Oppenheimer, al King e al Cristal il nuovo kolossal sul padre della bomba atomica

Il film è in programmazione al Multisala King di Lonato fino a martedì 29 agosto (www.multisalaking.it) e al Cristal di Salò con proiezioni sabato 26, domenica 27, lunedì 28 e martedì 29 agosto e poi ancora sabato 2, domenica 3, lunedì 4 e martedì 5 settembre (www.cinemacristal.it).

Ecco la recensione di Camilla Lavazza.

Trama

Il film ripercorre, attraverso numerosi flashback, le scoperte, la carriera e la vita privata del fisico teorico Robert Oppenheimer che, durante la seconda guerra mondiale, fu direttore scientifico del Progetto Manhattan, finanziato dagli U.S.A. per la realizzazione della bomba atomica.

Numerosi altri personaggi storici intrecciano le loro vicende con la sua: scienziati come Albert Einstein, Enrico Fermi e Niels Bohr, il generale Leslie Groves, direttore militare del progetto, l’ammiraglio Lewis Strauss, che nel 1954 tenterà di negare allo scienziato il rinnovo del nulla osta per accedere alle informazioni top secret imputandogli passate simpatie comuniste, e che nel 1958, al fine di diventare segretario al Commercio del Presidente Eisenhower, dovrà a sua volta sottoporsi ad un dibattimento in cui verrà coinvolto anche Oppenheimer.

Critica

Fissione e Fusione, così ci viene presentata la vita di Robert Oppenheimer all’inizio del film: una divisione netta, tra scene girate a colori (il punto di vista dello scienziato, scritto in soggettiva dal regista) e altre in bianco e nero in cui vengono rappresentati i dibattimenti e il punto di vista “oggettivo”.

Scene tutte girate con tecnologia IMAX con pellicola 65 mm (per la prima volta anche in bianco e nero) e trasferita su 70 mm per la proiezione, per ottenere la massima definizione possibile. Una vera sfida, soprattutto per il direttore della fotografia e per il reparto effetti speciali, che ha utilizzato per le riprese diverse tecniche “vecchia scuola”, con un uso limitato di CGI, ovvero immagini generate al computer.

Questa scelta ben si adatta alla storia, riflettendo la sfida scientifica, il salto nel “buco nero” compiuto da quegli uomini che divennero “Morte, distruttori di mondi”.

La trama procede, come ci si poteva attendere da Nolan, tramite un’alternanza di flashback, intervallando scene spettacolari e di forte impatto (anche sonoro, con la successione di vibranti suoni di volume crescente a momenti di silenzio) con le sottigliezze degli interrogatori davanti alle varie commissioni (quella in cui Oppenheimer ridicolizza l’ammiraglio Strauss, creandosi per sempre un nemico, quella per il rinnovo del nulla osta di sicurezza e quella che vede invece le udienze del Comitato del Senato per la nomina di Strauss come Segretario al Commercio). I vari dibattimenti si intrecciano per ricostruire l’intricata vicenda che portò lo scienziato ad essere sospettato di aver passato informazioni ai sovietici, allontanato e poi riabilitato grazie al sostegno della comunità scientifica. Una ricostruzione non semplice, in cui qualche dettaglio può a volte sfuggire, ma che può essere occasione per un approfondimento successivo alla visione del film, magari anche grazie alla lettura del libro da cui è tratto il soggetto.

Questa divisione, che è formale nella modalità di ripresa (bianco e nero/colore) e nella tecnica narrativa frammentata, si ritrova anche nella vicenda privata del protagonista (Cillian Murphy, il cui aspetto emaciato ma soprattutto lo sguardo ricordano in modo impressionante quelli del vero Oppenheimer quale possiamo vedere nelle fotografie e nelle riprese dell’epoca): intelligentissimo ma con problemi psicologici che lo tormentano durante i primi anni degli studi, “Un donnaiolo, un sospetto comunista, instabile, teatrale, egocentrico e nevrotico”, così lo descrive nel film il generale Leslie Groves, interpretato da un solido ed ottimo Matt Damon. Diviso nel rapporto tra la moglie, la biologa Katherine Puening, detta Kitty, donna atipica per l’epoca, rappresentata come molto pragmatica e poco materna (interpretata da una bravissima Emily Blunt), e l’amica ed amante, la brillante psicologa e attivista comunista Jean Tatlock, che occupa poche ma memorabili scene, grazie anche alla presenza scenica della magnetica Florence Pugh.

Tra inquadrature stile noir classico in bianco e nero (l’ombra del cappello sul volto, i tagli di luce netti), altre a colori che richiamano il pittore americano più amato dal Cinema, Edward Hopper, e immagini spettacolari di atomi, stelle, esplosioni che rappresentano i pensieri nella mente di Oppenheimer, il film di Nolan crea un profondo coinvolgimento che ha due momenti culminanti: lo spettacolare Trinity test (un crescendo perfetto di attesa che culmina nel silenzio dell’accecante esplosione) e i “festeggiamenti” successivi allo sgancio delle bombe su Hiroshima e Nagasaki. In questa scena capolavoro, il rumore ritmico delle scarpe (anticipato in altre scene) e il montaggio dei dettagli, fanno percepire la dissociazione di Oppenheimer tra il discorso ufficiale che sta pronunciando e la sua consapevolezza interna che deflagra in quell’istante come una nuova e devastante bomba; i suoi sensi di colpa, quella “conoscenza del peccato”, come ebbe a dire lui stesso in una conferenza anni dopo, e ci provoca, volutamente, un disagio fisico, un senso di vertigine.

Forse, più di molti altri film che hanno mostrato esplicitamente le terribili conseguenze delle armi atomiche, è proprio questa pellicola di Nolan, e questa scena in particolare, che ci fa percepire l’orrore che può scaturire da scelte dettate dalla legittima curiosità scientifica, quando viene indirizzata da esigenze politiche in cui i nobili intenti difensivi si trasformano in occasioni di predominio.

Con il senno di poi, vedere gli ingenui dispositivi di protezione, crema per il volto, vetri affumicati, materassi, utilizzati dagli scienziati per assistere all’esplosione, ci fa riflettere sulla serena incoscienza con cui anche oggi, talvolta, ci affidiamo alle ultime novità tecnologiche che ci vengono proposte sulla base di conoscenze incomplete. Un po’ come recita uno dei dialoghi più riusciti del film, sulla probabilità che l’esplosione possa scatenare una reazione a catena che potrebbe distruggere l’atmosfera: La probabilità è quasi zero”. “Quasi?” “Che vuole dalla sola teoria”.

Il cinema di Nolan ci restituisce la figura e la vicenda di Oppenheimer, non per sottoporlo all’ennesimo giudizio affrettato o ad una semplicistica riabilitazione come fu il premio Fermi dell’AEC consegnato dal Presidente Johnson nel 1963, ma in quell’ambiguità così umana che diventa occasione di riflessione etica.

Camilla Lavazza

La scheda del film

  • Regia Christopher Nolan
  • Soggetto dalla biografia Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Il trionfo e la tragedia di uno scienziato’ di Kai Bird e Martin J. Sherwin
  • Sceneggiatura Christopher Nolan

Interpreti e personaggi

  • Cillian Murphy: Robert Oppenheimer
  • Emily Blunt: Katherine “Kitty” Oppenheimer
  • Matt Damon: Leslie Groves
  • Robert Downey Jr.: Lewis Strauss
  • Florence Pugh: Jean Tatlock
  • Josh Hartnett: Ernest Lawrence
  • Tom Conti: Albert Einstein
  • Dylan Arnold: Frank Oppenheimer
  • Casey Affleck: Boris Pash
  • Kenneth Branagh: Niels Bohr
  • Rami Malek: David Hill
  • Benny Safdie: Edward Teller
  • Gary Oldman: Harry S. Truman
  • Matthew Modine: Vannevar Bush
  • Danny Deferrari: Enrico Fermi
  • Jefferson Hall: Haakon Chevalier
  • Josh Peck: Kenneth Bainbridge
  • Christopher Denham: Klaus “Karl” Fuchs

 

  • Fotografia Hoyte van Hoytema
  • Montaggio Jennifer Lame
  • Musica Ludwig Göransson
  • Effetti speciali Andrew Jackson, Giacomo Mineo, Scott R. Fisher
  • Scenografia Ruth De Jong, Islam Gamal, Claire Kaufman, Olivia Peebles, Adam Willis
  • Costumi Ellen Mirojnick Trucco Christy Falco
  • Produttori esecutivi Thomas Hayslip Produttori Christopher Nolan, Emma Thomas, Charles Roven

Durata 180 minuti

 

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Camilla Lavazza