Il nuovo capolavoro di Clint Eastwood nelle sale

Clint Eastwood, il grande vecchio del cinema americano, ci mette di fronte a un dilemma etico: difendere la verità o salvare se stessi?

E’ nelle sale “Giurato numero 2” il nuovo film del 94enne Clint Eastwood. Il film è in programmazione al King di Lonato (https://www.multisalaking.it/) e a Brescia fino a mercoledì 20 novembre (https://www.ilregnodelcinema.com/ (Sociale, Moretto, OZ).

Lo ha visto per noi Camilla Lavazza.

 

Trama

Justin Kemp, dopo un passato da alcolista, si è rifatto una vita con la sua tenera compagna Ally, che sta per renderlo padre, quando riceve la convocazione per far parte della giuria in un caso di omicidio.

Riluttante, in quanto la gravidanza di Ally è a rischio, ma consapevole del suo dovere civico, passa la selezione, divenendo il giurato n. 2, ma quando la procuratrice della contea inizia ad esporre i fatti, si accorge di conoscerli già e di trovarsi davanti ad un bivio morale.

 

Critica

“Giurato numero 2” è un film profondo, girato con una maestria impeccabile, dal montaggio fluido e una fotografia sapiente al servizio di una sceneggiatura senza sbavature, con interpreti perfetti, ad iniziare da una grandissima Toni Collette nei panni della procuratrice, tailleur e tacco d’ordinanza da donna in carriera, cinismo e determinazione come richiede il suo ruolo, capace di dare una svolta assolutamente credibile al suo personaggio proprio sul finale, da grande interprete qual è.

Nicholas Hoult, che impersona il protagonista, ha lo sguardo severo, e tratti smarrito, del bravo ragazzo con un passato sbagliato, che cerca di fare la cosa giusta ed è tormentato dai sensi di colpa e dal timore di perdere tutto quello che ha ri-costruito, mentre la deliziosa Zoey Deutch nei panni di Ally riesce a passare dalla dolce ingenuità alla durezza di chi deve salvare il futuro della propria famiglia, anche se si tratta di farlo, consapevolmente, a spese di un innocente.

Notevolissimi i comprimari, dal premio Oscar J. K. Simmons che interpreta un ex poliziotto (e chi potrebbe farlo meglio di un ex “Law&Order?) membro della giuria, a Kiefer Sutherland nelle vesti di Larry Lasker, l’amico avvocato a cui Kemp rivela la verità, al meno noto, ma assai valido, Chris Messina nel ruolo dell’avvocato difensore dell’imputato.

La figlia del regista, Francesca Eastwood, interpreta invece la vittima dell’omicidio, ripresa dai vari punti di vista nella ricostruzione durante il processo.

L’imputato (Gabriel Basso) è il colpevole perfetto, quello a cui ci hanno abituato i tanti “true crime” che vediamo in TV: passato violento in una gang di spacciatori, molti testimoni lo hanno visto litigare con la sua donna (trovata poi cadavere in un fossato) con la quale aveva un rapporto tossico; il lavoro della giuria dovrebbe essere assai facile.

La trama non può non richiamare “La parola ai giurati”, il capolavoro di Sidney Lumet del 1957, dove i “dodici uomini arrabbiati” del titolo originale si fronteggiavano nella “jury room” e dove Henry Fonda, giurato numero 8, cercava di instillare un “ragionevole dubbio” negli altri 11 giurati, già convinti della colpevolezza, per salvare un giovane dalla sedia elettrica.

Ma qui abbiamo una variante importante, grazie alla quale il film compie un salto qualitativo ponendo interrogativi morali ancora più profondi e disturbanti, coinvolgendoci continuamente in una riflessione che si sviluppa, cresce e non ci abbandona nemmeno dopo l’ultima inquadratura.

Non si tratta semplicemente di cercare di salvare un innocente, ma di rischiare di farlo rovinando la propria vita per una fatalità che, forse, potrebbe capitare a ciascuno di noi. Kemp, entrato in tribunale con il solo scopo di tornare a casa il prima possibile, si ritrova quindi a dover lottare per convincere gli altri membri della giuria, già unanimi per la condanna, a cambiare idea, proprio come nel film di Lumet, ma senza far emergere la verità che avrebbe conseguenze distruttive per se stesso e per i suoi cari.

Kemp non è l’Everett di “Fino a prova contraria”, nonostante i due siano accumunati da un passato da alcolisti, la vita privata e la famiglia sono più importanti e non sacrificabili, ma neppure vorrebbe portare il peso di aver fatto condannare un innocente.

Il trailer distribuito dalla produzione (lo pubblichiamo qui sotto, ndr) forse svela troppo; sarebbe stato interessante invece non sapere assolutamente nulla e vivere insieme a Kemp, nell’esatto momento in cui vengono illustrati i fatti in aula, lo choc che traspare dal suo volto, i ricordi che emergono in parallelo, con un montaggio efficacemente classico ed elegante, anche se comunque riusciamo a partecipare alla sua tensione nel mostrarsi calmo e padrone di sé, fingendo di ascoltare come tutti gli altri, mentre invece sta rivivendo, come in un incubo, i fatti da un diverso punto di vista.

Brave persone che fanno cose sbagliate: Kemp, specchio di questa società che non sa rinunciare a niente, cerca in qualche modo di salvare “capra e cavoli” ma alla fine dovrà necessariamente fare una scelta, la procuratrice punta alla promozione e vorrebbe ignorare i dubbi, i giurati (tutti tratteggiati abilmente con poche pennellate) devono fare i conti con il proprio vissuto pur illudendosi di guardare solo ai fatti.

Giurato numero 2 è uno di quei film che ci interrogano per giorni dopo la sua visione: cosa avremmo fatto al loro posto? Cosa sarebbe stato “giusto”?

La vera forza del film è anche nello stile accurato ed ironicamente asciutto, a cui Clint Eastwood ci ha abituato nei suoi precedenti lavori, nelle atmosfere evocate con poche inquadrature, come la tipica vegetazione di Savannah, in Georgia, in cui già aveva ambientato uno dei suoi capolavori, Mezzanotte nel giardino del bene e del male, la cui locandina riproduceva una statua nota come “Bird girl”, che in qualche modo ricorda l’immagine della giustizia che regge i piatti della bilancia.

In Giurato numero 2 i piatti della bilancia però oscillano al vento, come oscillano le convinzioni dei giurati, manipolati dall’unico che è consapevole delle vere conseguenze delle loro scelte.

Al termine di una lunghissima filmografia, in cui Clint Estwood ha illuminato da prospettive sempre inedite tanti anti-eroi profondamente umani e contraddittori e regalatoci finali epici (pensiamo alla struggente conclusione di “Un mondo perfetto” o al sacrificio finale di Kowalski in “Gran Torino”, qui lascia un finale aperto, lasciando a noi il compito di continuare a riflettere.

Camilla Lavazza

 

Scheda del film

Titolo originale Juror #2

Regia: Clint Eastwood

Sceneggiatura: Jonathan Abrams

Interpreti e personaggi

  • Nicholas Hoult: Justin Kemp
  • Toni Collette: Faith Killebrew
  • J. K. Simmons: Harold
  • Chris Messina: Eric Resnick
  • Zoey Deutch: Ally Kemp
  • Cedric Yarbrough: Marcus
  • Kiefer Sutherland: Larry Lasker
  • Gabriel Basso: James Sythe
  • Francesca Eastwood: Kendall Carter
  • Leslie Bibb: Denice Aldworth
  • Amy Aquino: giudice Thelma Hollub
  • Fotografia: Yves Bélanger

Montaggio: David S. Cox e Joel Cox

Musiche: Mark Mancina

Scenografa: Ronald R. Reiss, Gregory G. Sandoval, Christopher Carlson e Kristie Suffield

Produttori: Clint Eastwood, Tim Moore, Jessica Meier, Adam Goodman e Matt Skiena

Produttori esecutivi: Jeremy Bell, David M. Bernstein e Ellen Goldsmith-Vein

Durata 114 minuti

 

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