Scrive il lettore:
«Sulla maglietta regalatami dall’associazione per la salvaguardia del Carpione è raffigurato il lago di Garda nelle sembianze di uno struzzo, con la testa sommersa e la seguente scritta: “Non fare lo struzzo, se il carpione si estinguerà sarà anche colpa della tua indifferenza”.
Questa amara implorazione interpreta una cultura, condivisa e promossa da uomini di spessore riconosciuti in tutto il mondo per i loro studi e la conoscenza scientifica, da cui sono nate le prime proposte per la salvaguardia dell’ambiente. Una cultura rasa al suolo da una classe dirigente impreparata e sprecona che, molto selettivamente, pensa di risolvere la difesa delle tradizioni locali con battaglie d’immagine, come investire migliaia di euro di denaro pubblico per mettere sulla cartellonistica il nome in dialetto accanto al nome in italiano. Nel contempo, sacrificano paesaggio, ambiente, cultura e le stesse origini, sull’altare di presunti, e altrettanto selettivi, interessi di mercato.
I vertici delle tre le regioni che si affacciano sul Garda, da cui dipende il destino di una biodiversità unica al mondo, perpetuano queste politiche contraddittorie e inefficaci. Declamano le bellezze naturali dei luoghi, ma nello stesso tempo, permettono che si manometta e demolisca uno dei più bei paesaggi italiani nella più totale confusione tra gestione della cosa pubblica e ingenuità politica. Sprecano risorse pubbliche velando i progetti dietro parole vuote quali “sostenibilità” e “turismo”.
Su queste basi viene giustificato persino lo stanziamento di due milioni di euro per 100 metri di una ciclovia che porterà allo stravolgimento del meraviglioso paesaggio naturale gardesano. Lo stato di sovraccarico e di caos generato dalla forte “emozione consumistica”, su cui punta la propaganda delle due ruote, andrà a minare l’equilibrio di un territorio destinato a spezzarsi sotto il peso di un sovraffollamento già critico.
Gli esiti negativi si incrementeranno più estesamente nel medio e lungo termine, anche attraverso i cosiddetti “effetti collaterali”, tanto presenti quanto sottovalutati finché non mostrano il loro impatto devastante: aumenterà la quantità di plastica che milioni di persone rilasceranno nell’ambiente; verranno incrementati i limiti di tolleranza della soglia del traffico e la “qualità dell’aria” e la salute di chi vive sul territorio.
In modo analogo, le politiche “dialettali” di difesa delle tradizioni, riescono ad ignorare la prossima estinzione del carpione, vero simbolo di «autenticità» perché esiste solo qui e in nessuna altra parte del mondo, ed è quel filo che lega il passato con il futuro. Perderlo vuol dire negare, tagliare di netto ciò che l’evoluzione biologica ha saputo costruire in migliaia di anni e rendere il mondo più povero, per sempre.
Questo patrimonio dell’umanità dovrebbe essere l’orgoglio di noi Gardesani e oggetto di studio scientifico da far conoscere al mondo intero. Invece è soffocato da un rimbalzo di promesse mai mantenute e dichiarazioni di impegno mai soddisfatte, prigioniero di pratiche burocratiche che durano da più di venti anni, evidentemente mai prese seriamente in considerazione.
Come ho avuto modo di illustrare in altre occasioni, l’avventura scientifica del progetto presentato all’Europa è naufragata per la quarta volta, e non è stata ammessa al finanziamento. È affondato dietro le fallimentari politiche orientate a consegnare il problema, insieme alla “ricchezza della collettività”, a imprenditori privati e alla reintroduzione dei carpioni allevati, condannando, così, il Garda a diventare un acquario da tenere in vita con immissioni di pesci comprati sul “mercato” degli allevamenti intensivi.
Questo paradigma neoliberista di trasferimento della ricchezza dal pubblico al privato domina l’azione politica dei felici promotori delle tradizioni linguistiche ma feroci, a volte inconsapevoli, distruttori della nostra cultura e del nostro paesaggio.
Eppure, basterebbe trovare pochi spiccioli, definiti «bazzecole» anche dal vicepresidente della Comunità del Garda, e permettere un confronto con la comunità scientifica, per stare al passo con gli ultimi progressi nella conoscenza e nella difesa di questo salmonide.
Chiedere di salvaguardare questo endemismo significa salvare non solo un animale dall’estinzione, ma il Garda dalle grinfie di chi opera e trasforma il Garda in un lago morto, dove non si riproduce più vita.
Un lago “vivo” che aiuta questa specie selvaggia a riprodursi naturalmente e difende il proprio territorio, dovrebbe, invece, promuovere efficaci politiche in grado di portare vera ricchezza alla collettività e non alle tasche di pochi speculatori, nazionali o internazionali.
Sarebbe ingiusto incolpare una sola parte politica anche perché le opposizioni, troppo impegnate a chiedersi cosa ci stanno a fare, non si accorgono dei costosissimi progetti presentati “per la salvaguardia del carpione”, o finalizzati a improbabili piste ciclabili, ma “serviti”, in realtà, più alla politica dello spettacolo che alla risoluzione dei problemi o al benessere della cittadinanza. Non si accorgono che il conto di questa sfacciataggine lo paghiamo noi. Non se ne sono accorti neppure quegli intellettuali ingabbiati dal sistema e dai loro astratti interessi individuali, muti nei confronti di un destino comune che sta per distruggere il pianeta alla stessa maniera del carpione.
A fronte delle politiche sbagliate delle nostre classi dirigenti, spetta a noi cittadini pensare a modelli di sviluppo alternativi e agire in difesa di quella natura tanto generosa da regalarci uno dei paesaggi più belli e un salmonide unico al mondo che dovrebbe diventare il simbolo di tutte le lotte di difesa delle culture e dei territori».
Fiorenzo Andreoli