“La stanza accanto” di Almodóvar: la recensione di Camilla Lavazza

Il nuovo film di Almodóvar in programmazione anche nelle sale gardesane. Lo ha visto per noi Camilla Lavazza.

Fino a mercoledì 11 dicembre il film è in programmazione alla Multisala King di Lonato (www.multisalaking.it/) e alla Multisala OZ, al cinema Sociale e al cinema Moretto a Brescia (www.ilregnodelcinema.com).

Trama

Ingrid ha appena scritto un libro in cui ha messo a nudo la sua paura della morte quando scopre che la cara amica Martha, persa di vista da tempo, è gravemente malata di cancro.

Dopo essere andata a trovarla in ospedale riallaccia i rapporti con lei, aprendosi ai ricordi e alle confidenze, ed infine accetta di restarle accanto e sostenerla in una drammatica decisione…

 

Critica

La delicatezza con cui Almodóvar affronta il tema della malattia e della morte, aiutato da due straordinarie interpreti come Tilda Swinton e Julianne Moore, è la prova che i grandi artisti, pur restando fedeli a se stessi, sanno cambiare seguendo le stagioni della vita, attingendo al loro vissuto, ricreandolo, per creare storie universali.

Quando Pedro era giovane i suoi film erano allegri e vitali trionfi dell’eros, ironicamente surreali, strabordanti di passioni e sentimenti; negli ultimi anni, con la maturità, le sue storie si sono fatte più introspettive e intime, senza perdere tuttavia l’attitudine al dramma, al saper maneggiare la tragedia (anche per mezzo di un’indovinata colonna sonora), e il dono di essere sincere e dirette.

Scegliendo di ambientare per la prima volta la vicenda negli USA (anche se la favolosa casa nel bosco, Casa Szoke, in verità si trova nei pressi di Madrid) individua come location i lussuosi grattacieli di New York, con vetrate hitchcockiane e appartamenti lussuosi da commedia sofisticata, e come protagoniste due scrittrici di successo, una di fiction e una reporter di guerra, legate da un’amicizia giovanile, di quelle che non si spezzano mai anche quando non ci si frequenza abitualmente.

Non è forse più facile, a volte, confidarsi e chiedere aiuto a persone che non fanno parte della nostra cerchia abituale, che proveranno piacere nella curiosità di sentirsi utili e non ci giudicheranno?

Martha non vuole morire in un posto dove è stata felice in passato, non vuole rovinare i ricordi, non vuole terminare la sua vita come un involucro senza volontà, ma nemmeno vuole restare sola, desidera qualcuno “nella stanza accanto”. Ha bisogno di una compagna di viaggio e di uno sfondo nuovo, ed ecco Ingrid e la casa nel bosco, che entra da co-protagonista nella storia con la sua architettura integrata nella natura, nella quale spicca con la sua metafisica eleganza (non a caso su una parete campeggia una copia di “Gente al sole”, dipinto di Edward Hopper, omaggiato dalla fotografia satura di Eduard Grau).

La sceneggiatura si basa moltissimo sul parlato, seppure in una situazione di fondamentale incomunicabilità (la sana Ingrid è in una condizione di inferiorità davanti alla moritura Martha, che diviene entità sacra, a cui tutto è concesso in grazia della sua vicinanza con l’imponderabile) e sull’evocazione del passato, eppure non ha nulla di teatrale o di statico, è sempre ancorata al momento presente, alla gioia lieve di aver vissuto un giorno di più, ma sempre dignitosamente e nella consapevolezza di voler mantenere il controllo delle proprie azioni.

La vita si allontana gradatamente, in punta di piedi, nella perdita di interessi, nell’anedonia confessata da Martha nei confronti dei piaceri di un tempo: leggere, scrivere, ascoltare musica, che si annulla in una risata davanti ad una vecchia pellicola di Buster Keaton. Cinema salvezza, arte che dona un senso anche in una situazione di coesistenza con la morte in un orizzonte disperato.

Il corpo emaciato di Tilda Swinton pare già scheletro, e la sua figura si muove dietro le vetrate come un fantasma, mentre Julianne Moore vibra di autentica tenerezza, empatia e coraggio; insieme formano un mondo a parte, protetto, pulito.

Le inquadrature di Almodóvar sono puro cinema, grazie anche allo splendido lavoro congiunto di scenografia, costumi e fotografia, che immergono inusualmente una storia di malattia in un tripudio di colori accesi, fiori, bellezza, sia nell’abbigliamento che nell’arredamento, con momenti di magico e fanciullesco stupore, come la “nevicata rosa” a cui assistono affascinate le due amiche.

Martha, più si avvicina alla morte e al dolore, si circonda di tutto ciò che è bello, poetico, amato, raffinato, le conversazioni con Ingrid sono senza filtri, si parla di tutto con sincerità, di amori, del rapporto con la figlia (vero doppio speculare di se stessa, in tutti i sensi), di segreti, come solo all’avvicinarsi della fine ci si può concedere.

Ogni minuto di questo film è una meditazione, sulla morte ma molto di più sulla vita, che offre a ciascuno spunti di riflessione a seconda delle proprie esperienze: riflessione sulla dignità umana, sul diritto di non andarsene “in umiliante agonia”, sull’essenziale, sul potere della bellezza di alleviare la nostra angoscia e solitudine esistenziale.

Il sesso è solo evocato, ricordato, perfino gli abbracci sono preclusi (come ricorda il personal trainer a cui la legge impedisce di toccare i clienti) eppure è presente, come slancio vitale in contrapposizione alla distruzione della morte, antidoto (o forse anestetico) contro la paura di scomparire che, in fondo, cerchiamo tutti di allontanare ma che rimane sempre in sottofondo o, meglio, che ci ricopre tutti, come quella neve di “Gente di Dublino”, più volte evocata, che “cade su tutti i vivi e su tutti i morti”.

Camila Lavazza

 

Scheda del film

Titolo originale: The Room Next Door

Regia e sceneggiatura: Pedro Almodóvar

Soggetto: Attraverso la vita di Sigrid Nunez

Interpreti e personaggi:

  • Tilda Swinton: Martha e sua figlia Michelle.

  • Julianne Moore: Ingrid

  • John Turturro: Damian Cunning

  • Alessandro Nivola: Poliziotto

  • Juan Diego Botto: Fotografo

  • Melina Matthews: Avvocata

  • Raúl Arévalo: Carmelitano

  • Vicky Luengo: moglie di Fred

  • Alvise Rigo: Jonah

  • Esther McGregor: Martha da giovane

  • Alex Høgh Andersen: Fred

Fotografia: Eduard Grau

Montaggio: Teresa Font

Musica: Alberto Iglesias

Scenografia: Inbal Weinberg

Costumi: Bina Daigeler

Trucco: Morag Ross

Produttori: Agustín Almodóvar, Esther García

Durata 107 minuti

 

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