Il film è in programmazione a Brescia, al Moretto (https://www.ilregnodelcinema.com/moretto/) fino a mercoledì 1 gennaio e al Sociale (https://www.ilregnodelcinema.com/sociale/index.php#inside) fino a martedì 31 dicembre.
Trama
Una bellissima ragazza arriva all’aeroporto J.F.K. e prende un taxi per rientrare a casa. Il tempo della corsa, rallentato da un ingorgo stradale imprevisto, sarà l’occasione per un incontro autenticamente umano in cui lei e il conducente si racconteranno aneddoti e segreti, con la sincerità disarmante che, a volte, si può avere solo con un perfetto sconosciuto che sappiamo non incontreremo mai più.
Critica
Il Taxi giallo è un po’ il simbolo di New York, da Colazione da Tiffany in cui Audrey Hepburn chiamava il mezzo con un fischio, a Taxi Driver, in cui un taxista Rober De Niro si trasformava in alienato giustiziere in una città disperata.
I due protagonisti di “Una notte a New York”, primo lungometraggio della sceneggiatrice Christy Hall, hanno qualcosa di entrambi: la ragazza sa badare a se stessa ma i traumi del suo passato la spingono a lasciarsi usare dagli uomini, il taxista è navigato, cinico, sa riconoscere per esperienza le persone e parla senza peli sulla lingua, sa di essere destinato a scomparire, soppiantato da impersonali auto a guida autonoma, e non vuole lasciarsi scappare una delle ultime occasioni per esprimersi con un altro essere umano, si ribella alla dittatura del cellulare che ha stravolto i rapporti e che, di conseguenza, ha annullato anche la parte romantica del suo lavoro di confessore, cantastorie e guida spirituale nel breve tempo scandito dal tassametro.
La sceneggiatura sembra proprio scritta per i due interpreti: Dakota Johnson è una di quelle attrici che sanno esprimersi anche solo con lo sguardo, tra il malizioso e l’innocente, e Sean Penn, con quella sua aria sempre un po’ saccente, da duro senza incertezze, riesce a mostrare qui la sua parte più intima e vulnerabile, quando osserva con gli occhi lucidi la ragazza nello specchietto retrovisore o attende paziente che lei sia pronta a raccontarsi.
Il suo Clark è una delle interpretazioni migliori nella lunga carriera di Penn, dolente e protettivo, schietto fino all’arroganza, affabulatore ma mai troppo sopra le righe, rappresenta un uomo che ha imparato, dall’esperienza e dagli errori, a giudicare le persone al primo sguardo, ma che conserva ancora un fondo di innocente purezza e sogni da condividere.
Storia di un’amicizia improbabile e fulminea, tra una fanciulla misteriosa e un duro dal cuore tenero, con un tocco di palpabile attrazione reciproca che resta solo platonica, alla Lost in translation. Cinema derivato dal teatro che riesce, tuttavia, a movimentare l’ambientazione circoscritta all’interno dell’abitacolo (ricreata interamente in studio) filando veloce, come un taxi nella notte, grazie al sapiente montaggio e alla fotografia che attinge dalla tradizione del cinema noir classico, alla Dark Passage (1947) creando un habitat seducente e protetto, in cui si rincorrono gli sguardi riflessi nello specchietto retrovisore, mentre “la città che non dorme mai” fugge dietro ai finestrini del taxi “vissuto” anche nella carrozzeria.
Clark diventa, nel giro di poche miglia, confidente, amico e padre della ragazza, che nel frattempo ogni tanto chatta, vergognandosene, con il suo amante sposato che le invia messaggi e foto a sfondo sessuale imbarazzanti, zeppi di errori di battitura, che la oggettivizzano, a cui lei risponde quasi per obbligo, fingendo di essere eccitata mentre è evidentemente rattristata e delusa.
Dakota Johnson sa rendere con il solo sguardo i tormenti interiori di una giovane donna alla ricerca della figura paterna, mancanza che la porta a chiamare l’amante “daddy”, “papino” (il titolo originale, nonostante l’interessante assonanza con il nostro italiano “addio”, significa semplicemente questo) e a non sapere dire di no, in una affannata ricerca d’amore, in un mondo dove è proibito dire “la parola con la A”.
La sua professione di programmatrice diventa invece metafora degli opposti che si completano e non possono stare uno senza l’altro: uno e zero, vero e falso, giorno e notte, maschile e femminile…
Tra i due sconosciuti avviene quindi uno scambio reciproco, una gara a punti in cui vince chi racconta la storia più sincera, a chi si apre di più con l’altro, nascondendo dietro al gioco improvvisato il bisogno che abbiamo, tutti, di confidarci con qualcuno. Come dice Clark: “Le persone sono persone, e le persone si sentono sole, il motivo non importa, gli umani vogliono solo un posto comodo dove riposare la testa”.
La trama scava nel passato dei personaggi più di una seduta psicanalitica, in cui Clark non giudica mai la sua passeggera, si limita a dirle la verità, brutale, in fatto di uomini e donne (perlomeno quella che deriva dalla sua esperienza diretta) permettendole in tal modo, in un ambiente protetto più di una riunione degli alcolisti anonimi, di confessare alla fine il segreto che le pesa sul cuore e che non è riuscita a dire nemmeno alla sorella con cui ha trascorso la breve vacanza da cui sta rientrando. A sua volta lei lo invita col sorriso a ricordare i momenti belli del passato e a rispolverare i propri sogni, scoprendo sotto la sua scorza di cinismo così newyorkese la pura innocenza di uomo semplice e buono.
Perché spesso è proprio così: è più facile rivelarsi a dei perfetti sconosciuti che non hanno una visione preconcetta, che non potremo deludere perché non si aspettano nulla, con il cui sguardo non saremo costretti a fare i conti, perché non li rivedremo mai più, e che nel breve lasso di tempo del viaggio diventano più di una famiglia.
Una notte a New York è un viaggio introspettivo, gentile e terapeutico per entrambi i personaggi, che si accolgono l’un l’altro nell’ascolto cercando di aiutarsi reciprocamente, e che li lascia alla fine più forti e pronti per continuare ciascuno il proprio viaggio, ricordandoci quali sono gli autentici bisogni di noi umani.
Camilla Lavazza
Scheda del film
- Titolo originale: Daddio
- Regia e sceneggiatura Christy Hall
- Interpreti e personaggi
- Dakota Johnson: Girlie
- Sean Penn: Clark
- Fotografia Phedon Papamichael
- Montaggio Lisa Zeno Churgin
- Musica Dickon Hinchliffe
- Scenografia Alyssa Winter
- Costumi Mirren Gordon-Crozier
- Trucco Emma Strachman, Sasha Grossman
- Produttori Dakota Johnson, Ro Donnelly, Emma Tillinger Koskoff, Christy Hall, Paris Kassidokostas-Latsis, Terry Dougas
- Produttori esecutivi Steve Ayala, Sheryl Benko, Jean-Luc De Fanti, Chris Donnelly
- Durata 100 minuti
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