«E così anche l’ultimo lembo di uliveto a lago se ne è andato per sempre. Era rimasto intonso per anni, superando i sogni folli del Vate che lì ci voleva un aeroporto; era uscito indenne dalla frenesia riparatrice del dopoguerra e dalla cementificazione suicida degli anni 70/80.
Neppure la moda dei Resort o delle ville super lusso lo aveva sfiorato. Lui era rimasto li, semi abbandonato con il muro sbrecciato che dalla Gardesana lasciava intravvedere degli ulivi impertinenti che facevano da quinta al lago.
Poi, all’alba del 2025 è caduto anche lui gettando la spugna di fronte ad imprenditori teutonici così innamorati del Lago di Garda da volerlo distruggere.
Si potrebbero ripetere le solite frasi scritte per anni e scivolate come acqua sulle pietre del torrente Barbarano. Distruzione del paesaggio, cementificazione, speculazione edilizia…
Siamo nel 2025 ed ancora dobbiamo parlare di questo? Di conservazione del territorio, di amministrazioni che concedono licenze edilizie che sotterrano dei valori paesaggistici inestimabili. Per cosa? Per gli oneri di urbanizzazione, per rifare 100 m di asfalto, per cambiare i lampioni sulla ciclabile? Un lampione vale la vita di un olivo? Una strada asfaltata vale un prato o un uliveto?
Ma poi, addossare la colpa ai soli amministratori (che comunque di colpe ne hanno) è il gioco più facile. Quello che manca è la capacità di indignarsi. Indignarsi perché ci è stata tolta qualsiasi testimonianza del passato, perché il nostro luogo dei sogni è stato trasformato in un caravanserraglio senza neppure il fascino dell’esotico.
Perché ormai la nostra vita è scandita da 8 mesi di caos e 4 mesi di solitudine ed alberi spogli che non riescono a nascondere i misfatti compiuti sul territorio.
Possiamo dire che per il Garda è iniziato bene questo 2025?
Le prenotazioni fioccano e si prevede un anno migliore del 2024, dicono gli operatori turistici».
Luca Pelizzari