Lettere al direttore

Turismo predatorio e qualità della vita dei residenti, il pensiero di un lettore

Questa la lettera del lettore: «Mi duole non aver potuto partecipare al convegno su “ Il Turismo predatorio” organizzato sabato 4 novembre a Desenzano (ne abbiamo scritto qui; puoi invece rivedere il convegno qui) a causa di un inaspettato malessere stagionale. Avrei potuto confortare l’esposizione dei brillanti relatori con dettagliate testimonianze di quanto il turismo gardesano abbia rovinato la qualità della vita della maggior parte dei residenti, a beneficio di una parte minoritaria che su questa economia ci campa, alcuni con dignitosi guadagni, altri arricchendosi in modo smodato, e di una parte maggioritaria, i turisti, che, appunto, “predano” la nostra vita quotidiana.

Il tema non è il guadagno: ognuno può legittimamente mirare al successo economico senza porsi un limite; non sarò certo io a rispolverare desueti concetti sull’eticità della ricchezza. Ma il problema si pone quando questa ricerca della ricchezza non va d’accordo con la vita di altre persone.

Ma attenzione! Questa mia disquisizione è un arma a doppio taglio. Perché certamente molti con il turismo si arricchiscono e non si pongono limiti di guadagno pur a discapito dell’ambiente e della vita sociale degli abitanti, ma d’altro canto offrono opportunità di svago a varie categorie di persone.

E’ un modello che si è già replicato in passato su larga scala nell’industria, con fabbriche che davano lavoro e benessere, ma che ammazzavano con i veleni chi ci viveva attorno. Credo che non dobbiamo discostarci troppo dall’ambiente gardesano per scoprire quanto sia avvelenato l’ambiente in certe zone di Brescia, delle sue valli e della pianura.

E’ la maledizione del capitalismo che in molti modi l’uomo ha tentato di ingabbiare: con il comunismo, con il riformismo, con la religione, ma che non c’è verso di governare poiché il capitalismo è per antonomasia insaziabile e non fornirà certo la corda con la quale farsi impiccare come credeva Lenin.

Fine della disquisizione filosofica. Veniamo al tema del convegno.

Abito nel “cratere” ossia in uno dei punti nevralgici dello scorrimento turistico gardesano: Toscolano-Maderno. Da Pasqua ai Morti siamo paralizzati; quando va bene solo nei fine settimana; luglio, agosto, settembre quotidianamente.

Gli altri hanno il diritto di muoversi, spostarsi dai loro paesi e città, noi no. Pena, il mettersi in colonna, maledire il giorno in cui si è nati sul Garda e decidere di ritornare a casa.

Fossi nato in città non potrei lamentarmi: la città è così; ma è attrezzata per alleviare gli inconvenienti della sovrappopolazione e del traffico: metropolitane, tram, ztl, parchi permettono al cittadino uno standard vivibile. E poi ci sono i vantaggi del vivere in città.

Sul Garda no. Un budello di strada che taglia paesi, scorre in gallerie, oppure a precipizio sul lago. Potrebbe essere una romantica passeggiata da farsi a piedi o in bici, invece è a tutti gli effetti una tangenziale a due corsie scarse che collega la Pianura Padana con l’arco alpino.

E su questa strada ci troviamo di tutto: i TIR della cartiera o dei vari supermercati, i camper dei turisti, le orde di motociclisti, i grupponi di ciclisti masochisti, i monopattini, bus turistici e di linea (questi vuoti ma doppi) le auto dei turisti a 30 all’ora per fotografare il paesaggio ecc. In mezzo ci siamo noi residenti che dobbiamo andare al lavoro, oppure portare il bimbo a scuola o magari fare la spesa.

E poi c’è il contorno di questo grande luna park: bar, ristoranti, pizzerie, locali di vario genere, magari interessanti, ma con un unico denominatore comune: il listino prezzi che ci fa rimpiangere le tessere annonarie del tempo di guerra.

Siamo nati e cresciuti in piccoli paesi: da bambini si giocava in strada, si andava in bici sulla gardesana o sul lungolago, si viveva beatamente la bellezza e la tranquillità del lago. Eppure il turismo c’era anche allora.

Si poteva fare la spesa senza svenarsi, andare in pizzeria o trattoria sicuri di trovare un normale cuoco se non la moglie del proprietario e non un presunto luminare dell’arte culinaria con relativo onorario.

Al bar bevevi il caffè, il bianco, una spuma e potevi leggere il giornale oppure giocare a briscola. Provateci oggi! Quando entri la cameriere ti dice ciao, non perché ti conosce, ma perché non gli hanno insegnato l’educazione. Ma al turista predatore va bene così, gli da la sensazione di essere al bar sport di Nave oppure all’AugustinerKeller di Monaco. E il pirlo lo paghi 7 euro.

C’è poi il grande equivoco delle ciclabili. In ogni occasione sbandierate come una panacea per gli amanti dello turismo attivo, eppure inesistenti. A parte brevi tratti a singhiozzo, sul Garda non c’è uno straccio di pista ciclabile. Infatti i ciclisti te li trovi tutti sulla 45 bis.

Divenuto meno conveniente il mattone perché super tassato, ora il capitale ha trovato la strada degli hotel di lusso che, grazie alla comparsata di qualche nome famoso dei canali web, sono divenuti i nuovi simboli di esclusività. Portano lavoro, dicono convinti anche gli amministratori locali. Basta mettere dentro la testa per vedere quanto sono autoctone le maestranze.

Fortunatamente il lavoro qui da noi non manca. Basta mettersi sulla strada alle 7.30 del mattino per vedere la colonna ininterrotta di auto che dal lago prendono la strada verso Brescia e che fanno il percorso inverso alle 18.

Evidentemente qualcosa non quadra in questa dimensione turistica. Saranno le seconde case costruite negli anni del saccheggio, saranno i campeggi che sono divenuti per la maggior parte seconde case camuffate, saranno gli esodi biblici del fine settimana, ma questo turismo andrebbe ripensato.

Sperare che lo facciano colore che alla sera devono solo svuotare il cassetto è difficile; gli unici che si possono muovere sono i cittadini residenti. Esasperati, nauseati e furibondi.

Complimenti a chi ha organizzato questo incontro pubblico. Era ora che qualcuno infrangesse il mito del “Wo die Zitronen bluhen”» .

Luca Pelizzari

 

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GardaPost