Il film è in programma sabato 23 novembre 2024 alle 21 al Teatro Paolo VI, a Desenzano del Garda. Al termine delle proiezioni seguirà un “breve & informale” momento di confronto e scambio di impressioni, pareri, emozioni. Ingresso ad Offerta Libera da Vicolo Oratorio e via Annunciata.
Siamo alla fine degli anni ’90 e l’operaio Catterino lavora all’Ilva di Taranto, abita in campagna in una masseria diroccata, mentre la sua donna sogna di vivere in città.
Quando lo spregiudicato ed onnipotente Dottor Basile, capo del personale, lo avvicina e gli chiede di spiare i colleghi e i sindacati in cambio di una promozione, Catterino accetta di buon grado, scoprendo poi che, in un edificio tenuto segreto dall’azienda, la misteriosa “Palazzina LAF” decine di impiegati passano la giornata senza fare nulla. Chiede quindi di essere trasferito senza aver capito la vera funzione di quel luogo…
“Palazzina LAF” è una storia vera, testimoniata dal processo che ne seguì in tribunale, accaduta pochi decenni fa, all’interno di un’azienda immensa, grande come una città, governata come un regno extraterritoriale dai dirigenti, sicuri del loro diritto a “tutelare il fatturato”, come dichiara con arroganza il Dott. Basile in una scena, anche a costo di calpestare ogni diritto e dignità personale infischiandosene della sicurezza.
L’azienda è quell’Ilva di Taranto, divenuta sinonimo di veleni e morte (non a caso il film inizia con il funerale di un lavoratore, simbolicamente ambientato nella Parrocchia di Gesù Divino Lavoratore, con uno stile western in cui la macchina da presa si sofferma frontalmente suoi volti dei compagni segnati dalla fatica e sul mosaico che adorna le pareti) nonché di gestione scellerata, di cui scopriamo un altro capitolo inquietante, al di là dei più noti processi per i danni all’ambiente e alla salute pubblica.
Qui il danno è alla salute mentale dei dipendenti, un esemplare e gigantesco caso di “mobbing” che Michele Riondino, tarantino di nascita, in questa suo folgorante esordio, ha deciso di riportare alla ribalta, ritagliandosi la parte di protagonista che sostiene con partecipata emozione.
Il suo Catterino è furbetto ma ignorante, pronto al tradimento dei colleghi in cambio di una promozione e di qualche patetico beneficio (l’auto “aziendale”), è tanto abbruttito da ispirare quasi pietà, anche se la sua meschinità fa prevalere alla fine la repulsione.
Non lo sfiora il dubbio che tradire sia sbagliato, solo l’opportunismo guida il suo agire.
Il diavolo tentatore si presenta nelle vesti violente e grossolane del Dott. Basile, interpretato con estro da mattatore da Elio Germano, che prima lo blandisce e poi gli propone il patto scellerato: diventare delatore, spiare il sindacato. L’avidità e l’ignoranza di Catterino lo porteranno però a non accontentarsi, fino a chiedere di farsi trasferire nella famigerata palazzina dove i dipendenti in esubero (“gli esiliati”) non fanno nulla ma vengono pagati ugualmente. Il sogno però si rivelerà incubo.
Veniamo quindi catapultati in una situazione grottesca ed alienante, dove nell’ex laminatoio a freddo (LAF, appunto) ingegneri, segretarie, impiegati con anni di esperienza (azzeccatissimo il casting) passano le giornate rinchiusi in una specie di lager fatiscente, senza occupazioni, in attesa che si decidano ad accettare un demansionamento o si licenzino spontaneamente, impazzendo gradatamente.
Riondino firma un’opera viva e matura, quasi neorealista, wertmulliana, con tocchi balcanici (la pecora che si accascia, le follie dei dipendenti nella palazzina), in cui i fumi venefici dell’acciaieria sono evocati dall’acqua che scorre a terra come sangue (la pioggia rossa di cui parla la bella canzone di Diodato composta appositamente), assai dettagliata dal punto di vista della ricostruzione storica, con trucco, costumi, scenografia e fotografia curatissimi ed autentici.
La sceneggiatura è brillante, con momenti di amara ironia, ma non perde mai di vista la drammaticità della situazione ed evita di diventare scontata o didascalica, mostrando le colpe e le debolezze di ciascuno (esemplare il percorso della segretaria di Basile).
Il ritmo è conferito da un ottimo lavoro di montaggio a cui si deve, ad esempio, l’efficacissima scena alternata degli operai che salgono e scendono dai pullman, percorrono le scale, passano dai tornelli.
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” e tanto si è parlato del lavoro e della dignità che, forse, abbiamo finito per confondere il vero significato.
Come scriveva Dostoevskij “…se si volesse schiacciare del tutto un uomo, annientarlo, punirlo con il castigo più terribile, di modo che il più tremendo assassino rabbrividisse all’idea di un simile castigo e ne avesse paura fin da prima, allora basterebbe soltanto conferire al lavoro un carattere di autentica, totale inutilità e assurdità.”
Riondino ci riporta alle radici e ci ricorda che “lavorare” non è solo essere assunti e percepire uno stipendio, ma è avere un posto nella società, sentirsi utili, avere uno scopo.
Camilla Lavazza
Regia MICHELE RIONDINO
Soggetto e sceneggiatura MAURIZIO BRAUCCI e MICHELE RIONDINO
Interpreti e personaggi
MICHELE RIONDINO Caterino Lamanna
ELIO GERMANO Giancarlo Basile
VANESSA SCALERA Tiziana Lagioia
DOMENICO FORTUNATO Angelo Caramia
GIANNI D’ADDARIO Franco Orlando
MICHELE SINISI Aldo Romanazzi
FULVIO PEPE Renato Morra
MARINA LIMOSANI Rosalba Liaci
EVA CELA Anna e con ANNA FERRUZZO Pubblico Ministero
con la partecipazione di PAOLO PIEROBON Moretti
Fotografia CLAUDIO COFRANCESCO
Montaggio JULIEN PANZARASA
Musiche originali TEHO TEARDO
Canzone originale “LA MIA TERRA” di DIODATO © Music Union Srl – Gli Alberi Srl ℗ Carosello Records
Scenografia SABRINA BALESTRA
Costumi ROBERTA VECCHI e FRANCESCA VECCHI
Trucco EVA NESTORI
Capelli CLAUDIA PALLOTTI
Aiuto regia SAVERIO DI BIAGIO
Casting DARIO CERUTI U.I.D.C.
Fonico di presa diretta DENNY DE ANGELIS
Organizzatore generale LELLO PETRONE
Segretaria di edizione LAURA BIAGIOTTI
Produttori delegati MARCO CAMILLI, MARGHERITA CHITI, LUIGI PINTO
Produttore esecutivo VALERIO PALUSCI
Prodotto da CARLO DEGLI ESPOSTI e NICOLA SERRA
Durata 99 minuti