Le otto montagne, la pellicola pluripremiata a Desenzano

DESENZANO DEL GARDA – In programmazione martedì 20 giugno alle 21.20 al castello di Desenzano il vincitore del David di Donatello come Miglior film.

Trama

1984. Pietro, figlio di un ingegnere di Torino, trascorre l’estate in montagna con la mamma e fa amicizia con Bruno, un coetaneo del luogo, abituato alla dura vita del montanaro. Di anno in anno i due amici si ritrovano vivendo estati libere e spensierate, finché il padre di Bruno, muratore in Svizzera, lo porta con sé a lavorare.

I due si perdono di vista finché Pietro, ormai adulto, dopo la morte del padre, torna al villaggio e scopre di avere ereditato un rudere. Il restauro della casa sarà l’occasione per riscoprire la loro amicizia unita dal comune amore per i monti.

Info sulla proiezione a Desenzano: https://www.cipiesse-bs.it/desenzano/

 

Critica

Ci viene detto subito, dalla calda voce off di Luca Marinelli, che siamo nel 1984, anzi “nell’estate del 1984”. Basta già questo per rievocare un mondo semplice, ricordi di estati infinite in quegli anni ’80 in cui, se eri bambino, non dovevi davvero pensare ad altro che a giocare, correre, saltare e arrampicarti all’aria aperta. Ed è quello che fanno i due bambini protagonisti, dalle vite così diverse ma simili nello spirito.

Il bambino di montagna, Bruno, che guida da solo le vacche al pascolo, e il timido bambino di città, Pietro, che l’amico ribattezza “Berio” (come viene chiamato il sasso, ovvero la pietra, nel suo dialetto): strisciano e si rotolano nei prati in fiore, saltano come capretti in mezzo all’erba, si arrampicano a mani nude sopra i muri di sasso, costruiscono dighe come castori nei ruscelli gelati, nuotano nell’acqua cristallina e verde del lago e come folletti dei boschi esplorano la montagna, che in estate mostra il suo splendore generoso.

Una gran parte del film è proprio incentrata su questa vita libera e semplice, concreta, di cui si intravede la fatica e la durezza ma che appare tanto più desiderabile rispetto all’essere rinchiusi in un palazzone di Torino, in una esistenza senza uscita e senza scopo, come accade alla famiglia di Pietro in inverno.

Tratto dal libro omonimo (e ispirato ad esperienze personali) di Paolo Cognetti, il film della coppia di registi belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, ci fa affezionare ai due protagonisti bambini, ce li mostra crescere (l’adolescenza viene solo accennata in poche inquadrature) ed infine ritrovare ormai uomini e barbuti.

Ma mentre Bruno sa a quale luogo appartiene e dove (e come) vuole vivere, Pietro non ha ancora trovato la sua strada.

Entrambi con un rapporto non felice con i rispettivi padri, quello di Bruno, muratore, che l’ha trascinato via dai suoi monti, da bambino, per non lasciarlo andare a studiare a Torino con l’ingegnere, il padre di Pietro, altro uomo dalla vita spenta e solitaria, dedicata interamente al lavoro e riscattata da pochi istanti di felicità proprio in montagna, nelle rare vacanze, nelle gite con i due bambini sui ghiacciai, “memorie degli inverni passati”.

Con saggezza la storia resta semplice eppure non scontata, progredisce coerente senza salti, introducendo con parsimonia personaggi (la ragazza che diventa la compagna di Bruno) e situazioni (i viaggi in Nepal di Pietro) e si conduce con pause e silenzi che contribuiscono, anche grazie alla musica originale inserita con delicatezza, ad approfondire le emozioni. Il formato 1,33:1, quadrato, ricorda un po’ i filmini amatoriali in 16 mm (accentuando l’elemento nostalgia anni ‘80) e restringe la visuale focalizzandosi sulla componente umana, sfatando così l’idea che un film ambientato nella “natura” debba essere girato con un rapporto molto ampio, come ci hanno abituato alcuni film Hollywoodiani, seppure magnifici, come “Into the wild” a cui, per alcuni aspetti, potrebbe venire accostato.

D’altronde lo spiega bene Bruno agli amici di città di Pietro, che la “natura” è solo un’astrazione che non esiste nella realtà.

Esistono il bosco, il pascolo, il fiume, il sentiero, cose che si possono indicare col dito, che si possono “usare”. Non c’è retorica in Bruno, solo concretezza.

Diverso è Pietro, che dovrà vagare per le “otto montagne” del titolo, per cercare di capire qualcosa della sua vita, ripercorrere i sentieri tracciati dal padre, trovare una donna all’altro capo del mondo, senza mai dimenticare però l’amicizia con Bruno.

Quest’ultimo invece sa a chi appartiene, sa che cosa vuole davvero, anche a prezzo della solitudine, ha un solo amore, la sua montagna, più forte perfino della famiglia, più forte dell’istinto di sopravvivenza, ma non dell’amicizia che accetta e che aspetta.

“Le otto montagne” è un film che dissemina particolari (le frecce delle auto in sosta in due momenti di solitudine estrema, la vacuità dei turisti che cercano anche in Nepal wifii e birra) ed è intriso di un’atmosfera sincera, che si crea soprattutto attraverso il personaggio di Bruno, un Alessandro Borghi perfetto, massiccio ed autentico dalla punta degli scarponi alla barbona da montanaro, mentre Luca Marinelli, con il suo volto che pare sempre un po’ incredulo, stupefatto, nascosto per quasi tutto il tempo tra il cappellino e la barba da hipster (“Bella barba” gli dice, senza ironia, Bruno. “Più bella la tua, una barba vera” gli risponde Pietro un po’ imbarazzato, a ragione) rappresenta bene l’incapacità di chi viene dalla città di entrare in contatto immediato con il mondo e stenta a trovare la sua strada.

“Le otto montagne” è una ventata di fresca aria d’alta quota nel panorama del cinema italiano che sta tornando sempre più capace di essere internazionale, come dimostra il meritato premio della giuria ottenuto al Festival di Cannes 2022 e i David di Donatello come miglior film, sceneggiatura, fotografia e suono nel 2023.

Camila Lavazza

Scheda del film

Regia: Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch

Soggetto: dal romanzo di Paolo Cognetti

Sceneggiatura Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch

Interpreti e personaggi

Luca Marinelli: Pietro Guasti

Alessandro Borghi: Bruno Guglielmina

Filippo Timi: Giovanni Guasti

Elena Lietti: Francesca Guasti

Elisabetta Mazzullo: Lara

Lupo Barbiero: Pietro Guasti bambino

Cristiano Sassella: Bruno Guglielmina bambino

Elisa Zanotto: Barbara

Andrea Palma: Pietro Guasti ragazzo

Surakshya Panta: Asmi

Fotografia Ruben Impens

Montaggio Nico Leunen

Musiche Daniel Norgren
Scenografia Massimiliano Nocente

Costumi Francesca Brunori

Produttori Mario Gianani, Lorenzo Gangarossa

Produttori esecutivi Olivia Sleiter, Louis Tesné

Casa di produzione Wildside, Rufus, Menuetto, Pyramide Productions, Vision Distribution

Durata 147 minuti

 

 

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