. Garantire la piena attuazione degli obblighi di rilascio del Deflusso Ecologico nei corpi idrici, evitando il consueto ricorso da parte delle regioni al meccanismo della deroga. Ciò al fine di assicurare una maggior resilienza degli ecosistemi acquatici in condizioni di siccità e anche al fine di ripristinare le naturali funzioni di ricarica delle falde acquifere, associandolo a misure di ricarica artificiale.
7. Recepire le misure previste dalle strategie per la “Biodiversità 2030”, “From farm to fork” e “Suolo” nell’ambito del New Green Deal dell’UE e riprese dalla recente proposta normativa “Pacchetto Natura” presentata dalla Commissione Europea.
8. Avviare un programma nazionale di riqualificazione e ripristino della connettività dei corsi d’acqua, come misura di adattamento al cambiamento climatico, in coerenza con gli obblighi della Direttiva Quadro Acque e con gli impegni della Strategia Europea per la Biodiversità e in sinergia con la Direttiva Alluvioni. Destinare, in particolare, almeno 2 miliardi di euro l’anno per un periodo di 10 anni ad interventi di riqualificazione morfologica ed ecologica dei corpi idrici naturali e del reticolo minore.
Aderiscono all’appello:
- CIPRA Italia,
- CIRF,
- Coordinamento Nazionale Tutela Fiumi – Free Rivers Italia,
- Deafal,
- Dislivelli,
- Federazione Nazionale Pro Natura,
- Federparchi,
- Italia Nostra,
- Legambiente,
- Lipu-BirdLife Italia,
- Mountain Wilderness,
- WWF Italia.
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