Il film The Holdovers – Lezioni di vita (nelle sale dal 18 gennaio) è in programmazione in questi giorni anche alla multisala King di Lonato (https://www.multisalaking.it/), lunedì 22, martedì 23 e mercoledì 24 gennaio alle 19.10 e alle 21.15, oltre che in altre sale bresciane come il cinema Moretto e la multisa Oz. Lo ha visto per noi Camilla Lavazza.
New England 1970. Lo scontroso ed ormai disilluso professor Paul Hunham è costretto trascorrere le vacanze natalizie nell’esclusiva Barton Academy, in cui insegna da una vita, con l’incarico di sorvegliare un gruppetto di studenti che non sono potuti tornare a casa.
Insieme a lui resta nel convitto anche la cuoca Mary, che ha recentemente perso il suo unico figlio caduto in Vietnam. Durante le festività il professore e la cuoca si trasformeranno in una bizzarra famiglia per il giovane e ribelle studente Angus Tully.
The Holdovers (“I trattenuti” o “Coloro che restano”) è amaro e complicato come la vita vera, buffo e tenero, malinconico e spiazzante, commovente ed ironico. David Hemingson, che è autore del soggetto, sceneggiatore e produttore, adorna la sua scrittura di dialoghi finemente cesellati, battute pungenti e profonde, e la rende movimentata da svolte mai scontate.
Riprende con originalità i classici elementi da film natalizio e da college movie (l’ambiente chiuso e isolato, il paesaggio innevato, il convitto esclusivo per ragazzi ricchi, il preside carogna, la cuoca rude e bonaria) ambientandoli in una perfetta ricostruzione anni ’70, sottolineata dalla scelta del formato e dalla fotografia, nonché dalla raffinata colonna sonora, rinnovando la trama con modulazioni che impercettibilmente spostano la storia in direzioni inaspettate ed eleganti dissolvenze che la conducono con grazia verso il finale.
Davvero accuratissimo il lavoro sulla scenografia e i costumi, tutto concorre a dare la sensazione di un film non semplicemente ambientato nel passato ma girato all’epoca con un sapore di autenticità che raramente si trova nelle ricostruzioni.
Il terzetto che guida il film è perfettamente sincronizzato e su tutti spicca un magnifico Paul Giamatti, a cui la parte è stata cucita addosso (coltissimo, l’attore proviene da una famiglia di insegnanti, suo padre è stato preside all’università di Yale, e conosce bene l’ambiente), superlativo nella transizione graduale da perdente, che sfoga le sue frustrazioni sugli studenti, ad essere umano che abbassa progressivamente le barriere e diviene capace di gesti coraggiosi.
Gli tengono testa Dominc Sessa (eccezionale esordiente, scelto attraverso provini nello stesso college scelto come location) nei panni del problematico ed infelice Angus Tully, abbandonato dalla madre che preferisce godersi le vacanze insieme al nuovo compagno, e l’intensa Da’Vine Joy Randolph nei panni di Mary, corpulenta afroamericana straziata dal dolore per aver perso il suo brillante figlio, e nei cui confronti il professor Hunham mostra fin da subito comprensione e un senso di protezione che ne rivelano il lato umano. Colpisce la cura dei dettagli che raggiunge livelli poetici (i piedi nudi di Mary durante la scena del pianto alla festa, lo sguardo lucido del professore per un gesto della segretaria Lydia) stemperati sempre con un’autoironia che evita il sentimentalismo.
Storia di solitudini che si uniscono in un edificio enorme stretto in una morsa di gelo, che potrebbe richiamare l’Overlook Hotel di The Shining se non fosse completamente priva di accenni sinistri. L’esplorazione notturna di Angus per i corridoi deserti è inebriante e malinconica allo stesso tempo, una libertà ottenuta al prezzo della solitudine.
Un altro richiamo d’obbligo, a causa dell’ambientazione, è a “L’attimo fuggente”, ma il regista Alexander Payne riesce a restarne lontano e a mantenere la sua originalità, con un protagonista che non ha nulla di ideale e, anzi, inizialmente pare la quintessenza dei peggiori insegnanti che tutti noi abbiamo avuto a scuola.
Il professore non ha mai avuto una compagna, Mary aveva un figlio ma l’ha perduto, Angus ne ha una che non lo vuole: insieme diverranno famiglia uno per l’altro, non senza qualche iniziale incomprensione e divertente disavventura.
La storia procede a cerchi concentrici in un crescendo di isolamento: il collegio si svuota a poco a poco, dalla grande assemblea si passa alla concitazione nei corridoi degli studenti in partenza per le vacanze, i pochi e sfortunati “rimasti” vengono radunati in un’ala dell’immenso edificio ormai vuoto. Significativo che nella sequenza di apertura si vedano le prove di un coro, sicuramente per inquadrare subito l’ambiente ma forse anche per anticipare quello che dovranno fare i personaggi per superare il loro dolore: unire le loro diversità e diventare famiglia, non di sangue ma di affetti.
Tutti, senza volerlo ammettere, sono alla ricerca di qualcuno che li veda come persone e non come ruoli, nessuno di loro è perfetto, e ciascuno fatica inizialmente ad accettarsi, tanto da mentire in più occasioni, che siano la carriera, i sentimenti o le paure più profonde, ma questa imperfezione è l’essenza stessa della vita e dei rapporti, ciò che permette alla fine di incontrarsi e comprendersi.
Non “lezioni di vita” (sottotitolo fuorviante) ma incontri umani, amicizia, attraverso la quale ritrovarsi, un film onesto che lascia alla fine una sensazione di malinconica compiutezza e comprensione delle debolezze umane.
Camilla Lavazza
Titolo originale: The Holdovers
Regia Alexander Payne
Soggetto e sceneggiatura David Hemingson
Interpreti e personaggi
Paul Giamatti: Paul Hunham
Dominic Sessa: Angus Tully
Da’Vine Joy Randolph: Mary Lamb
Carrie Preston: Lydia Crane
Brady Hepner: Teddy Kountze
Ian Dolley: Alex Ollerman
Jim Kaplan: Ye-Joon Park
Michael Provost: Jason Smith
Andrew Garman: dott. Hardy Woodrip
Naheem Garcia: Danny
Stephen Thorne: Thomas Tully
Gillian Vigman: Judy Clotfelter
Tate Donovan: Stanley Clotfelter
Darby Lily Lee-Stack: Elise
Fotografia Eigil Bryld
Montaggio Kevin Tent
Effetti speciali Adam Bellao
Musiche Mark Orton
Scenografia Ryan Warren Smith
Costumi Wendy Chuck
Trucco Donyale McRae
Produttori David Hemingson, Bill Block, Mark Johnson
Produttori esecutivi Andrew Golov, Tom Williams, Thomas Zadra
Durata 133 minuti