Ilm film è in programma per Desenzano del Garda – cinema estate martedì 16 luglio 2024 alle 21.30 (https://www.cipiesse-bs.it/desenzano/), oppure giovedì 15 agosto 2024 al Cinema all’aperto San Felice del Benaco (http://www.comune.sanfelicedelbenaco.bs.it/content/cinema-all-aperto). E’ comunque reperibile anche sulle principali piattaforme di streaming. Ce ne parla Camilla Lavazza.
Hirayama vive solo e segue serenamente la sua perfetta routine quotidiana. Meticoloso nel suo lavoro di addetto alle pulizie delle toilette di Tokyo, scandisce il suo tempo libero con gesti semplici: una visita ai bagni pubblici, la lettura di un libro prima di dormire, l’ascolto di cassette musicali, la cura delle piante, la fotografia, una pausa serale in un localino sulla strada per un frugale pasto. Il suo passato emerge a tratti da una serie di incontri con vari personaggi.
La magia del cinema è anche questa: che un film nato dall’idea di una serie di corti sulle toilette di Tokyo (architetture che valeva davvero la pena di immortalare) sia diventato, grazie al genio di Wim Wenders, un lungometraggio potente, con un personaggio protagonista a cui ci si affeziona subito, grazie anche alla superlativa interpretazione di Koji Yakusho, giustamente premiata a Cannes 2023, e una storia che procede per lievissime variazioni, come il muoversi delicato delle foglie al vento, ma rimane impressa a lungo, depositandosi come un balsamo lenitivo.
Un film che è una cura alla vita contemporanea, frenetica, artificiale e disumana, che mostra come si possa scegliere di vivere diversamente e con dignità, in quel “qui ed ora” di cui scriveva Aldous Huxley nel suo celebre “L’isola”, che qui diventa “Un’altra volta e un’altra volta. Adesso è adesso” nel bellissimo dialogo con la nipote Niko.
La vita di Hirayama, effettivamente, è un po’ quella di un naufrago, del cui passato sappiamo pochissimo, perfettamente adattato alla sua isola ma non completamente solo.
Consapevole che esiste una miriade di altri piccoli mondi al di fuori del suo, Hirayama ha scelto di abitare il proprio scandendolo con una routine protettiva, con gesti semplici, ripetitivi ma mai nevrotici, con una vita essenziale e perfettamente organizzata, in cui è libero di essere se stesso. Il regista ci conduce gradualmente a scoprire il carattere del personaggio, con una cura della scenografia ispirata ai grandi film di Ozu ma anche ai manga, da cui sembrano scaturire i personaggi più giovani: la nipote Niko, il fatuo e fannullone collega Takashi e la sua amica Aya.
Nel modesto ma ordinatissimo appartamento, specchio della sua personalità, vive circondato dai tanti interessi, ha una stanza illuminata di luce ultravioletta in cui coltiva con tenerezza talee di piantine che raccoglie nel parco, pile di libri e musicassette perfettamente allineate, scatole di alluminio per riporre le stampe di fotografie che scatta agli alberi in pausa pranzo. La sua è una vita analogica in una città tra le più moderne al mondo, senza orpelli, senza stress, felice.
Hirayama vive i suoi “giorni perfetti” accompagnato da una spettacolare colonna sonora, che va dai The Animals a Patty Smith, da Lou Reed fino a Nina Simone, non spreca un solo minuto del suo tempo, perché anche fermarsi a contemplare “la luce che filtra tra gli alberi” (in giapponese il concetto è espresso con una sola parola, komorebi) è vivere pienamente il presente. La sua esistenza possiede una poesia monastica, essenziale in tutto eppure completa. Non è un caso che lo si veda, prima di dormire, leggere uno dei libri più misteriosi di William Faulkner, quel “Palme selvagge”, storia alternata di fughe e di solitudini, sfuggevole e unica nel suo genere come quest’opera di Wenders.
Non spreca nulla, Hirayama, nemmeno le parole, soprattutto con cui non le capirebbe, ha tutto ciò che gli serve per vivere, più di ciò che serve a sopravvivere, ma nulla di superfluo, nemmeno una doccia (ci sono i bagni pubblici) o una vera cucina (meglio mangiare in compagnia in un localino dove ti porgono da bere con l’augurante: “Per te, dopo una lunga giornata!”). La sua è una solitudine timida che non ha nulla di triste; sprofondato in mezzo ad una città da 14 milioni di abitanti frequenta sempre gli stessi posti facendo le medesime cose, tanto, sembra dirci Wenders, nessun giorno è comunque uguale agli altri, quindi meglio non preoccuparsi.
“Perfect days” è un film terapeutico, un inno alla gentilezza, che andrebbe rivisto più volte a distanza di tempo, magari nei momenti in cui ci sentiamo in balia di ritmi troppo frenetici, di impegni che si sommano senza soluzione di continuità, di imprevisti continui. Stupisce e conforta vedere la cura con cui Hirayama pulisce i gabinetti pubblici (teniamo conto che i giapponesi hanno in generale un alto concetto della cura degli altri e di ciò che è collettivo, impensabile da noi) e tranquillizza la visione delle pacate abitudini di un uomo garbato, sotto la cui superficie guizzano forse ricordi dolorosi ma ormai superati e lontani.
La poetica di Wenders si arricchisce di leggerezza zen, il risultato, grazie anche all’opera del direttore della fotografia Franz Lustig, è capace di emozionare e farci interrogare sul valore del tempo, ricordandoci che si può vivere pienamente, in modo perfetto, proprio “adesso”.
Camilla Lavazza