Depurazione: ok di Acque Bresciane, ma la Provincia abbandona l’assemblea
BRESCIA - Via libera dell’assemblea dei soci di Acque Bresciane al bando per affidare il progetto definitivo del nuovo sistema di depurazione del Garda bresciano. Ma la Provincia abbandona l'assemblea in segno di dissenso.
L’assemblea dei soci di Acque Bresciane si è riunita ieri pomeriggio, venerdì 5, per esaminare le diffide da parte del Commissario Straordinario di Governo in merito alla pubblicazione del bando di gara per la progettazione definitiva del sistema di collettamento e depurazione della sponda bresciana del Garda.
I soci di Acque Bresciane sono Aob2 Cogeme (79,10% delle quote), Garda Uno (18,11%), Provincia di Brescia (2,24%) e Sirmione Servizi (0,55%).
Presenti per la Provincia il consigliere delegato al ciclo idrico Gianpaolo Natali, per Aob2 il presidente di Cogeme Giacomo Fogliata, per Garda Uno il sindaco di Desenzano Guido Malinverno e per Sirmione Servizi il presidente Marco Triggiano.
«Preso atto delle diffide e della modifica degli importi di base della gara – fa sapere in una nota Acque Bresciane -, in ottemperanza alle decisioni del Commissario é stata approvata la seconda fase della procedura di gara (invito ai soggetti qualificati a presentare un’offerta tecnico economica) con il voto dei tre soci presenti, avendo il consigliere Natali abbandonato la seduta prima del voto».
Ricordiamo che dopo le dimissioni del presidente del cda di Acque Bresciane Gianluca Delbarba (30 marzo) e poi di tre dei quattro consiglieri (il 6 aprile si era dimessa Antonella Montini, il 18 aprile Teresa Vivaldini e Marco Franzelli) e la mancata approvazione del bando per l’affidamento della progettazione definitiva da parte dello stesso, era stato il commissario straordinario, il prefetto di Brescia Maria Rosaria Laganà ad intimare ad Acque Bresciane di convocare l’assemblea dei soci affinché procedesse con l’iter. Così è stato. Ma senza l’ok della Provincia di Brescia, che è uscita dall’aula prima del voto.
Gesto che ha un notevole peso politico. Se la Provincia è azionista di minoranza in Acque Bresciane (detiene il 2,24%), rappresenta comunque 98 Comuni gestiti dalla utility.
La posizione della Provincia di Brescia
Le ragioni dell’abbandono dell’aula le spiega lo stesso Gianpaolo Natali: «Intanto – dice – all’ordine del giorno non c’era l’aumento delle spese di progettazione, passate da 3,6 a 5,5 milioni. Aumento che sarebbe dovuto passare in cda. Ma il cda non c’è. Poi non si comprende la ragione di tanta fretta, visto che lo stesso Commissario non ha indicato un termine perentorio per adempiere alle diffide.
Inoltre – continua Natali – il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin si è espresso chiaramente sulla questione e probabilmente andrà a revocare l’incarico al Commissario. Infine parliamo di un’opera da 200 milioni, ma c’è una copertura finanziaria solo di 100. Troppe le cose su cui riflettere, era doveroso prendere tempo ed evitare ulteriori tensioni. La Provincia – conclude Natali – non ci ha visto chiaro e ha abbandonato l’aula. Chi ha votato se ne assumerà le responsabilità».
I sindaci del Chiese scrivono alla Corte dei Conti
I primi cittadini di undici Comuni posti sull’asta del fiume, più la Comunità Montana di Valle Sabbia, hanno scritto al Prefetto e per conoscenza ad Acque Bresciane, Ato, Provincia di Brescia, Ministero dell’Ambiente e Corte dei Conti (scarica qui la lettera) per ribadire che «il processo decisionale della localizzazione delle opere e quello pertinente alla loro progettazione e realizzazione, previo appalto pubblico, non risulta, nella nostra opinione, rispettoso delle regole procedurali vigenti».
I sindaci del Chiese fanno inoltre notare che «Acque Bresciane aveva approvato in precedenza una procedura ad evidenza pubblica basata su atti e su stanziamenti economici di molto inferiori a quelli attuali». Aggiungono i sindaci: «Siccome tali fondi sono pubblici, la loro erogazione deve essere decisa e supportata dalla delibera del Cda di Acque Bresciane. Così non è avvenuto, e questo è ostativo all’approvazione degli atti che vedono un consistente aumento dei costi».
Anche per questo i sindaci hanno scritto anche alla Corte dei Conti: «Sottoponiamo la questione alla Magistratura contabile, auspicandone l’intervento chiarificatore circa l’impiego, in costante aumento, delle risorse pubbliche di cui ad oggi non è nota la necessaria copertura finanziaria».
Ieri, durante l’assemblea c’è stata anche la protesta dei comitati fuori dal Crystal Palace, di Acque Bresciane, dove il Presidio 9 Agosto ha organizzato un sit in «contro l’ennesimo colpo di mano nella vicenda dei depuratori del Garda».
Si chiedeva «di sospendere ogni decisione» in attesa dell’incontro tra Regioni e Ministero dell’ambiente, degli esiti dello studio che Regione Lombardia affiderà sullo stato ecologico del Chiese, così come degli esiti delle ultime ispezioni sulla condotta sublacuale che trasporta i reflui bresciani da Toscolano alla rivera veronese.
Storia di un progetto contestato
Il sistema di depurazione fognaria del Garda, risalente agli anni ‘70, deve essere riqualificato per tutelare le acque del lago. Il depuratore di Peschiera, dove arrivano i reflui bresciani e veronesi, è sottodimensionato: ha una capacità di 330mila abitanti equivalenti, a fronte di un’esigenza che supera i 500mila. Inoltre le tubazioni, comprese quelle sublacuali, sono vecchie. Da qui l’esigenza di un nuovo sistema.
Nel 2017 Ministero dell’Ambiente, Lombardia e Veneto, Ato di Brescia e Verona e Ats Garda Ambiente (i Comuni del lago) firmano una convenzione in base alla quale Roma stanzia 100 milioni per il progetto di collettamento e depurazione (si prevede un costo di 230 milioni, compresa la parte veronese).
Nel 2018 Acque Bresciane chiede all’Università di Brescia uno studio con più soluzioni progettuali. Nel 2019 viene scelta la soluzione del doppio depuratore Gavardo-Montichiari, con scarico nel Chiese. Ma i Comuni dell’asta del Chiese protestano.
Il 30 novembre 2020 la Provincia approva la «mozione Sarnico», in base alla quale i depuratori devono essere realizzati nei territori che vanno a servire. A quel punto però sono i Comuni gardesani e mantovani a protestare. Lo stallo è totale.
Così, nel giugno 2021, si arriva al commissariamento del Governo. Il prefetto di Brescia, nominato commissario straordinario per la depurazione, decide che il progetto Gavardo-Montichiari è il migliore dal punto di vista tecnico e ambientale. Ad Acque Bresciane non resta che predisporre il progetto di fattibilità.
Il cda di Acque Bresciane avrebbe dovuto avviare la procedura di gara per affidare la progettazione definitiva. Sarebbero stati invitati a presentare un’offerta tecnico-economica i dieci studi che nelle “pre-selezioni” chiuse a settembre dimostrarono di avere i requisiti richiesti. Ma nel cda prima viene meno il numero legale, poi lo stesso cda di fatto decade con le dimissioni del presidente Gianluca Delbarba e quelle di tre dei quattro consiglieri (il 6 aprile le dimissioni di Antonella Montini, il 18 aprile quelle di Teresa Vivaldini e Marco Franzelli).
Ma il commissario straordinario, il prefetto di Brescia Maria Rosaria Laganà, intimare ad Acque Bresciane di convocare l’assemblea dei soci e procedere. Così è stato.
Ma certamente non è finita qui.
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