La proiezione al Corallo sarà introdotta da Franco Dassisti, direttore del Bardolino Film Festival. Ingresso 5 euro.
Trama
Ansa e Holappa sono due persone sole che cercano di guadagnare qualcosa con cui sopravvivere facendo lavori umili, da cui vengono immancabilmente cacciati, spesso ingiustamente. Ancora non si conoscono ma ben presto le strade delle loro vite si intersecheranno, anche se il loro desiderio di stare insieme sarà ostacolato dal vizio dell’alcool di lui e dai capricci del destino.
Critica
“Sono nata nel dolore, vestita di disillusione” recita un verso della canzone (cantata dal vivo dal duo indie finlandese Maustetytöt) che occupa un’intera scena ambientata nel bar dove i due protagonisti si sono da poco conosciuti e già persi.
Una canzone dal testo di una profonda tristezza esistenziale a cui fa da contrappunto lo sguardo degli avventori del locale. Loro non si limitano a comprendere quel testo, lo stanno vivendo come esseri umani che soffrono, che sono lì per perdersi nell’alcool o semplicemente dimenticare una dura giornata di lavoro cercando la compagnia dei loro simili, che sentono di essere lì, prigionieri “per sempre”. Il loro sguardo è il nostro, sembrano osservarci, mentre noi li guardiamo, in un momento di mutua consapevolezza.
ll cinema di Kaurismäki ha questo dono straordinario di rendere pregno di significato ogni gesto quotidiano, di rendere cinematografico (e quindi speciale) anche il passare i prodotti alla cassa del supermercato o il servirsi di asparagi e uova da una ciotola e, soprattutto, è intriso di autentica, lieve, ironica poesia priva di fronzoli.
Il regista ha scritto di aver voluto realizzare con questo film un “piccolissimo plauso ai miei dei, Bresson, Ozu e Chaplin” ed effettivamente “Foglie al vento” è ricco di citazioni di questi tre autori, dallo stile di Bresson al gusto per i colori e i rapporti tra gli oggetti di Ozu, a certi personaggi di Chaplin, sempre in bilico tra umorismo e dramma e richiama, con il suo stile così peculiare, tanti temi cari a Kaurismäki: il lavoro, l’alcolismo, la solitudine.
L’immagine prevale sui dialoghi ridotti all’essenziale, come pure è contenutissima la mimica degli attori, a cui è richiesto di mantenere uno sguardo quasi attonito di fronte alle vicissitudini, le battute sono disarmanti, di una comicità surreale e sofisticata nella loro asciuttezza (come il commento di Ansa dopo aver visto “I morti non muoiono” di Jim Jarmush).
La donna vive sola (almeno fino a che non deciderà di adottare un cane randagio) ma ha due fedeli e solidali amiche, l’uomo è, a sua volta, un solitario che condivide le abbondanti bevute con un amico. Entrambi combattono contro la precarietà e trovano impieghi da cui, per un motivo o per l’altro, vengono cacciati, respinti sempre più ai margini di una società depressa.
I due interpreti, Alma Pöysti e Jussi Vatanen, plasmano dall’interno i loro impenetrabili personaggi, lasciando trasparire la forza di lei dietro l’apparente timidezza, il bisogno di tenerezza di lui, le loro paure e l’entusiasmo ingenuo del reciproco incontro tra due che non hanno più niente da perdere e vivono alla giornata, lasciandosi trascinare come “foglie al vento” (ma ancora vive).
Due proletarie e sfortunate “nuvole in viaggio” che si incontrano, si perdono per una stupida distrazione ma non si arrendono, si cercano, si ritrovano attraversando una serie di peripezie tragicomiche in cui ogni gesto, ogni inquadratura, è puro cinema.
L’atemporalità dell’ambientazione viene interrotta dalle cronache radiofoniche che ci riportano a qualcosa di tristemente attuale: attacchi russi a Mariupol, combattimenti, guerra. La radio, un modello obsoleto, che dovrebbe trasmettere musica, fa entrare violentemente l’attualità nel piccolo appartamento di Alma, attraverso la parola priva di immagini, mentre, in altri momenti, ad esempio nel locale pubblico, i personaggi ascoltano musica il cui testo rispecchia i loro pensieri e sentimenti, il loro desiderio di trovare un mezzo d’espressione a ciò che provano.
La sala cinematografica è invece il regno delle immagini, della speranza, dove ci si può dare appuntamento, aspettarsi, cercarsi e sfiorarsi (o non sfiorarsi) fumando mille sigarette in stile melò davanti ai manifesti di vecchi film.
Lo spirito romantico si fa sfacciato (ma sempre consapevolmente ironico) con l’utilizzo della Patetica di Ciajkovskij e della serenata di Schubert e la musica dona voce all’inesprimibile in più di una scena, che sia dal vivo o trasmessa dalla radio, fino alla canzone che ispira il titolo del film, Les Feuilles mortes in versione finlandese.
Splendida la fotografia Timo Salminen, storico collaboratore del regista, studiatissima e raffinata, “giapponese” nella sua semplicità, la scelta dei colori e degli oggetti che non sono mai lasciati al caso.
Un film che in qualche modo ci riconcilia con le disgrazie e le fatiche quotidiane, che fa brillare una scintilla di speranza in un mondo spento, depresso, assuefatto alla tristezza, una sceneggiatura asciutta, concentrata sui dettagli ma che ha sempre presente la meta finale, cinema senza tempo, capace di trasmettere emozioni e raccontare la vita.
Camilla Lavazza
La scheda del film
- Titolo originale: Kuolleet Lehdet.
- Titolo internazionale: Fallen Leaves
- Regia Aki Kaurismäki
- Sceneggiatura Aki Kaurismäki
- Interpreti e personaggi
- Alma Pöysti: Ansa
- Jussi Vatanen: Holappa
- Janne Hyytiäinen: Huotari
- Nuppu Koivu: Liisa Matti
- Onnismaa: capo ferramenta
- Simon al-Bazoon: gestore internet café
- Martti Suosalo: capo di Ansa
- Sakari Kuosmanen: uomo casa mobile
- Maria Heiskanen: infermiera
- Alina Tomnikov: Tonja
- Maustetytöt: loro stesse
- Juho Kuosmanen: avventore
- Fotografia Timo Salminen
- Montaggio Samu Heikkilä
- Scenografia Ville Grönroos
- Costumi Tiina Kaukanen
- Sound designer Pietu Korhonen
- Aiuto regia Eevi Kareinen
- Produttori Aki Kaurismäki, Misha Jaari, Mark Lwoff, Reinhard Brundig
- Durata 81 minuti
I commenti sono chiusi.