Per tre anni combatte con i fanti della Brigata Toscana, i valorosi “Lupi”. Campi di battaglia: il monte Melino, il monte Sabotino, il Faiti, il Veliki, San Giovanni di Duino, l’Hermada, il Col del Rosso e la Cima d’Échele di Asiago.
Con i “Lupi di Toscana” riporta tre gravi ferite e ottiene un encomio, una medaglia di bronzo e due medaglie d’argento. Il fratello Vincenzo, sottotenente del 10° R.F. che combatte con la Brigata Regina sul Monte San Michele, muore il 1° giugno 1916.
Nel maggio 1918 Enrico Morali è assegnato al 58° Reggimento Fanteria della Brigata Abruzzi agli ordini dal Generale Attilio Franchini che fa parte dell’Armata del Grappa comandata dal Generale Gaetano Giardino. Al comando del III Battaglione compie valorose azioni finché, la notte del 31 ottobre parte con il suo Battaglione e irrompe sul fronte del Monte Grappa catturando oltre cento prigionieri.
Per questa azione e per quelle compiute nel mese di ottobre, da semplice Capitano, gli è conferito al valore l’Ordine Militare di Savoia. Già ben noto al Vate che lo aveva conosciuto nel 1916 e che gli aveva scritto un affettuoso biglietto durante la convalescenza nel 1917.
Dopo la guerra Morali non ebbe esitazioni e si offrì volontario all’impresa fiumana. Qui venne nominato addetto all’ufficio collegamento del Comandante godendo della fiducia incondizionata di Gabriele d’Annunzio. I rapporti con il poeta-eroe rimasero sempre saldi e improntati a reciproca amicizia, come testimonia la corrispondenza che i due si scambiarono negli anni: in questo contesto va collocata la scelta di traslare i resti di Enrico Morali nel luogo più sacro al culto dannunziano, insieme agli uomini più vicini al Comandante, ai più fedeli, ai più cari.
Alla cerimonia il figlio Cesare ha espresso la sua gratitudine allo storico, scrittore, giornalista, prof. Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale, per il generoso beneplacito alla sepoltura al Mausoleo.
Ha anche ringraziato per la partecipazione il Presidente Nazionale dell’Associazione Lupi di Toscana Colonnello Riccardo Grazioli, giunto per l’occasione da Firenze, il Presidente Nazionale dei Fanti Gianni Stucchi, – con il medagliere nazionale dell’Arma di Fanteria – il presidente nazionale onorario dei Fanti Antonio Beretta, il Presidente Provinciale dei fanti di Bergamo Luciano Dehò, – e quello di Brescia Vincenzo Ferrero, il presidente dei Fanti e della Comunità Lupi di Toscana di Castel Condino Roberto Bagozzi, il Presidente di Assoarma di Bergamo Ernesto Greco, il Presidente di Bergamo e post-President nazionale dell’Unci Marcello Annoni, un esponente dell’Associazione marinai d’Italia di Brescia, Francesco Giovanni Dalè dell’UNUCI di Brescia e gli altri premurosi componenti la generosa schiera dei Fanti e dei Lupi di Toscana presenti. Come relatore lo scrittore e storico prof. Marco Cimmino.
Il Presidente nazionale Gianni Stucchi nel suo intervento ha citato il motto della fanteria, “Per se fulget” (Di per sé splende) coniato dall’imaginifico Gabriele d’Annunzio, ha parlato del risultato della Grande Guerra sulla definitiva unificazione dell’Italia conseguita con molte dolorose perdite.
Si è rivolto ai giovani perché non perdano la consapevolezza dei sacrifici compiuti dai loro padri, e ha ricordato il patriottismo e i sacrifici compiuti e i successi conseguiti in 4 anni di accaniti combattimenti dall’eroe del Grappa Enrico Morali.
Il Presidente Dehò ha affermato che fratello è chi è legato da un vincolo d’affetto, di carità, da comunanza di Patria. Mameli infatti ci ha chiamato Fratelli d’Italia. Il capo di Stato Maggiore dell’Esercito Generale Farina propugnava che lo spirito di fratellanza in armi, tipico della Fanteria, continua a vivere oggi in tutte le operazioni condotte dai nostri militari in Patria e all’estero.
Poi dice:“Ogni anno noi Fanti ci ritroviamo a Bergamo con il ricordo di Enrico Morali per misurarci e farci ispirare dalla sua figura, guardando a Lui come il fratello maggiore che ci dà l’esempio di vita”. Una vita vissuta la Sua, con grande senso del dovere, intrisa di coraggio, sacrificio e dedizione alla causa, amor Patrio, che lo portava a ritornare il più presto possibile sui campi di battaglia, anche dopo aver subito gravi ferite nei combattimenti. “Oggi, Sig. Tenente Colonnello come fratelli fanti bergamaschi, siamo commossi e orgogliosi perché Lei qui è dove avrebbe voluto sempre tornare, vicino al Suo grande amico Gabriele d’Annunzio e tanti altri i Suoi amici, fratelli, eroi della Storia con la S maiuscola”.
Lo storico Marco Cimmino ha fatto osservare che anche gli eroi hanno paura nei momenti difficili. Ciò che li differenzia consiste nell’affrontare le avversità con imprese di coraggio e con piani di azione che in guerra si presentano di continuo. Poco dopo la tragica morte del fratello Vincenzo falcidiato sul Monte San Michele dai gas venefici lanciati dagli austriaci, Enrico Morali conduce i suoi uomini alla gloriosa conquista del Monte Sabotino che d’Annunzio così descrive Fu come l’ala che non lascia impronte, il primo grido avea già preso il monte.
Alle note del silenzio eseguite dal trombettiere nella cripta del Mausoleo è poi seguita la benedizione impartita dal Parroco di Gardone Riviera Don Angelo Olivetti.
Il lasciapassare per la Reggenza Italiana del Carnaro annuncia: Il Capitano Morali, legionario di Fiume, è incaricato di raccogliere volontari in servizio della causa. È degno della più larga fiducia. Ha intera la nostra. Gabriele d’Annunzio.